Appalti

Il contraente può rifiutare la proroga non programmata negli atti di gara

La stazione appaltante non può nemmeno imporre un prezzo/corrispettivo rinviando ad accordi contrattuali superati

di Stefano Usai

La stazione appaltante non può imporre la proroga del contratto soprattutto se questa non risulta legittimata da precise disposizioni della legge di gara né può imporre un prezzo/corrispettivo rinviando ad accordi contrattuali superati. In questo senso si è espresso il Tar Calabria, seziome di Reggio Calabria, con la sentenza n. 794/2021.

La vicenda
La vicenda trattata - peraltro con censure presentate tardivamente e, pertanto, improcedibili - ha consentito al Collegio di affrontare la questione della proroga reiterata (oltre il tempo declinato nella legge di gara a mente dell'articolo 106, comma 11, del Codice dei contratti) e, peraltro, non accettata dall'impresa che a più riprese ha lamentato la non convenienza economica proponendo la rinegoziazione delle iniziali condizioni di contratto.
Più nel dettaglio, la ricorrente ha eccepito la violazione delle stesse norme del contratto che consentiva la proroga di 12 mesi del contratto. Proroga già utilizzata e, pertanto, a detta del ricorrente imposta in violazione dell'articolo 106 e della stessa libertà d'impresa.
Il cui comma 11 precisa che «La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga».
Sul punto, nella censura si evidenzia che «dall'eccessivo prolungamento della durata del servizio sarebbe derivata (…) una illegittima compressione del principio di libera iniziativa economica privata, atteso che la proroga ha importato la soggezione della ricorrente ad oneri e prezzi stabiliti nelle pattuizioni originarie» oramai non «più sostenibili e/o remunerativi a discapito anche della efficiente esecuzione dei servizi affidati». Circostanza, inoltre, più volte rappresentata dall'operatore alla stazione appaltante.

La sentenza
Una delle prime questioni su cui il Collegio si sofferma è il tempo della proroga contestata. Se la proroga viene disposta a contratto scaduto, si rileva in sentenza, non è possibile parlare della fattispecie in parola ma piuttosto di rinnovo. Rispetto al quale, si legge nella decisione «opera la preclusione di cui all'art. 23 della legge 18.04.2005 n. 62».
Il rinnovo, come opzione di prosecuzione/clonazione del contratto opera solamente se espressamente fissato/previsto nella legge di gara ai sensi del comma 4 dell'articolo 35 del Codice. Ma anche a voler ricondurre la prosecuzione nell'ambito di un contratto non ancora scaduto, puntualizza il giudice, non può non evidenziarsi che la proroga programmata era già stata utilizzata, e quindi avvenuta in violazione delle disposizioni del codice dei contratti.
La proroga programmata, infatti (ai sensi dell'articolo 106, comma 11) era già stata utilizzata "consumata" non risultando nessuna ulteriore possibilità di un suo riutilizzo. Nel caso di specie, l'unica possibilità tecnica, ma da motivarsi adeguatamente anche per le implicazioni rispetto al principio di rotazione, non poteva che essere rappresentata dall'affidamento diretto. Il giudice non ha condiviso neppure l'imposizione unilaterale della proroga (che non può avvenire neanche attraverso l'ordinanza contingibile e urgente) considerato che non può la Pa imporre «un corrispettivo per l'espletamento di un servizio, e tantomeno può farlo rinviando ad accordi contrattuali sulla cui vigenza ed efficacia vi è contesa tra le parti».
Ammettere un simile modus operandi, conclude il giudice, avrebbe l'effetto di consentire «all'Amministrazione di sacrificare la libera iniziativa economica privata a beneficio del proprio esclusivo interesse al risparmio di spesa, con violazione dei principi desumibili dall'art. 41 Cost. (cfr. in tal senso, C.d.S, V, 2.12.2002 n. 6624)».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©