Fisco e contabilità

Dalla Sicilia il grido d'allarme dei ragionieri comunali: senza personale e formazione impossibile andare avanti

La lettera aperta di 66 responsabili del servizio finanziario ai ministri dell'Interno e della Pa e all'assessore per le Autonomie Locali della Regione Siciliana

All'Onorevole Ministro dell'Interno

All'Onorevole Ministro per la Pubblica Amministrazione

All' Onorevole Assessore per le Autonomie Locali della Assessore delle autonomie locali e della funzione pubblica

della Regione Siciliana

Oggetto: Criticità riscontrate negli enti locali e proposte dei Responsabili dei Servizi Finanziari

Onorevoli Ministri e Onorevole Assessore,

I responsabili dei servizi finanziari degli enti locali intendono rappresentare con la presente relazione una situazione di grave disequilibrio funzionale creatasi ormai da oltre un decennio nelle istituzioni di maggiore prossimità con il cittadino.

I quasi 8mila Comuni italiani erogano quotidianamente servizi pubblici essenziali, fondamentali per garantire la qualità della vita dei cittadini: i servizi alla persona, l'assistenza agli anziani, il sostegno alle tante fragilità sociali, le scuole, il terzo settore, le case protette, i servizi culturali, lo sport, solo per fare qualche esempio. Durante il periodo emergenziale i comuni hanno mostrato grande capacità di resilienza, reinventando, da un giorno all'altro, la modalità di erogazione di taluni servizi, potenziando i servizi di protezione civile e garantendo, in modo esemplare, il servizio di polizia locale.

Il Pnrr prevede inoltre che una quota cospicua delle linee di investimento coinvolga direttamente gli enti locali ai quali viene assegnato anche un ruolo di primo piano nella realizzazione delle opere pubbliche e nelle verifiche di regolarità delle relative spese e procedure.

Nel medesimo Pnrr però è anche prevista una riforma della pubblica amministrazione che la Commissione europea nelle sue Raccomandazioni annuali chiedeva da tempo all'Italia. La riforma si è resa necessaria poiché, nell'ultimo decennio, le restrizioni della spesa pubblica, con il blocco del ricambio ("turnover"), hanno generato una significativa riduzione del numero dei dipendenti pubblici. Le politiche degli ultimi anni, che hanno consentito scivoli per andare in quiescenza con tempi anticipati, hanno ulteriormente aggravato ed accelerato il fenomeno rendendolo quasi ingestibile. Oggi nella Pa italiana si registra una percentuale di dipendenti che si colloca nettamente al di sotto della media Ocse. L'età media del personale è superiore ai 50 anni e gli investimenti in formazione negli ultimi 15 anni sono stati più che dimezzati. In questo quadro a tinte fosche i dati degli enti locali sono quelli che fanno rilevare le situazioni peggiori.

I provvedimenti messi in campo, nel passato più recente, dal legislatore nazionale per arginare il fenomeno hanno infatti previsto delle cure ricostituenti solo per le amministrazioni centrali, laddove le nuove assunzioni, gli aumenti retributivi da Ccnl, le varie "una tantum" sono poste a carico del bilancio dello Stato, mentre negli enti locali resistono ancora complessi meccanismi di calcolo necessari a comprendere se si possa o meno assumere, per scoprire infine che, anche se si è virtuosi, perché si ha una spesa del personale bassa rispetto alla media delle entrate, di fatto, non si può assumere perché non può essere garantita nel tempo la sostenibilità finanziaria delle nuove assunzioni. Tale assunto è tanto più vero quando l'ente in questione si trova in una situazione di crisi congiunturale (caro energia, caro materiali, aumenti retributivi, una tantum, ecc.) o strutturale (enti con piani di riequilibrio pluriennali o in dissesto) e peraltro il fenomeno è connotato da tratti quasi drammatici nel Sud Italia, dove le percentuali di riscossione delle entrate proprie sono molto basse sia per i degradati contesti socio-economici ma anche a causa delle minori capacità reddituali medie. Legare quindi le capacità assunzionali alla media delle entrate ed alla capacità di riscossione finisce con l'avere effetti distonici rispetto alle finalità di potenziamento di certi servizi che si intendevano perseguire. E gli enti con maggiori difficoltà sono intrappolati in una spirale perversa che li trascina sempre di più verso il baratro. Si pensi inoltre alla sperequazione esistente tra i dipendenti delle amministrazioni centrali che possono formarsi accedendo gratuitamente alla Sna ed i dipendenti degli enti locali per i quali la frequenza dei medesimi corsi è consentita solo a pagamento ed è comunque subordinata alla preliminare approvazione da parte della stessa Sna.

A causa di tutti questi fattori - considerati anche i numerosi nuovi adempimenti posti a carico delle amministrazioni locali che devono necessariamente essere assegnati ai pochi dipendenti rimasti, gravati così da carichi di lavoro quasi insopportabili e da grandi responsabilità connesse al rispetto dei tempi procedimentali ed alla necessità di creare valore pubblico - si assiste, da ultimo, ad una vera e propria fuga del personale. Il problema quindi non è solo di recruitment ed attraction, in quanto non si trova nuovo personale disposto a lavorare negli enti locali, ma è anche soprattutto un problema di employee retention ascrivibile non solo allo stress emotivo, che spesso sfocia in fenomeni di burnout, ma anche alle tensioni esistenti nei rapporti con la classe politica, agli stipendi bassi (molto più bassi di quelli di altre amministrazioni centrali) che crescono meno dell'inflazione (Vedasi ultimo rapporto Aran), all'impossibilità di utilizzare la leva economica degli incentivi a causa del blocco dei tetti delle risorse dei contratti decentrati integrativi che svilisce la dignità dei lavoratori, alla impossibilità di mettere in atto politiche di welfare. Si pensi che anche lo straordinario ha dei tetti appiattiti verso il basso e non modificabili rispetto al passato e quindi chi, con grande senso di responsabilità, si ferma oltre l'orario di lavoro per completare un compito o una procedura lo fa in modo assolutamente volontario, nella consapevolezza di svolgere una missione per la quale non vi sarà alcun riconoscimento economico. Per arginare la mobilità dal comparto enti locali ad altri comparti, il legislatore è stato costretto ad introdurre, in controtendenza con i principi europei, il nulla osta che limita lo spostamento da un'amministrazione all'altra. La misura adottata, tuttavia, non sembra risolvere in modo sostanziale la criticità ed ha il sapore di una soluzione palliativa.

Le analisi fin qui condotte, muovono dalla situazione personale e lavorativa dei dipendenti ma finiscono ben presto con lo sfociare in una dimensione ben più ampia in cui rilevano fortemente gli interessi pubblici e la tenuta dei sistemi. Gli ultimi report della Cosfel registrano un aumento nel numero degli enti sottoposti a procedure di riequilibrio o che hanno dichiarato il dissesto soprattutto nel Sud Italia.

Tenuto conto di tutte queste criticità, la revisione dell'assetto organizzativo degli enti locali non è solo la risposta ad esigenze connesse al riconoscimento di condizioni migliori al personale impiegato in questo comparto, che come ampiamente detto sta vivendo situazioni di forte sperequazione rispetto ad altri dipendenti della pubblica amministrazione, ma si tratta soprattutto di tentare di mettere gli enti in equilibrio funzionale affinchè possano continuare a garantire al meglio l'esercizio delle funzioni istituzionali loro assegnate dalla Costituzione Italiana. La mancanza di un equilibrio funzionale crea maladministration e allontana il Paese dalla realizzazione del valore pubblico che oggi invece si vorrebbe venisse declinato da ogni amministrazione appartenente ai vari livelli di governo. Non solo non si genera nuovo valore pubblico ma non si riesce a recuperare il gap di arretrato che si accumula distruggendo anche quel poco di valore preesistente. É di tutta evidenza, infatti, che il disequilibrio funzionale genera disequilibrio finanziario. Il mancato potenziamento degli uffici delle entrate, degli uffici della riscossione, degli uffici di controllo hanno portato nel tempo alla perdita di ingenti risorse. L'innovazione digitale rischia di non essere colta in pieno a causa dell'impossibilità di assumere personale con specifiche competenze informatiche che possa guidare la transizione aumentando di conseguenza il digitale divide.

Il legislatore che non prevede risorse statali per le assunzioni negli enti locali ha agito come se vigesse già un'autonomia finanziaria perfetta, ma così purtroppo non è. Numerosi provvedimenti legislativi, susseguitisi negli anni, come anche molti interventi giurisdizionali nomofilattici, hanno ridotto le entrate degli enti senza che, in modo concomitante, venissero disposti trasferimenti compensativi riducendo, di fatto, la capacità di spesa degli enti. Molti provvedimenti, inoltre, non sono improntati alla semplificazione e viene chiesto agli enti di produrre una quantità di dati che spesso sono ridondanti e che, lungi dall'assolvere a funzioni informative sulle reali situazioni, diventano ulteriori orpelli adempimentali che sottraggono tempo ad altre attività.

É noto a tutti che i diritti di solidarietà sociale, garantiti dalla Costituzione Italiana, la cui realizzazione è affidata agli enti locali, richiedono ingenti risorse per essere realizzati. Non si tratta solo di risorse finanziarie ma si tratta del patrimonio intangibile di competenze professionali, di capacità organizzative, di managerialità, di comportamenti, di propensione alla risoluzione dei problemi che non si improvvisano e che non possono essere dati come esistenti quando invece si registrano costantemente e diffusamente pericolosi deficit.

I sindaci, in particolare, sono sempre più chiamati a dare immediate risposte alle comunità amministrate, continuamente sottoposti al giudizio dei cittadini, immersi in uno scenario che merita di essere attenzionato rispetto alla oramai complessità del governo locale sul quadro istituzionale italiano.

Alla luce delle criticità esposte, al fine di scongiurare pericolose tensioni sociali prospettiche, i responsabili dei servizi finanziarii chiedono che gli enti locali vengano posti al centro di un'importante riforma che possa accompagnarli nella revisione degli assetti delle risorse umane e finanziarie, senza maggiori costi a carico dei bilanci locali e con la creazione di percorsi di formazione facilmente accessibili e gratuiti e a tal fine si rendono disponibili sin d'ora a fornire il loro contributo ed il loro punto di vista privilegiato derivante dal ruolo svolto nel tempo di garanti degli equilibri finanziari.

Firmato

Cognome e Nome del Responsabile del Servizio Finanziario - Comuni

1. Agosta Samatha, Giarratana

2. Alfieri Antonietta, Tusa

3. Angileri Filippo, Marsala

4. Bartolone Elisabetta Già, Barcellona Pozzo di Gotto

5. Basile Alessandro, Vittoria

6. Basile Bohuslav Paolo, Palermo

7. Benfante Angelo, Santa Flavia

8. Bongiovanni Salvatore, Gioiosa Marea

9. Busacca Bruno, Santa Croce Cameria

10. Calabrese Carmelo, Novara di Sicilia, Venetico, Lipari

11. Camarda Domenico, Altavilla Milicia e Campofelice di Fitalia

12. Cicero Antonio, Alimena

13. Colletto Antonino, Castronovo di Sicilia e San Giovanni Gemini

14. Costa Nicola, Leonforte e Cerami

15. De Francesco Rosanna, Montalbano Elicona

16. Di Baudo Gioacchino, Valledolmo e Villalba

17. Di Benedetto Maria Grazia, Regalbuto

18. Di Dio Angelo, Calascibetta e Villarosa

19. Di Martino Maria, Acate

20. Erba Pino, Caltagirone

21. Faluci Rocco, Butera

22. Fici Bianca, Misilmeri

23. Fontana Ambrogio, Baucina

24. Franchina Maria Alfonsa, San Salvatore di Fitalia

25. Gagliano Anna Rita, Santo Stefano Quisquina

26. Galanti Grazia Maria Concetta, Scicli

27. Genovese Andrea, Salaparuta

28. Greco Salvatore, Ficarazzi

29. Iacono Giovanna, Comiso

30. Interlicchia Giuseppe Valguarera, Caropepe

31. La Torre Angela, Taormina e Gaggi

32. Lisa Maria, Torregrotta

33. Lupo Nunzio, Bronte

34. Maccotta Fabrizio, Pantelleria

35. Marsala Katia Maria, Calatafimi Segesta e Vita

36. Mauro Girolama, Santa Ninfa

37. Mazzù Giovanni, Merì

38. Menza Angelita, Gravina di Catania

39. Mileti Antonio, Frazzanò e Raccuja

40. Minnuto Maria Grazia, Alia

41. Modica Vincenzo, Rosolini

42. Monastero Giulia, Sutera e Pietraperzia

43. Morello Maria Rita, Monterosso Almo

44. Morgante Francesca, Spadafora e Valdina

45. Mormino Michela, Alcara Li Fusi

46. Motisi Maria Pia, Partinico

47. Mustica Rosalia, Assoro

48. Musumeci Valentina, Pollina e Santo Stefano di Camastra

49. Olivo Matteo, Torrenova

50. Pantaleo Pietro, Campobello di Mazara

51. Pennino Rosalba, Calatabiano

52. Pitrola Fortunato, Campobello di Licata

53. Puglia Francesca, Rodì Milici

54. Ravì Sebastiano, Termini Imerese

55. Restuccia Lucia, Villafranca Tirrena

56. Rigano Rossella, Roccalumera

57..Rinaldi Franca, Castel di Lucio

58. Schillirò Rosa Maria, Mirto

59. Smiriglia Giuseppina, Sant'Agata di Militello

60. Tabone Ignazio, Villabate

61. Torre Carmelo, Patti

62. Trovato Domenico, Castroreale

63. Truglio Antonella, Barcellona Pozzo di Gotto

64. Vaccaro Carmela Maria, Malvagna

65. Vinci Tiziana, Alcamo

66. Vitale Piera, Cinisi

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