Appalti

Pnrr, il Tar Lombardia ribadisce l'obbligo di centralizzare le gare

Giusto annullare la procedura non ancora aggiudicata. Occhio alla sanatoria del Viminale: dubbi sul perimetro di applicazione

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di Roberto Mangani

In relazione agli appalti ricompresi nel Pnrr è legittimo il provvedimento con cui un ente locale revochi una procedura di gara in quanto ritenuta in violazione della norma che per gli affidamenti di importo superiore a determinate soglie impone ai Comuni che non siano capoluoghi di provincia di operare tramite centrali di committenza o altri soggetti aggregatori. Questo il principio affermato dal Tar Lombardia, Sez. IV, 23 gennaio 2023, n. 212, che implicitamente – attraverso un ragionamento a contrario – porta a ritenere illegittime e quindi suscettibili di eventuale impugnazione davanti al giudice amministrativo le procedure di gara relative ad appalti Pnrr di importo superiore a determinate soglie se svolte dai Comuni non capoluogo in autonomia, e cioè senza ricorrere alle modalità centralizzate (centrali di committenza o soggetti aggregatori).

Il fatto
Un ente locale aveva proceduto allo svolgimento di una procedura di gara per l'affidamento dei lavori di adeguamento a fini antincendio di un edificio scolastico. All'esito della procedura il dirigente responsabile adottava una determinazione di non aggiudicazione in quanto l'unica offerta presentata recava un vizio formale. Questa determinazione veniva contestata dal concorrente, che successivamente proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo. Successivamente all'ordinanza di natura cautelare emanata dal giudice amministrativo, il Comune decideva di annullare in autotutela l'intera procedura oggetto di contestazione, sul presupposto che i lavori oggetto di affidamento, originariamente finanziati con contributi statali, erano poi confluiti nel Pnrr. Di conseguenza, risultavano applicabili le regole previste per gli affidamenti degli appalti ricompresi nello stesso, in base alle quali i Comuni non capoluogo di Provincia, nel caso di affidamenti di importo superiore a una determinata soglia – che per i lavori è pari a 150.000 euro – non potevano procedere in autonomia ma dovevano ricorrere a forme centralizzate di committenza (centrali uniche e soggetti aggregatori).

Il provvedimento di annullamento in autotutela è stato a sua volta oggetto di impugnazione da parte del ricorrente attraverso la formulazione di motivi aggiunti. Alla base del ricorso veniva in primo luogo prospettato il fatto che il Comune non avrebbe rappresentato alla parte ricorrente che la procedura oggetto di contestazione – e di successivo annullamento – era relativa ad interventi finanziati con risorse del Pnrr. In secondo luogo – e in maniera più radicale – veniva contestato che il Comune non avrebbe esercitato il potere di autotuela nel rispetto delle regole ad esso proprie, violando tra l'altro i principi di buona fede e affidamento del privato e non fornendo adeguata motivazione in merito alle ragioni di tale scelta.

La centralizzazione degli affidamenti degli appalti del Pnrr
Il Tar Lombardia ha respinto il ricorso.In primo luogo ha considerato infondata la censura relativa alla ritenuta violazione della specifica disposizione contenuta nell'articolo 12 - bis del decreto legge 68/22, che impone alle pubbliche amministrazioni di rappresentare che l'eventuale ricorso ha ad oggetto una procedura di gara relativa a interventi finanziati con le risorse del Pnrr. Questa omissione infatti rappresenta una mera irregolarità sotto il profilo processuale, che non incide sulla validità dell'attività amministrativa svolta e non determina quindi alcuna illegittimità del procedimento in autotutela.

Quanto al merito, il giudice amministrativo ricorda che il provvedimento di annullamento della procedura di gara adottato in autotutela trova la sua motivazione nel fatto che tale procedura non risulta in regola con le indicazioni contenute nel Comunicato emanato dal Ministero degli interni che ha precisato che i lavori di messa in sicurezza degli edifici, già oggetto di contributi pubblici, sono successivamente stati inseriti negli interventi del Pnrr. Nello stesso Comunicato veniva ricordato che i Comuni che hanno avviato procedure di gara in epoca successiva a tale inserimento devono rispettare la disciplina dettata dal decreto legge 77/2021. In particolare, tra le disposizioni contenute nel citato decreto, viene in rilievo quella che impone ai Comuni non capoluogo di provincia di procedere all'acquisizione di forniture, servizi e lavori ricorrendo a: centrali di committenza o altri soggetti aggregatori, unioni di comuni qualificate come centrali di committenza, stazioni uniche appaltanti costituite presso le province e le città metropolitane, unioni di Comuni, province, città metropolitane e Comuni capoluogo di provincia. Disposizione successivamente integrata dal decreto legge 176/2022 che ne ha circoscritto la portata solo agli affidamenti di importo superiore a determinate soglie (150.000 euro per i lavori e 139.000 per i servizi e forniture).

Anche alla luce di questa chiara indicazione che richiama il quadro normativo vigente, il Tar Lombardia evidenzia che per l'affidamento degli appalti di importo superiore alle soglie sopra indicate i Comuni non capoluogo di provincia non possono procedere in autonomia, ma devono ricorrere a una delle forme di committenza aggregata sopra elencate. Ne consegue che nel caso specifico il Comune interessato ha avviato la gara quando in realtà non aveva più la possibilità di farlo, poiché essendo all'epoca l'intervento oggetto di affidamento già stato inserito nel Pnrr, lo stesso Comune avrebbe obbligatoriamente dovuto ricorrere a una centrale di committenza o altro soggetto aggregatore.Risulta quindi del tutto legittimo ed opportuno il successivo provvedimento di annullamento in autotutela della procedura di gara adottato dal Comune, risultando tale procedura chiaramente illegittima in quanto svolta in palese contrato con le norme di riferimento, con conseguente rischio di perdita del finanziamento del Pnrr.

Peraltro la correttezza della scelta del Comune è rafforzata dalla circostanza che la procedura avviata non si era ancora conclusa con l'aggiudicazione definitiva, per cui non si era consolidata in capo al concorrente (ricorrente) alcuna posizione di affidamento qualificato, né alcun obbligo da parte dell'ente appaltante di comunicare allo stesso l'avvio del procedimento di annullamento. Infatti, come affermato dalla giurisprudenza consolidata, a fronte dell'esercizio del potere di annullamento in autotutela di una procedura di gara che non si è ancora conclusa con l'aggiudicazione definitiva, il concorrente aggiudicatario provvisorio ha solo una mera aspettativa di fatto alla conclusione del procedimento. Con l'ulteriore conseguenza che la mancanza di una posizione qualificata e giuridicamente tutelabile attenua l'onere motivazionale in capo all'ente appaltante.

Anche in relazione a tale contesto di riferimento, si deve ritenere che nel caso di specie il Comune, tenuto conto della necessità di ripristinare una condizione di legalità palesemente violata, abbia correttamente esercitato il suo potere di annullamento in autotutela della procedura di gara. Potere sorretto da una succinta motivazione – riferita appunto all'esigenza di rispettare le regole definite per l'affidamento degli appalti del Pnrr – e senza che vi fosse alcun obbligo di preventiva comunicazione all'aggiudicatario provvisorio.

L'obbligo di centralizzazione delle gare per gli interventi del Pnrr e le deroghe
La questione dell'obbligo di centralizzazione per lo svolgimento delle procedure di gara relative agli interventi ricompresi nel Pnrr è stata recentemente oggetto di discussione, anche alla luce di alcune Faq adottate dal Ministero dell'Interno relativamente appunto a tali interventi. Per una compiuta comprensione del tema occorre ricordare il quadro normativo di riferimento. Il punto di partenza è costituito dall'articolo 52, comma 1 del decreto legge 77/2021 (converto in legge 108/2021). La norma ha stabilito che l'obbligo di centralizzazione delle gare – precedentemente sospeso in via generalizzata dall'articolo 1 del decreto legge 32/2019 – non fosse applicabile alle gare relative agli investimenti pubblici finanziati con i fondi del Pnrr. Di conseguenza per questi interventi i comuni non capoluogo di provincia non potevano procedere in autonomia nello svolgimento delle gare, ma dovevano obbligatoriamente ricorrere a centrali di committenza o altri soggetti aggregatori o agli altri soggetti più sopra ricordati.

Un successivo intervento normativo, operato con l'articolo 10, comma 1 del decreto legge 176/2022 ha poi circoscritto tale obbligo esclusivamente agli appalti di importo superiore a determinate soglie: 150.000 euro per i lavori e 139.000 euro per servizi e forniture, con esclusione quindi degli affidamenti di importo inferiore a tali soglie. Ed è proprio in relazione a tale quadro normativo che si è pronunciato il Tar Lombardia con la sentenza in commento.

Lo stesso articolo 10 del decreto legge 176/2022, al comma 2-ter ha tuttavia introdotto una sorta di sanatoria per le gare svolte dai Comuni non capoluogo in autonomia, e cioè senza rispettare l'obbligo di ricorrere a forme obbligatorie di centralizzazione degli affidamenti. La disposizione ha una formulazione non particolarmente felice. Da un lato fa infatti riferimento alle «procedure già in corso di attivazione»; dall'altro, fa salve «le procedure attuate dai comuni non capoluogo alla data del 31 dicembre 2022».

Il termine «procedure attuate» non trova riscontro nell'iter procedurale dei contratti pubblici. Non si comprende quindi se il legislatore abbia voluto sanare tutte le procedure «avviate» entro il 31 dicembre 2022 o solo quelle «concluse» entro questa data con un provvedimento di aggiudicazione definitiva. Tenuto conto anche delle considerazioni espresse dal giudice amministrativo nella sentenza in commento, sembrerebbe più logico ritenere che la sanatoria operi solo per le procedure che si siano concluse con un provvedimento di aggiudicazione definitiva, il solo idoneo a creare una posizione suscettibile di tutela giuridica in capo al concorrente aggiudicatario.

Va peraltro operata una seconda considerazione. La norma di sanatoria fa riferimento alle opere di cui all'articolo 1, comma 143, legge 145/2018. Tale ultima disposizione, pur riguardando l'affidamento di lavori per la realizzazione di opere pubbliche, sembra tuttavia riferirsi a quelle che usufruiscono del contributo di cui al precedente comma 139, che sono le opere di messa in sicurezza degli edifici e del territorio. La Faq del Ministero dell'Interno sembra invece attribuire alla sanatoria un'applicazione generalizzata, cioè estesa a tutte le procedure di gara svolte dai Comuni non capoluogo, a qualunque tipologia di opere si riferiscano. Interpretazione estensiva che tuttavia rischia di essere smentita qualora fosse sottoposta al vaglio del giudice amministrativo.

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