Fisco e contabilità

Fisco: intesa in maggioranza, la delega riparte alla Camera

In un’ora di vertice serale a Palazzo Chigi sancito l’accordo sul testo riformulato su Catasto

di Marco Mobili e Gianni Trovati

È bastata un’ora scarsa alla riunione di maggioranza nel tardo pomeriggio di ieri a Palazzo Chigi per ufficializzare l’accordo sulla delega fiscale. Che ora può riavviare l’esame in commissione Finanze alla Camera, dove il testo si era fermato con la rissa serale quasi due mesi fa, il 7 aprile. «Ora possiamo riprendere il percorso per dare all’Italia un fisco più semplice», sottolinea il relatore e presidente della commissione Finanze, Luigi Marattin (Iv). Nei prossimi giorni l’ufficio di presidenza della commissione riscriverà il calendario, che sarà però molto stretto: per ripartire bisogna aspettare il 13 giugno, fine della pausa elettorale per le amministrative e i referendum, e l’arrivo in Aula è stato fissato dopo l’ennesimo rinvio al 20 giugno.

Il lavorio politico per trovare un’intesa, del resto, è stato fatto in questi due mesi di stop ufficiale. E, come confermato nel vertice di ieri sera, è riuscito ad appianare gli ostacoli che si infittivano soprattutto su due temi: il Catasto, naturalmente, e il cammino progressivo verso il sistema duale. Lo sblocco del Ddl concorrenza ha fatto il resto, e ha spianato la strada anche alla delega sulle nuove tasse.

Sul Catasto, l’accordo blinda l’ultima riformulazione del testo che è stata al centro di narrazioni opposte fra l’ala destra e quella sinistra della maggioranza; con Lega e Forza Italia a rivendicare una «vittoria» che cancellerebbe il rischio di aumenti delle tasse sul mattone, e Pd, M5S e Italia Viva a sottolineare che quel rischio non c’era nemmeno nella prima versione.

All’atto pratico, l’ultimo testo cancella il progetto di affiancare alle rendite attuali e a quelle aggiornate un «valore patrimoniale», da avvicinare nei limiti del possibile ai valori di mercato degli immobili. Ma mantiene il doppio canale per ogni immobile: che continuerà ad avere la rendita attuale, come previsto fin dall’inizio, e si vedrà attribuita anche una rendita «ulteriore» da definire sulla base dei criteri previsti dal Dpr 138 del 1998. E da questa finestra rientra il riferimento ai valori di mercato cacciato dalla porta, perché per quel Dpr sono proprio loro a guidare la definizione delle nuove rendite insieme ai «canoni medi» annuali. La «rendita ulteriore», in ogni caso, non cambierà gli imponibili su cui si calcolano l’Imu e le altre tasse immobiliari, perché l’obiettivo rimane quello indicato dalla delega approvata il 5 ottobre dal governo, e cioè una «operazione trasparenza» che non cambia direttamente le tasse; ma punta a promuovere una revisione successiva mettendo in chiaro le sperequazioni determinate dal sistema attuale. A decidere se farne tesoro o buttarle nel cestino sarà il governo in carica nel 2026, data in cui è programmata la fine dei ricalcoli immobiliari.

Per qualcuno in realtà le tasse potrebbero però aumentare prima. Perché nel nuovo testo la delega rilancia un’operazione congiunta fra agenzia delle Entrate e Comuni per la revisione delle rendite negli immobili che non sono censiti o sono caratterizzati da valori fiscali che non corrispondono più alla situazione di fatto della casa. Meccanismo già in vigore ora, che però in genere i Comuni non applicano anche per il timore delle ricadute di consenso di un’operazione del genere. Ma se la regia sarà affidata all’agenzia delle Entrate, il calcolo di costi politici e benefici di bilancio potrebbe cambiare.

Sul sistema duale, in pratica si tagliano drasticamente le ambizioni della vigilia. Perché le clausole che salvaguardano le cedolari attuali su affitti e titoli di Stato in pratica promettono di mantenere una molteplicità di aliquote al di fuori dell’Irpef, mentre nel sistema duale vero e proprio l’aliquota estranea ai redditi è una sola.

Tra le novità c’è poi l’obiettivo, promosso in particolare da Italia Viva, di un riordino delle imposte sui redditi da capitale, mettendo ordine nel coacervo attuale di regimi che finiscono per disincentivare gli investimenti nell’economia reale. Il Pd ha invece ottenuto che le prossime tappe della revisione Irpef si rivolgano prima di tutto ai redditi medio-bassi, Leu incassa il principio della salvaguardia degli sconti sulle spese sanitarie e sociali nel riordino delle tax expenditures e i Cinque Stelle ottengono il rilancio del cashback fiscale. Fin qui la teoria. La pratica toccherà ora al Parlamento, soprattutto sotto forma di un’accelerazione drastica nell’approvazione di un testo che è ancora solo al primo ramo. E che dovrà ottenere il via libera finale entro l’estate per provare a dare un po’ di tempo ai decreti attuativi.

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