Il CommentoFisco e contabilità

Autonomia, l'onere economico va determinato su elementi certi

di Ettore Jorio

Ci vorranno tanti miliardi! É la previsione di spesa che circola in giro per mettere a terra i Lep con il contributo economico-finanziario dei costi e fabbisogni standard. Sembra che - in presenza delle decisioni da assumere su una materia così seria che imporrà la riprogrammazione dell'attuale sistema del regionalismo - il tema dell'autonomia legislativa differenziata lo si stia affrontando mettendo nel paniere del dibattito pubblico più scempiaggini possibili, accompagnate da preventivazioni di maggiori costi assolutamente inattendibili.

L'occasione per realizzare il regionalismo dell'autonomia e delle responsabilità
E dire che solo Iddio sa quanto il nostro regionalismo è allo stato attuale indifendibile. In quanto tale va rilanciato affidandogli compiti di governo reale: di ben legiferare, programmare, sapere impiegare le risorse, formare il personale ed effettuare il più accurato controllo sull'operato della dirigenza. Il tutto delegando il più possibile le funzioni amministrative agli enti locali, da ridisegnare quanto ad associazionismo. Insomma, necessita realizzare una Regione cosiddetta leggera che sappia disegnare ed esercitare l'importante ruolo di primario ente territoriale infra-statale playmaker delle politiche locali. Da qui, l'occasione per i partiti di selezionare e proporre candidati veramente capaci di governare e per le comunità regionali di pretenderli.

Due handicap gravi
Si diceva dei comportamenti da correggere in un siffatto particolare momento di trasformazione del sistema erogativo dei servizi pubblici e delle prestazioni essenziali. Ne prevalgono due.
La prima. Si confonde con chissà cosa l'aspettativa di alcune Regioni (che in prossimità del Ddl Boccia sembravano tutte) di perfezionare un regionalismo asimmetrico. Una opzione che offre alle quindici Regioni a statuto ordinario l'opportunità di incrementare la propria competenza legislativa esclusiva sulle venti materie concorrenti e su cinque di quelle statali. Un percorso complesso, quello disegnato nell'ultima versione del Ddl Calderoli, che è condizionato – per averle ben codificate nella legge di bilancio per il 2023 - alla definizione dei Lep e alla determinazione dei costi e fabbisogni standard, ai quali il federalismo fiscale assegna la funzione di assicurare il godimento uniforme dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale. Di conseguenza, saranno le Regioni a scegliere se ricorrere o meno alla facoltà offerta loro – è bene sottolineare - dalla Costituzione.
La seconda. Si fanno i conti, anche qui chissà con quale calcolatrice, di quanto peserà il Ddl Calderoli in termini di maggiori costi. La risposta corretta è nulla! Esso è infatti propositivo di una legge quadro, meramente attuativa della Costituzione. Ciò che graverà invece sul bilancio della Repubblica saranno i valori economici necessari a rendere esigibili i Lep attraverso il criterio introdotto dalla legge attuativa dell'articolo 119, sempre della Costituzione, la legge 42/2009. Dunque, più elevati e pieni di contenuto erogativo saranno i livelli essenziali delle prestazioni più sarà alto il costo da affrontare quanto: alle Regioni, in termini di impegno economico-finanziario sul loro gettito fiscale; allo Stato, in ragione della perequazione che si renderà necessaria per garantire le risorse occorrenti in presenza di risorse proprie regionali insufficienti da compensare.

Attenzione alla perequazione, che nel Ddl manca
Al riguardo, occorrerà distinguere le due tipologie di perequazioni individuate dal legislatore del 2009:
• al 100% del necessario per le materie riconducibili a Lep – prioritariamente, sanità, assistenza, istruzione in costi di amministrazione e trasporti pubblici locali, quanto a beni strumentali – e alle funzioni fondamentali degli enti locali;
• al valore riconducibile alla capacità fiscale media nazionale per abitante per le altre materie, in modo tale da ridurre adeguatamente le differenze tra i territori a redditività differenziate (Legge 42, articolo 2).

L'onere economico va determinato su elementi certi
Da qui, i problemi da affrontare e mettere in chiaro. Fatta la cifra zero per il costo del Ddl, occorrerà lavorare sulla previsione dei costi di impianto e poi ricavare quelli di esercizio derivanti dall'applicazione - ovunque e uniformemente prescindendo dall'adesione alla opportunità dell'articolo 116, comma 3, della Costituzione - del federalismo fiscale commisurato ai Lep. Di conseguenza, non si riescono affatto a comprendere le cifre che escono quotidianamente fuori, apparentemente determinate da pericolosi oroscopi, del tipo quelli che una volta tiravano fuori i pappagallini in uso a simpatici ambulanti che riempivano i quartieri di un tempo.
Tutto questo fa meraviglia, tanta, attesa l'impossibilità di pervenire a un saldo presunto di costo dei Lep, per singola materia, senza conoscere gli addendi. Ovverosia quali saranno i Lep, quanto peseranno i costi e fabbisogni standard per garantirli, quale sarà l'ammontare dell'onere gravante sul bilancio statale a titolo di perequazione. Proprio per questo motivo, è doveroso - da una parte - bandire previsioni allarmanti senza la necessaria determinazione dei valori economici da tenere a base della erogazione dei Lep per tipologia e - dall'altra - lavorare bene perché non si facciano errori di carattere giuridico, tali da fare saltare il banco, anche relativamente alla costituzionalità degli assunti legislativi.
La circolare inviata da Roberto Calderoli pochi giorni fa alle Regioni sembra essere un buon inizio, sperando che gli enti territoriali destinatari sappiano fare, in una ai loro sistemi autonomistici locali, che dovranno essere per l'occasione consultati dal momento che ad essi andranno devolute tante funzioni amministrative.

Il patrimonio pubblico produttivo va adeguato
Altra cosa, sarà ovviamente conoscere il costo necessario ad assicurare al Paese e alla Nazione più diseredata un uguale patrimonio infrastrutturale. Altrimenti sarà difficile farcela ovunque. Non ci sono riusciti il Dlgs 88/2011 e il Dm 26 novembre 2010, mai portato a compimento nonostante adottato in relazione alla legge 42/2009. Di conseguenza, nel mentre il regionalismo differenziato venga implementato delle previsioni riguardanti il sistema perequativo ordinario, si dovrà assicurare una apposita perequazione straordinaria ad hoc, con le risorse di cui all'articolo 119, comma quinto, della Costituzione.

C'è di mezzo il Pnrr
Non bisogna quindi dimenticare che la milestone del Pnrr pretende l'eliminazione delle differenze determinate da una legislazione che sanciva sulla carta la realizzazione di condizioni egualitarie e paritarie tra Regioni. Le regole del Pnrr richiedono infatti che venga comunque effettuata, tra le tredici, la riforma del finanziamento delle Regioni a statuto ordinario. Ciò prescindendo dalla realizzazione del regionalismo asimmetrico. Altra cosa è il tema di quelle a statuto speciale, sul cui mantenimento in Costituzione occorrerebbe ragionare seriamente. Dunque, ben vengano l'applicazione delle norme di finanziamento del federalismo fiscale e una matura autonomia legislativa differenziata, piena zeppa di perequazione, funzionali ad essere puntuali con le esigenze pretese dal Pnrr. Per farlo occorre agire presto, dal momento che il tutto dovrà rintracciare la sua conclusione entro il 2026. Insomma, due eventi, di cui uno segnatamente riformatore e l'altro di alta qualità programmatoria, da perfezionare tuttavia nella contemporaneità.