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La Consulta «cancella» l'abrogazione della normativa della Regione Siciliana in materia di tutela dei boschi

La Regione avrebbe inspiegabilmente revocato un vincolo operante da oltre venticinque anni

di Pietro Verna

La Corte costituzionale cancella l'abrogazione delle norme regionali siciliane in materia di tutela dei boschi. É l'effetto della sentenza della Consulta n. 135 del 2022 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 37 della legge della Regione Siciliana 13 agosto 2020, n. 19 (Norme per il governo del territorio), come sostituito dall'articolo 12 della legge regionale n. 2 del 2021, nella parte in cui:
• abroga l'articolo 10 della legge regionale 6 aprile 1996 n. 16 (Riordino della legislazione in materia forestale e di tutela della vegetazione) che prevedeva il divieto assoluto di edificazione nei boschi, nelle fasce boscate e nelle relative zone di rispetto;
• stralcia dal primo comma del testo originario dell'articolo 15 della legge regionale 12 giugno 1976 n. 78 (Provvedimenti per lo sviluppo del turismo in Sicilia) la disposizione che prevedeva che «[a]i fini della formazione degli strumenti urbanistici generali comunali debbono osservarsi […], in aggiunta alle disposizioni vigenti, le seguenti prescrizioni: [...] le costruzioni debbono arretrarsi di metri 200 dal limite dei boschi [e] delle fasce forestali».

La pronuncia della Corte costituzionale
Nel giudizio di costituzionalità promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura generale dello Stato aveva sostenuto che le norme regionali abrogate avevano determinato «un abbassamento del livello di tutela del paesaggio irragionevole e arbitrario», in considerazione del fatto che tali norme avevano "sopperito" alla inosservanza da parte della regione dell'obbligo di pianificazione paesaggistica previsto dagli articoli 1 e 1-ter del decreto legge 27 giugno 1985 n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale", convertito dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 (legge Galasso), e dagli articoli 135 e 143 del codice dei beni culturali e del paesaggio. Tesi che ha colto nel segno.
La Corte costituzionale ha condiviso la censura della difesa erariale («la [Regione] avrebbe inspiegabilmente revocato un vincolo operante da oltre venticinque anni, riducendo la tutela dei boschi e delle foreste, costituenti un bene giuridico di valore "primario" e "assoluto"»). Lo ha fatto muovendo dal presupposto che «il territorio siciliano risulta ancor oggi non pianificato paesaggisticamente, nonostante il lungo tempo trascorso dall'introduzione del relativo obbligo per l'intero territorio nazionale» e dalla "presa d'atto" che le misure previste dalle norme abrogate (inedificabilità delle aree boschive e rispetto dei limiti minimi di arretramento delle costruzioni dal confine dei boschi e delle fasce forestali) costituivano « una sorta di disciplina di salvaguardia sostanziale, il cui venir meno fa sì che le aree sprovviste di piano non siano più al riparo dai rischi di un indiscriminato utilizzo edificatorio». Da qui il verdetto della pronuncia in narrativa: «L'articolo 12 della legge regionale siciliana n. 2 del 2021 esorbita dalla competenza legislativa primaria prevista all'articolo 14, lettera n), dello statuto speciale, ponendosi in contrasto con le norme di grande riforma economico-sociale contenute agli articoli 135 e 143 del codice dei beni culturali e del paesaggio e viola, al contempo, gli articoli 3 e 9 della Costituzione »). Verdetto che conferma l'orientamento della Corte costituzionale secondo cui:
■ nelle more dell'approvazione del piano paesaggistico, «è necessario salvaguardare la complessiva efficacia del piano paesaggistico, ponendola al riparo dalla pluralità e dalla parcellizzazione degli interventi delle amministrazioni locali» (da ultimo, sentenze n. 24 del 2022, n. 219 e n. 74 del 2021; in precedenza, sentenza n. 367 del 2007: la tutela del paesaggio trova la sua espressione nel piano paesaggistico che costituisce la sede indefettibile nella quale operare una valutazione in concreto dei singoli contesti, dettando, per ciascuna porzione di territorio considerata, la disciplina degli usi compatibili e non compatibili con i valori tutelati);
■ i boschi e le foreste costituiscono un bene giuridico di valore "primario" (sentenza n. 151 del 1986), ed "assoluto" (sentenza n. 641 del 1987), nel senso che «la tutela ad essi apprestata dallo Stato, nell' esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente, viene a funzionare come un limite alla disciplina che le regioni e le province autonome dettano nelle materie di loro competenza» ( sentenza n. 367 del 2007), fermo restando che queste ultime non possono prevedere una tutela minore rispetto e quella apprestata dal codice dei beni culturali e del paesaggio, ma solo una tutela maggiore (sentenze n. 66 del 2012 e n. 164 del 2009).

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