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Inerti, allarme delle imprese sull'«end of waste»: a rischio discarica milioni di tonnellate d'asfalto oggi riciclabili

L'associazione di riferimento delle ditte stradali (Siteb) scrive al ministero dell'Ambiente chiedendo di modificare il decreto di settembre

di Mauro Salerno

Oltre quattro milioni di tonnellate di asfalto "fresato" dalle strade, che finora è stato possibile riutilizzare in cantiere per realizzare nuove pavimentazioni, con indiscutibli benefici ambientali e produttivi, da domani potrebbero non trovare nessun altro sbocco che la discarica. Con una perdita considerevole in termini di spinta all'economia circolare su cui migliaia di aziende sono state sollecitate a investire negli ultimi anni.

A sollevare la questione è l'associazione di riferimento delle imprese che operano nel settore stradale (Siteb, Strade italiane e bitume) che in una lettera inviata al ministero dell'Ambiente hanno chiesto di intervenire al più presto sulle norme del cosiddetto decreto «end of waste» (decreto ministeriale 152 del 27 settembre 2022) accusate di creare lo stallo. Un paradosso, visto che quel decreto è stato immaginato proprio per favorire il riutilizzo degli inerti in cantiere.

Ogni anno, secondo l'Ispra, la produzione del rifiuto proveniente dalla demolizione di pavimentazioni stradali (noto anche come fresato d'asfalto) ammonta a circa 14.457.000 tonnellate (secondo stime Siteb sarebbero addirittura 17 milioni).

Tali rifiuti, segnala l'associazione, sono riciclati oggi, secondo la normativa vigente ante decreto, con impieghi:

• nella produzione di nuovo conglomerato bituminoso a caldo, per circa 9.600.000 tonnellate;

•nella produzione di nuovo conglomerato bituminoso a freddo, per circa 800.000 tonnellate;

•nella produzione di aggregati riciclati, per il restante quantitativo 4.100.000 tonnellate.

Il problema è che secondo Siteb, in base «alle norme contenute nel decreto, il recupero nella produzione degli aggregati riciclati, così come lo conosciamo oggi, sarebbe impossibile in quanto tali aggregati, prodotti con miscele bituminose, non sarebbero conformi alle limitazioni di concentrazione di idrocarburi previste, in netto contrasto con la norma tecnica di riferimento che prevede un impiego di "fresato" anche del 30 per cento».

Quindi una quota consistente di conglomerato bituminoso demolito (4.100.000 tonnellate, se non addirittura 6.600.000 secondo le stime Siteb) «dovrebbe essere avviata non più a riciclo, ma a smaltimento finale in discarica, in palese contrasto con i principi dell'economia circolare, con gli obiettivi di riciclo fissati a livello europeo e, non ultimo, con la necessità di pianificare urgentemente nuove adeguate discariche (pena il blocco delle demolizioni)».

Tre le richieste inviate dal Siteb al ministero dell'Ambiente. La prima è quella di rivedere i limiti sulla concentrazione massima di sostanze legate agli idrocarburi prevista dal decreto che secondo le imprese sarebbero «eccessivamente ristrettivi e sproporzionati rispetto ai reali rischi connessi al riciclo di questi materiali». Secondo: chiarire gli ambiti di sovrapposizione tra il nuovo decreto e le norme già esistenti sull'end of waste per il fresato d'asfalto (Dm 69/18) « con particolare riferimento a quanto previsto per il conglomerato bituminoso demolito». Terza richiesta: modificare la previsione secondo cui le attività di riciclo del fresato d'asfalto dovranno essere sottoposte a certificazione di qualità Iso 9001, oltre alla marcatura Ce già oggi obbligatoria.

«Secondo nostre stime - dice Stefano Ravaioli, direttore del Siteb - il riutilizzo del 30% del fresato, dato attualmente registrato in Italia nella produzione di conglomerato bituminoso, comporta ogni anno il minor impiego di 380.000 tonnellate di bitume vergine (riduzione del fabbisogno di petrolio) e il recupero di 9.480.000 tonnellate di inerti, equivalenti in termini economici ad un risparmio di circa 370-380 milioni di euro di sole materie prime». «Se non si modificherà la normativa sull'end of waste dei rifiuti inerti- conclude Ravaioli -, questo potenziale rischia di andare disperso».

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