Urbanistica

La mancata attuazione della legge 23/99 della Basilicata

Una legge troppo innovativa e poco contestualizzata per il governo del territorio

di Antonello Azzato e Piergiuseppe Pontrandolfi

In una regione caratterizzata da una forte diffusione insediativa e bassa densità di popolazione è necessaria una pianificazione strategico-strutturale alla scala sovracomunale e strumenti di pianificazione operativa alla scala comunale. Il riaccorpamento dei tre strumenti comunali in un piano locale a due dimensioni: regolamentativa e programmatico-operativa.

La mancata attuazione della legge
A più di venti anni dall'entrata in vigore della legge regionale su "Tutela, governo ed uso del territorio" n. 23 del 11 agosto 1999 della Basilicata, legge all'epoca particolarmente innovativa dopo quella della Regione Toscana, i risultati sugli esiti della attuazione della stessa rimangono controversi e molto limitati.

In particolare si è riscontrata una evidente inadempienza nella redazione ed approvazione degli strumenti della pianificazione ai diversi livelli: la Regione non ha approvato la Carta Regionale dei Suoli (CRS) ed il Quadro Strutturale Regionale (QSR); delle due province solo quella di Potenza ha approvato il proprio Piano Strutturale Provinciale (PSP) nel 2013; nessun comune ha approvato il Piano Strutturale (PSC); solo la metà dei comuni lucani ha approvato il Regolamento Urbanistico (RU) che di fatto rappresenta lo strumento "ordinario" per il governo e la gestione del territorio comunale; solo il comune di Potenza ha approvato il Piano Operativo (PO), pure in una forma molto distante dalle finalità previste dalla legge per tale strumento; in qualche caso sono stati attivati processi di pianificazione alla scala sovracomunale (per il sistema urbano della città di Potenza e per l'aera della Val d'Agri) che però non sono approdati ad alcun esito significativo.

In assenza di indirizzi e scelte rinvenienti da strumenti di pianificazione regionale, provinciale e sovracomunale, l'iniziativa dei comuni si è sviluppata tra molte incertezze e ritardi. Pur essendo il RU lo strumento urbanistico che disciplina il sistema insediativo esistente, in molti casi, si registrano previsioni di ancora significative quantità di interventi di nuovo impianto e di ulteriore crescita degli insediamenti urbani, nonostante i fenomeni di accelerato spopolamento che interessano gran parte dei Comuni della regione. Nuovi strumenti di pianificazione urbanistica che, nella forma e nei contenuti, non si discostano molto dai più tradizionali piani regolatori, con uno scarso contenuto di innovazione rispetto ai principi ed alle finalità della legge, riproponendo, anche se sotto nuove forme, vecchi modelli di intervento sul territorio.

Dopo la prolifica stagione della pianificazione post-sisma degli anni 80 dello scorso secolo(1), i motivi del sostanziale fallimento della attuazione della legge 23/99 sono certamente da attribuirsi alle difficoltà - in relazione alla specifico contesto locale - di introdurre elementi di forte innovazione nelle pratiche di governo del territorio ai vari livelli istituzionali e soprattutto al diffuso disinteresse a definire scelte ed assumere decisioni che in qualche modo avrebbero potuto risultare limitative e vincolanti rispetto alle iniziative ed alle domande espresse dal territorio.

In una ottica di complessiva deregolamentazione delle modalità di uso e trasformazione del territorio, a favore della realizzazione di interventi puntuali ed episodici di volta in volta emergenti, si spiega la recente eliminazione, all'art. 15 della L.R. 11/2018 collegato alla finanziaria, dei vincoli temporali (in sostanza se ne definisce la validità in regime ordinario ed a tempo indeterminato) di quanto previsto dalla Legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 "Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell'economia e alla riqualificazione del patrimonio esistente" (meglio conosciuta come Piano Casa).

In una regione come la Basilicata l'assenza ormai da alcuni decenni di una adeguata strategia di sviluppo territoriale, e quindi di idonei strumenti di pianificazione spaziale che possano nteragire ed interfacciarsi con gli strumenti della programmazione economica ordinaria e straordinaria, ha rappresentato un elemento di forte criticità nello sviluppo della regione.

Il QSR ed il PSP, in particolare, avrebbero dovuto assumere - in un territorio caratterizzato da una forte dispersione degli insediamenti e da difficili condizioni di accessibilità - la funzione di indicare quadri strategici di riferimento ed obiettivi prestazionali da conseguire nei differenti settori di intervento.

In particolare, la dimensione della pianificazione strategico-strutturale alla scala sovracomunale, non prevista esplicitamente dalla legge ma nemmeno esclusa, avrebbe dovuto assumere particolare importanza; infatti, la dimensione sovracomunale della pianificazione spaziale potrebbe favorire - soprattutto nei territori delle aree interne – così come viene classificata gran parte della regione - il conseguimento di più adeguati standard di vita per le popolazioni insediate, contrastando e limitando fenomeni di esodo verso le aree urbane poste spesso fuori regione.

L'interesse per la dimensione territoriale sovracomunale, infatti, è dettato non solo dalle esigenze legate alla gestione associata di servizi, ma sempre più alla definizione di politiche e strategie di sviluppo locale, intersettoriali e fortemente integrate, che incidano fortemente sul futuro delle comunità locali.

Dalla pianificazione di area vasta alla dimensione programmatico operativa del governo del territorio
La Regione Basilicata - sia in ragione degli input di livello nazionale che in ragione della forte dispersione della popolazione sul territorio e della fragilità complessiva del sistema sociale ed economico regionale - aveva intrapreso in passato importanti iniziative a supporto della dimensione sovracomunale.

La identificazione di ambiti territoriali sub-provinciali, in passato, ha rappresentato un tentativo per superare la rigidità ed inadeguatezza delle geografie istituzionali tradizionali (in particolare le Province) e di individuare "territori pertinenti" per la promozione di uno sviluppo locale autosostenuto (Dematteis, Magnaghi 2002). Nel 2008, con apposita legge regionale, furono istituite le cosiddette Comunità Locali, immaginate in sostituzione delle soppresse Comunità Montane.

Le CL erano pensate come entità amministrative sovracomunali di dimensione territoriale intermedia tra le piccole realtà comunali e le troppo estese e poco rappresentative realtà Provinciali. Elemento innovativo era il riconoscimento di uno spazio sovracomunale a cui legare la gestione associata di funzioni e servizi, le politiche di programmazione e sviluppo e le competenze in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica. Alle Comunità Locali, infatti, furono attribuite importanti competenze in materia di governo del territorio, attribuendo alle stesse la redazione ed attuazione dei Piani Strutturali Intercomunali.

L'iniziativa della legge regionale, fortemente innovativa, decretava l'importanza della dimensione territoriale intermedia quale ambito ottimale, oltre che per la gestione di servizi, anche per l'inquadramento territoriale delle differenti politiche di settore, nell'ottica di promuoverne una maggiore sinergia tra le stesse e di individuare la scala territoriale, adeguata e pertinente, a cui ancorare efficaci processi di sviluppo che esaltassero le specificità locali.

Anche in questo caso, però, si trattò una iniziativa troppo innovativa; nel 2011 la legge istitutiva delle CL fu abrogata, adducendo motivazioni poco credibili legate alla onerosità finanziaria di una riforma così radicale delle istituzioni locali. Al posto della CL si previde l'istituzione della cosiddetta "Area di Programma". Un ente più leggero, quest'ultimo, privo di personalità giuridica, con funzioni solo di raccordo e coordinamento in materia di programmazione economica tra la Regione ed i Comuni, non strutturato in termini di rappresentanza politico-amministrativa, così come previsto invece nella L.R. 11/08 per le Comunità Locali. Per tali nuove aggregazioni sovracomunali (solo sette nell'intera regione), che avrebbero dovuto trasformarsi rapidamente in Unioni dei Comuni, mancava, peraltro, un chiaro riferimento alle competenze in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica.

Con riferimento alla legge 23/99, il Piano Strutturale Provinciale (PSP) è l'atto di pianificazione con il quale la Provincia esercita un "ruolo attivo" di coordinamento programmatico e di raccordo tra le politiche territoriali della Regione e la pianificazione urbanistica comunale. In particolare, il Piano Strutturale della Provincia di Potenza, approvato nel novembre del 2013, definisce quattro Ambiti Strategici di pianificazione e programmazione sovra comunale che vanno nella direzione del processo di riorganizzazione delle istituzioni territoriali avviato dalla Regione con le Aree Programma. Si propongono, infatti, nuove forme di organizzazione del sistema di governance territoriale ed istituzionale prevedendo che tutti i Comuni della Provincia, compreso il capoluogo, dovessero aggregarsi nelle Aree Programma, future Unioni di Comuni, in cui promuovere la redazione di strumenti di pianificazione strategico- strutturale intercomunali.

In tal senso il PSP recepisce le iniziative di pianificazione sovracomunale promosse, tra il 2006 ed il 2013, dalla Regione per 23 Comuni della Val d'Agri e dal Comune di Potenza per il cosiddetto Sistema metropolitano (comprendente la città capoluogo e gli 11 Comuni dell'hinterland). Le due iniziative di pianificazione non sono mai arrivate a definizione! Nelle cosiddette schede strutturali del PSP, relative a ciascuno dei quattro ambiti strategici, sono riportati gli obiettivi generali e specifici da perseguire nel processo di pianificazione ed indicazioni delle tipologie di interventi da prevedere negli specifici contesti territoriali, oltre ad una prima ipotesi di territorializzazione di alcuni interventi prioritari. In buona sostanza, in linea con gli indirizzi della nuova programmazione comunitaria, si immaginava di avviare un processo che privilegiasse una governance multilivello dei processi economici, sociali, istituzionali ed amministrativi capaci di sostanziare le politiche di sviluppo della Regione.

L'attuazione delle previsioni dei Piani Strutturali Intercomunali per Ambiti Strategici sarebbe dovuta avvenire sulla base di Piani Operativi a livello comunale, intesi questi come strumenti di programmazione dei singoli enti locali in condizioni di certezza di risorse e tempi e sulla base di un trasparente processo di coinvolgimento dei soggetti privati nella attuazione delle previsioni dei piani. La soppressione nel 2017 anche delle cosiddette Aree Programma ha definitivamente rallentato il processo di pianificazione intercomunale preconizzato dal PSP, individuando, di fatto, nella Regione e nei Comuni i soli due soggetti istituzionali di riferimento per il governo del territorio. La legge lucana - direttamente ispirata al modello proposto dall'INU alla metà degli anni '90 - prevede l'articolazione della pianificazione generale comunale in tre strumenti (Piano Strutturale, Regolamento Urbanistico, Piano Operativo). Di particolare interesse, alla scala della pianificazione generale comunale, soprattutto il Piano Operativo con validità di cinque anni.

Il Piano Operativo, oltre ad assumere la valenza di strumento di programmazione di interventi in coerenza con gli indirizzi del Piano Intercomunale (nella proposta avanzata nel PSP della Provincia di Potenza), avrebbe potuto assumere anche la valenza di piano urbanistico attuativo nelle situazioni di limitate previsioni di interventi di nuovo impianto, affiancandosi al Regolamento Urbanistico comunale che avrebbe invece definito la disciplina urbanistica per il sistema insediativo e relazionale esistente. Una pianificazione strategico-strutturale alla scala sovracomunale ed una pianificazione operativa e regolamentativa alla scala del singolo comune. In tal senso, è proprio per il PO che si riscontrano le maggiori innovazioni, soprattutto per quanto riguarda la modalità di coinvolgimento degli operatori privati nella attuazione degli strumenti urbanistici. In particolare, la procedura di bando prevista dalla legge per selezionare le proposte dei privati da affiancare ed integrare con il programma di realizzazione degli interventi pubblici.

Si può sostenere che tale strumento molto avrebbe potuto innovare circa le modalità di gestione ed attuazione della pianificazione generale di natura strutturale, soprattutto con riferimento ad una maggiore trasparenza e correttezza nei rapporti tra pubblica a amministrazione ed operatori privati, la cui iniziativa viene riportata nell'ambito di programmi coordinati da parte della PA entro i quali valutare e verificare da un lato la integrazione tra gli interventi pubblici programmati e le iniziative private e dall'altro stimolare una effettiva concorrenza tra gli operatori privati a beneficio di un migliore perseguimento degli interessi dell'intera collettività.

Le procedure di costruzione del PO presuppongono una forte capacità dell'amministrazione comunale di programmare gli interventi di trasformazione e nuovo impianto in riferimento a precise priorità e necessità, di integrare le scelte di piano con il più ampio quadro delle politiche pubbliche nei diversi settori (si veda a tal proposito la possibile ed auspicabile relazione e coerenza con il Documento Unico di Programmazione del Comune), di valutare le proposte degli operatori privati definendo criteri e modalità che consentano di ridurre al massimo gli spazi di discrezionalità della decisione pubblica nella selezione delle iniziative private di cui prevedere la attuazione nell'arco di tempo di validità del piano. In quanto piano conformativo dei diritti privati il PO rappresenta infatti uno strumento di particolare importanza per innovare nel delicato processo di attuazione e gestione degli strumenti generali di pianificazione comunale.

Il PO, da considerare soprattutto per la sua valenza programmatica, avrebbe potuto rappresentate lo strumento di pianificazione più innovativo tra quelli introdotti dalla nuova legislazione, tanto da suggerirne un uso ordinario ed obbligatorio per tutti i comuni, indipendentemente dalla dimensione demografica degli stessi, come strumento di programmazione a breve termine delle trasformazioni degli assetti fisici in relazione alle effettive domande e necessità e ad obiettivi generali e specifici di riqualificazione e sviluppo del territorio; un piano che, soprattutto nelle realtà più piccole, avrebbe potuto assumere anche la valenza di strumento direttamente attuativo. Uno strumento talmente innovativo, rispetto alle usuali modalità di governo del territorio, che è stato o inapplicato dai Comuni o, peggio ancora, ridotto a banale strumento di riattivazione delle previsioni di nuovo impianto contenute nei Regolamenti Urbanistici alla scadenza dei cinque anni di validità degli stessi (come nel caso di Potenza), senza alcun contenuto di natura programmatica e di capacità di selezione delle scelte da attuare con priorità.

Tra i contenuti più innovativi della legge 23/99, la applicazione diffusa della perequazione urbanistica, sia per perseguire principi di maggiore equità nel trattamento degli interessi privati che per facilitare la costruzione della città pubblica. Con riferimento all'applicazione di modelli di perequazione urbanistica nei piani comunali, obbligatori per legge per gli interventi urbanistici di trasformazione e di nuovo impianto, bisogna rilevare come le situazioni siano molto differenziate. In generale solo nel 50% circa dei RU approvati si riscontra una disciplina urbanistica che fa esplicito riferimento all' applicazione della perequazione urbanistica. Inoltre, i modelli proposti sono molto diversi. In alcuni casi la perequazione è applicata ad aree di limitata estensione; in pochi casi si può parlare di perequazione generalizzata a tutte le aree interessate alle trasformazioni comprese in ambito urbano; solo in pochi casi l'applicazione della perequazione si fonda esplicitamente su una valutazione preventiva dello stato di diritto e di fatto dei suoli interessati e su una valutazione delle convenienze pubblico-private in sede di definizione degli indici convenzionali di edificabilità.

Rilancio del processo di pianificazione a partire dal Piano Paesaggistico Regionale
La legge 23/99 (LUR) è rimasta sostanzialmente la stessa del testo originario. Il Regolamento di Attuazione del 24 marzo 2003 (DGR 512/2003) ed alcune Circolari interpretative successive hanno chiarito ed approfondito alcuni dei punti contenuti nell'articolato della legge. La Regione Basilicata, anche attraverso le attività di redazione del Piano Paesaggistico Regionale (PPR), sta avviando una fase di riflessione sui contenuti della legge propedeutica ad una revisione ed aggiornamento della stessa. A tal fine sarebbe necessaria una attenta analisi delle esperienze di pianificazione fin ad oggi sviluppate, l'avvio di un riordino della governance istituzionale e di riarticolazione delle competenze in materia di governo del territorio, una riorganizzazione delle strutture tecnico amministrative degli enti locali anche attraverso accorpamenti di funzioni ed uffici alla scala sovracomunale.

Il mai istituito Nucleo di Valutazione Regionale, pure previsto dalla legge 23/99, avrebbe consentito un adeguato monitoraggio delle esperienze concluse e l'adozione di correttivi per rendere efficace ed efficiente la iniziativa di pianificazione dei Comuni; per altro verso avrebbe potuto svolgere un ruolo di stimolo, proposta e verifica per la pianificazione strategica regionale e di area vasta. In ogni caso avrebbe svolto una utile funzione di advisor esterno ed indipendente nella valutazione della attuazione della legge. Oggi, ancor più che in passato, si rende necessario ed urgente mettere a punto vision e strategie per lo sviluppo della regione, accompagnate da un sistema di regole efficaci e coerenti per la implementazione delle stesse, per guidare i processi di sviluppo, favorire la competitività del territorio e promuovere politiche innovative che sappiano coniugare le esigenze di sviluppo locale con la tutela e la salvaguardia delle risorse naturali e la valorizzazione del patrimonio culturale.

Alla vigilia della definizione di importanti strumenti di programmazione economico-finanziaria (si pensi al Recovery Plan ma anche alla nuova stagione di programmazione dei fondi strutturali comunitari per il settennio 2021-2027), manca di fatto una visione strategica per il futuro della regione che possa incardinare un nuovo progetto di assetto del territorio a credibili scenari di sviluppo sociale ed economico, incentivando forme di pianificazione soprattutto alla scala sovracomunale sulla base di un profondo riordino della governance locale.

A partire da quanto indicato e preconizzato nelle limitate iniziative di pianificazione di area vasta (il PSP della Provincia di Potenza ma anche le proposte contenute nel Documento Preliminare, mai approvato, del PSP della provincia di Matera) la revisione della legge regionale in materia di governo del territorio dovrà fondarsi su un modello di pianificazione più aderente ai caratteri ed alle dinamiche specifiche del contesto territoriale regionale e sub-regionale, all'interno di un più chiaro ed incisivo processo di aggregazione dei Comuni che la Regione dovrà coordinare e promuovere, superando incertezze ed ambiguità che hanno caratterizzato la sua azione nel recente passato.

Alla scala regionale priorità assoluta è rappresentata dalla approvazione in tempi non lunghi del Piano Paesaggistico Regionale (PPR) che si pone oggi come il riferimento più utile per la pianificazione spaziale di area vasta e comunale, in riferimento a chiari e condivisi obiettivi di qualità per il paesaggio ed il territorio ed alla definizione di una nuova vision di sviluppo della regione ancorata ad alcuni progetti strategici. In questo il PPR dovrà essere certamente sostitutivo del QSR e della CRS previsti dalla legge 23/99, ma anche, in prospettiva, degli stessi piani strutturali ancorati alla dimensione provinciale. Le attività di redazione del PPR, avviate già da diversi anni, dovranno concludersi in tempi non lunghi perché la Regione possa avere un adeguato strumento per la tutela e la valorizzazione del territorio ma anche per portare a sintesi politiche e strategie di settore.

LA SCHEDA SULLA LEGGE URBANISTICA VIGENTE E I DATI DELLA REGIONE a cura di Antonello Azzato e Piergiuseppe Pontrandolfi

DOSSIER URBANISTICA. Le 21 leggi regionali a confronto, con testi aggiornati, i commenti degli esperti e le schede di sintesi

Note:
(1) Che vide la redazione in poco più di dieci anni di circa 1.300 strumenti urbanistici, generali ed attuativi, da parte dei 131 comuni della regione (il 56% sulla base di leggi ordinarie ed il 44% sulla base della legislazione straordinaria per la ricostruzione; il 25% è costituito da strumenti urbanistici generali ed il 75% da piani attuativi) con una media di circa 9 piani a Comune (tra strumenti di nuova redazione e varianti a piani vigenti).


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