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La negoziazione non è solo quantitativa

É riduttivo considerarla soltanto come uno strumento tecnico per transazioni di contenuto per lo più economico

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di Gianfranco Rucco

Da qualche tempo si parla molto di negoziazione. La negoziazione può essere considerata da vari punti di vista. Spesso si ha di essa una idea riduttiva, ritenendola esclusivamente uno strumento tecnico per transazioni di contenuto per lo più economico, riconducendola a una dimensione prettamente quantitativa. Ben lungi dall'essere solo questo, la negoziazione presenta una "cifra" qualitativa assolutamente preminente.

Nella nostra epoca, infatti, anche quale reazione all'individualismo filosofico e alla concezione della società liquida, si sta riaffermando la consapevolezza che l'uomo è un essere relazionale oltre che razionale. Questo rende necessaria un'antropologia della relazione e dell'incontro per ripensare l'individuo come persona e i rapporti umani alla luce del cammino dell'io verso il tu, in reciprocità dialogica. L'uomo rischia di non cogliere che il suo futuro dipende da quanto riuscirà a «essere umano», nel doppio senso del vivere la sua umanità nella famiglia umana di cui fa parte e di «diventare umano», in un processo di personalizzazione che costituisce il suo compimento, mediante la crescita e la formazione (R. Spaemann, Persone. Sulla differenza tra "qualcosa" e "qualcuno", Laterza, Roma-Bari, 2007, p. 234). Non esiste la persona che per principio sia solitaria" (R. Guardini, Mondo e Persona. Saggio di antropologia cristiana. Morcelliana. Brescia, 2000, p. 172). Da ciò si può definire l'essere umano come «persona relazionale»rafforzando così l'idea dell'uomo come persona che è già, per definizione, soggetto in relazione (Ex multis cfr. P. Miccoli, Persona relazionale. Urbaniana University Press, Roma, 2014, pp. 7-9).
L'uomo concepito come persona è un essere che, se da un lato, in quanto tale, è assolutamente unico e specifico, dall'altro è costituzionalmente aperto alle altre persone in una relazione che fa parte dello sviluppo e del carattere della persona stessa. «Secondo l'esperienza interiore la persona ci appare poi come una presenza volta al mondo e alle altre persone, senza limiti, confusa con loro, in una prospettiva di universalità. Le altre persone non la limitano, anzi le permettono di essere e di svilupparsi. Essa non esiste se non in quanto diretta verso gli altri, non si conosce che attraverso gli altri, si ritrova soltanto negli altri. La prima esperienza della persona è l'esperienza della seconda persona. Il tu, e in lui il noi, precede l'io, o per lo meno l'accompagna» (E. Mounier, Il personalismo. A.V.E. Editrice, Roma, 2004, p. 60).

Da questi pur brevissimi accenni si evince che per vivere una buona relazionalità in ogni aspetto della vita occorre una formazione umana di natura valoriale prima che "tecnica". Nella nostra vita di tutti i giorni possiamo realizzare i nostri obiettivi immaginando di poter prescindere da una relazionalità che ci consenta di convivere con gli altri e affrontare in modo costruttivo le nostre più profonde differenze? L'esperienza comune ci dice che ciò non è possibile e che per realizzare i nostri obbiettivi dobbiamo relazionarci con gli altri "negoziando" le migliori soluzioni possibili che determinino risultati quanto più vantaggiosi per tutti. In questa prospettiva, appare ancora di estrema attualità e congruenza la definizione di negoziazione elaborata dalla cosiddetta Scuola di Harvard: «il negoziato è un mezzo fondamentale per ottenere dagli altri quello che si vuole. E' una comunicazione nei due sensi intesa a raggiungere un accordo quando voi e la vostra controparte avete alcuni interessi in comune ed altri in contrasto» (R. Fisher, W.Ury, B. Patton. L'arte del negoziato, Gorbaccio, Milano, 2012, p. 21). Su questa definizione si fondano la teoria e la tecnica della negoziazione collaborativa dell'Harvard Negotiation Project e finalizzata alla ricerca del vantaggio reciproco, approccio che, secondo gli studi del premio Nobel John Nash, nel periodo medio-lungo sembra costituire il criterio più pareto-efficiente nella risoluzione di controversie.

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