Personale

Enti non virtuosi, nessuna assunzione senza il piano di rientro

Queste amministrazioni non possono utilizzare le capacità assunzionali residue del quinquennio antecedente al 2020

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di Gianluca Bertagna

A più di un anno dall'entrata in vigore del decreto ministeriale 17 marzo 2020, continuano senza sosta le richieste di intervento alla magistratura contabile per avere chiarimenti sulla corretta applicazione dei nuovi parametri previsti dall'articolo 33 del Dl 34/2019 ai fini di conoscere le reali possibilità assunzionali dei Comuni. È la volta della Corte dei conti della Sicilia che, con la deliberazione n. 61/2021, ha esaminato il caso degli enti non virtuosi ovvero quelli che hanno un rapporto tra spese di personale ed entrate correnti al netto del fondo crediti dubbia esigibilità superiore ai valori soglia stabiliti in base alle fasce demografiche di appartenenza.

Chiarito qualche settimana fa che le Unioni di comuni non applicano l'articolo 33 del decreto Crescita (si veda NT+ Enti locali & edilizia del 16 aprile) i nuovi parametri assunzionali valgono esclusivamente per i Comuni, i quali, come noto, vengono classificati in tre diverse situazioni: enti virtuosi con un basso rapporto tra spese di personale ed entrate correnti, enti "di mezzo" con un medio rapporto ed enti non virtuosi con un'alta percentuale dell'indicatore.

Per i Comuni non virtuosi è previsto l'obbligo di rientrare nei limiti del valore soglia più alto entro il 2025 pena l'abbassamento del turn over al 30%. Se questo è il principio rimangono i dettagli. Su due di questi è stata interpellata la Corte dei conti della Sicilia con i quesiti in esame.

La prima questione riguarda la possibilità di utilizzare le capacità assunzionali residue del quinquennio antecedente al 2020. A tal proposito i magistrati contabili non possono che rimandare all'articolo 5, comma 2, del Dm 17 marzo 2020 per ricordare che tale previsione non trova applicazione nei confronti degli enti con un elevato rapporto fra spese di personale ed entrate correnti. La deroga, infatti, vale solo per Comuni che hanno una bassa incidenza della spesa di personale sulle entrate correnti, ovvero che sono "virtuosi"; e, in particolare, per quelli che applicano la Tabella 2 del Dm, i quali beneficiano dei resti, secondo l'orientamento della RgS, se questi rappresentano una più favorevole alternativa agli spazi assunzionali concessi dal decreto. I Comuni che, già in partenza, si collocano oltre il limite della tabella 1 (articolo 4, comma 1, del decreto), sono necessariamente esclusi dal novero degli enti legittimati ad avvalersi della norma speciale sull'utilizzo dei resti assunzionali.

Secondo dubbio: gli enti non virtuosi possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato anche nel caso in cui la programmazione dei fabbisogni di personale 2021-2023 non sia in grado di dimostrare un percorso di graduale riduzione annuale del rapporto tra spese di personale ed entrate correnti? Secondo la Corte dei conti la risposta non può che essere negativa. L'articolo 6, comma 1, del decreto attuativo impone agli enti con elevata incidenza di spese di personale di adottare ‘un percorso di graduale riduzione annuale del suddetto rapporto fino al conseguimento nell'anno 2025 del predetto valore soglia. Di conseguenza, la previsione (e la conseguente effettuazione) di assunzioni è da ritenersi consentita solo nella misura in cui sia assicurato l'assolvimento dell'obbligo di graduale rientro annuale prescritto dalla norma.

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