Fisco e contabilità

Anticipazione di liquidità, rebus per i Comuni in predissesto

La questione che si pone è quanto sia corretto - tenuto conto dei postulati contabili, primo tra tutti quello della prudenza - ricorrere a questo strumento in un ente che ha deliberato il piano di riequilibrio ed è in attesa di valutazione da parte dell'organo di controllo regionale

di Maria Teresa Nardo

A pochi giorni dalla scadenza della richiesta di anticipazione di liquidità alla Cassa depositi e prestiti prevista dal Dl 34/2020, mentre la Ragioneria generale dello Stato chiarisce quali debiti possono essere inclusi nella dichiarazione Pcc da allegare alla domanda, gli amministratori dei Comuni si chiedono quanto sia «pericoloso» ricorrere all'anticipazione con il dissesto alle porte.

Il Dl 34/2020 (articoli 115 e 116) ha previsto una immissione di liquidità destinata a sostenere finanziariamente il pagamento dei debiti degli enti locali maturati fino alla data del 31 dicembre 2019. Si tratta di una liquidità straordinaria che potrà essere restituita in 30 anni, già conosciuta dagli enti locali per modalità di contabilizzazione con il Dl 35/2013 e successivi (Salva Imprese).

Per richiedere alla Cdp l'anticipazione ci deve essere specifica delibera di giunta che autorizzi il ricorso all'anticipazione con tanto di parere anche del responsabile dei servizi finanziari. L'anticipazione dovrà riguardare il finanziamento per cassa di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31.12.2019 relativi a somministrazioni, forniture, appalti, servizi e obbligazioni per prestazioni professionali (convenzione tra Mef e Cdp, articolo 3, punto 8), e potrà essere presentata, previa attestazione sulla copertura finanziaria, con procedura telematica, nel periodo tra 15 giugno e il 7 luglio 2020.

Non esiste un divieto di ricorrere all'anticipazione per i Comuni in predissesto (articolo 24- bis del Tuel) né tanto meno il legislatore pone dei vincoli per gli enti che hanno approvato il piano finanziario di riequilibrio pluriennale e sono in attesa di valutazione da parte della Corte dei conti sezioni regionali di controllo. L'articolo 107 del decreto «Cura Italia» prevede il differimento dei termini in materia di piani di riequilibrio, tuttavia la norma non differisce il termine per la sezione per la pronuncia sull'approvazione o diniego del piano di riequilibrio (243-quater, comma 3) anche seguendo la logica di non differire nel tempo situazioni di grave disequilibrio che necessitano magari del blocco della spesa.

Quando riprenderà regolarmente l'attività istruttoria della Corte dei conti, molti Comuni potrebbero vedersi notificare la bocciatura del piano di riequilibrio con conseguente obbligo di dichiarazione di dissesto.

La questione che si pone in un tale contesto è quanto sia corretto - tenuto conto dei postulati contabili, primo tra tutti quello della prudenza - ricorrere all'anticipazione di liquidità Cdp per debiti pregressi in un ente che ha deliberato il piano di riequilibrio ed è in attesa di valutazione dello stesso da parte dell'organo di controllo regionale. Di fatti nell'ipotesi in cui dovesse verificarsi lo stato di dissesto, l'anticipazione autorizzata dalla giunta graverebbe (almeno in termini di rata con riduzione del fondo solidarietà comunale) sul bilancio stabilmente riequilibrato rendendo più complessa la possibilità di risanamento.

L'ente potrebbe chiedere all'Osl, considerata la diversa natura dell'anticipazione rispetto ai mutui, il recupero delle rate (in effetti sono stati pagati debiti che diversamente sarebbero andati a gravare sulla massa passiva) ma con ovvie difficoltà operative.

Non bisogna poi dimenticare che la Corte costituzionale e l'ordinanza della Corte dei conti, sezione di controllo per la Puglia (ordinanza n. 39/2020 sul Quotidiano degli enti locali e della Pa del 26 giugno) hanno evidenziato l'incostituzionalità delle ormai ricorrenti modalità di rinviare alle future generazioni i debiti attuali contratti per spese correnti.

Il principio di fondo, sancito anche dagli orientamenti del ministero dell'Interno, in caso di dissesto è di evitare di aggravare il «nuovo bilancio» anche nel caso di fondi vincolati. Scegliere di ricorrere all'anticipazione di liquidità, con il rischio prossimo del dissesto, significherebbe andare a ledere la par condicio creditorum (qualora si scegliesse solo una parte del debito) e comunque andare ad appesantire il bilancio stabilmente riequilibrato rendendo più complesso il risanamento dell'ente anche se in questo caso rispetto alle precedenti anticipazioni non si è in presenza di garanzia della delegazione di pagamento. Si ricorda infatti che in caso di dissesto la procedura semplificata (preferita dalla maggior parte dei comuni per i benefici e semplificazioni generate) permette all'Osl (organismo straordinario di liquidazione in base all'artiolo 252 del Tuel) di proporre atti transattivi orientati a ridurre la massa passiva dal 40 al 60 percento rispetto al debito originario se il creditore accatta. Il ricorso all'anticipazione di liquidità invece rappresenterebbe un "impegno" da pagare nei prossimi 30 anni, sicuramente con bassi interessi, ma nella sua interezza. Situazione che ha portato il sindaco di un comune calabrese a chiedere un risarcimento ai commissari prefettizi di 5 milioni di euro per aver ricorso all'anticipazione di liquidità per debiti maturati al 31 dicembre 2012 in una situazione compromessa di equilibri di bilancio che ha portato dopo poco tempo alla dichiarazione del dissesto.
Chi ha dichiarato il predissesto si troveranno nei prossimi giorni ad assumere una decisione difficile che potrà essere assunta solo sulla base di una valutazione dello stato reale di salute dell'ente. Di qui la responsabilità tecnico-politico dell'ente nelle attività che trova forza nei principi costituzionali del buon andamento e dell'imparzialità della Pubblica amministrazione.

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