Fisco e contabilità

Viminale, il termine di 20 giorni per il deposito del rendiconto non può essere ridotto nemmeno dall'unanimità dei consiglieri

Risponde a una specifica esigenza di corretta informazione in merito alle questioni soggette a deliberazione

di Elena Brunetto e Patrizia Ruffini

La volontà unanime dei consiglieri non può abbreviare il termine minimo di 20 giorni per il deposito dello schema di rendiconto e suoi allegati, compresa la relazione dell'organo di revisione.

É la risposta del ministero dell'Interno pubblicata l'8 maggio, a seguito del quesito posto da un sindaco sulla possibilità di ridurre il termine minimo di 20 giorni, previsto dall'articolo 227, comma 2, del Dlgs 267/2000.

Il principio condiviso dalla giurisprudenza in merito a quest'ultima scadenza, ricorda il Viminale, è quello di non poter concedere un termine inferiore rispetto a quello stabilito dalla normativa legislativa, in quanto si violerebbe «... il diritto d'informazione in favore dei singoli consiglieri comunali sulle questioni sottoposte alla loro valutazione. A questo diritto corrisponde il preciso obbligo dell'ente comunale di mettere a disposizione dei consiglieri in tempo utile tutti i documenti necessari per avere piena cognizione del contenuto delle proposte di deliberazione portate all'attenzione dell'organo rappresentativo, al fine di espletare correttamente il mandato». Fra le sentenze più recenti viene ricordata quella del Tar Campania–sezione I, n. 2068/2023.

Il parere evidenzia come, in relazione al ritardo nella messa a disposizione dei consiglieri della relazione dell'organo di revisione, esistano posizioni giurisprudenziali non unanimi. Secondo l'orientamento più diffuso, tale ritardo determina un vulnus alle prerogative consigliari, impedendo una deliberazione consapevole, dovendosi escludere che si tratti di una violazione meramente procedimentale ovvero di una forma di irregolarità inidonea a determinare l'invalidità della delibera di approvazione, integrando, per contro, un vizio sostanziale che determina l'illegittimità della delibera consiliare (Tar Lazio-sezione IIbis, n. 11588/2020 e giurisprudenza anche del Giudice d'Appello, Consiglio di Stato n. 3813/2018).

Di diverso avviso il Tar per la Calabria-Catanzaro-sezione II (sentenza 30 luglio 2015, n. 1319), per il quale, nel caso esaminato, «la contestata violazione dei termini, in sé, non risulta essere stata idonea di ledere in concreto il diritto all'informazione e alle garanzie partecipative del consigliere ricorrente, … tenuto conto del fatto che il ricorrente ha avuto comunque un congruo termine per la conoscenza degli atti in questione».

Secondo il Viminale, la norma che richiede il deposito degli atti almeno venti giorni prima della riunione consiliare risponde a una specifica esigenza di corretta informazione dei consiglieri comunali in merito alle questioni soggette a deliberazione; non sembra pertanto corretta - scandisce il Viminale - una riduzione di tale termine, anche se tutti i consiglieri dovessero essere d'accordo sulla riduzione del numero dei giorni per il deposito. Ciò è confortato anche dalla sentenza del Tar Campania n. 1868/2019, secondo cui «Il mancato rispetto del termine per il deposito e la messa a disposizione dei consiglieri comunali, termine previsto dall'art.227 del d.lgs. n.267/2000, determina una lesione del cd. ius ad officium dei consiglieri comunali, integrando uno specifico profilo di legittimità».

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