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Gare falsate da accordi tra imprese: il Consiglio di Stato spiega come scovare gli indizi

La "pratica concordata" in una gara in più lotti inficia la oncorrenza come un'intesa vera e propria

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di Roberto Mangani

L'intesa restrittiva della concorrenza che provoca un'alterazione nello svolgimento della procedura di gara ed è sanzionata a livello di normativa antitrust non presuppone un vero e proprio accordo tra le imprese, essendo sufficiente una "pratica concordata" che può essere rappresentata anche da un contatto diretto o indiretto tra le stesse volto appunto ad influire sul regolare andamento della gara.

In particolare, costituisce indizio dell'esistenza di una "pratica concordata" la circostanza che in una gara suddivisa in lotti più imprese hanno presentato ciascuna un ribasso elevato su singoli lotti evitando tuttavia ogni sovrapposizione tra le offerte, e quindi nei fatti annullando ogni tipo di competizione. Se a questo indizio si aggiungono delle evidenze documentali da cui risulta che prima della gara le imprese concorrenti hanno concordato un tavolo comune per coordinare i rispettivi comportamenti in vista della presentazione delle offerte, la sussistenza della "pratica concordata" non può essere messa in discussione.

Sono questi i principi fondamentali affermati dal Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 ottobre 2020, n. 5884 con una pronuncia che presenta un duplice profilo di interesse: da un lato riassume i caratteri fondamentali dell'intesa restrittiva della concorrenza, dall'altro definisce tali caratteri in relazione a una fattispecie concreta, dando quindi concretezza agli elementi indicativi della sussistenza di tale fattispecie.

Il fatto
La Consip aveva bandito una procedura di gara per l'affidamento di alcuni servizi di supporto e assistenza alla funzione di audit e sorveglianza.
La gara era suddivisa in lotti e il criterio di aggiudicazione era quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
In relazione al concreto svolgimento della gara l'Autorità Garante della concorrenza e del mercato (Agcm) adottava un provvedimento sanzionatorio nei confronti di alcuni concorrenti ritenendo che gli stessi avessero posto in essere un'intesa restrittiva della concorrenza, con la finalità di condizionare gli esiti della gara alterandone il corretto funzionamento.

Secondo i contenuti del provvedimento i concorrenti, coordinandosi preventivamente tra loro, avrebbero presentato offerte differenziate per i vari lotti concertate secondo uno schema condiviso, in base al quale, a fronte di un'offerta tecnica con caratteristiche sostanzialmente equivalenti per tutti i lotti, le offerte economiche erano differenziate: l'offerta di un singolo concorrente presentava un ribasso elevato sul singolo lotto a fronte di altre offerte con ribassi contenuti, e ciò era avvenuto a rotazione con riferimento a tutti i lotti.

Secondo l'Agcm quest'ultimo aspetto era particolarmente significativo. Infatti in base a questo meccanismo le offerte con i ribassi più elevati non si erano mai sovrapposte sul singolo lotto, indice di un intento spartitorio volto a eliminare la concorrenza in relazione all'affidamento di ciascun lotto.

Il provvedimento dell'Autorità veniva impugnato davanti al giudice amministrativo dalle imprese destinatarie dello stesso. Il giudice di primo grado respingeva tuttavia i motivi di ricorso, ad eccezione di quelli relativi all'entità della sanzione pecuniaria, che conseguentemente veniva ridotta.

La decisione del Tar veniva impugnata davanti al Consiglio di Stato da parte di una delle imprese concorrenti. In particolare a fondamento dell'appello il ricorrente evidenziava da un lato che l'Agcm non aveva tenuto conto che le caratteristiche della gara erano tali da impedire ogni pratica concertativa; dall'altro, che non era stata fornita alcuna prova dell'esistenza di un contatto "qualificato" tra i concorrenti, tale da far prefigurare l'effettiva sussistenza di un'intesa restrittiva della concorrenza.

L'intesa restrittiva della concorrenza
In via di inquadramento preliminare il Consiglio di Stato ricorda i principi elaborati dalla giurisprudenza ai fini della definizione dell'intesa restrittiva della concorrenza.

Tale intesa può realizzarsi secondo due diverse modalità: un vero e proprio "accordo" ovvero una "pratica concordata". Quest'ultima è qualcosa di meno di un accordo in senso proprio, risolvendosi in una forma di coordinamento e cooperazione che in ultima analisi si sostanzia in una concertazione a danno del libero dispiegarsi del gioco concorrenziale.

A differenza dell'accordo, la "pratica concordata" non contempla una vera e propria manifestazione di volontà delle parti né un piano organico condiviso, essendo sufficiente un mero contatto diretto o anche indiretto tra le imprese. A livello di legislazione antitrust le pratiche concordate costituiscono prova indiretta dell'esistenza di un accordo, rappresentando quindi non una fattispecie sostanziale compiutamente definita quanto piuttosto una fattispecie strumentale la cui ricorrenza costituisce indice probatorio dell'esistenza di un'intesa restrittiva della concorrenza.

Anche il giudice comunitario ha individuato l'accordo e la "pratica concordata" come due forme collusive che condividono la medesima natura e sono entrambe riconducibili al genere "intesa restrittiva della concorrenza", distinguendosi tra loro solo per la diversità di intensità e di forme che le caratterizza.

Proprio perché la "pratica concordata" ha un'intensità e una forma meno vincolante del vero e proprio accordo, la stessa si può realizzare anche mediante contatti diretti o indiretti tra le imprese, volti ad alterare le fisiologiche condizioni di mercato.

I contatti "qualificati" tra concorrenti
Secondo le contestazioni mosse dall'Agcm le imprese, attraverso una serie di contatti sviluppati prima della presentazione delle offerte, hanno evitato di competere tra di loro formulando dei ribassi molto elevati ognuna su un lotto di interesse, mentre sugli altri lotti ogni impresa non presentava offerta ovvero presentava offerte di appoggio, palesemente inidonee ad aggiudicarsi il lotto. In sostanza, le imprese evitavano accuratamente di sovrapporre sui singoli lotti le loro offerte competitive, dando luogo nei fatti a una spartizione dei lotti medesimi.

Ciò era evidente anche alla luce del fatto che tutte le offerte presentate dalle imprese si assestavano su due livelli di riferimento: percentuale del 30/32 % di ribasso per le offerte destinate all'aggiudicazione dei singoli lotti e percentuale del 10/15% di ribasso per le offerte di appoggio. La presenza di offerte tutte attestate in maniera uniforme su tali valori costituiva un evidente indice di anomalia, che faceva presumere una concertazione preventiva.

Tale presunzione ha trovato poi conferma in una serie di documenti reperiti presso le imprese. Tali documenti rendevano evidente che le stesse, in vista dello svolgimento della procedura di gara, avevano deciso di incontrarsi tra loro per creare un tavolo comune e concordare un'azione congiunta. In particolare, le imprese si riunivano tra loro per condividere una strategia ripartitoria, ponendo in essere addirittura delle simulazioni pre – gara. A fronte di tali riscontri documentali risultavano del tutto insoddisfacenti le spiegazioni che le imprese hanno fornito per giustificare la loro condotta anomala, facendo riferimento a elementi relativi alle loro strategie aziendali.

A quest'ultimo proposito il giudice amministrativo sottolinea come ciò che è richiesto al provvedimento accusatorio è che lo stesso sia assistito da quella che può essere definita "congruenza narrativa", secondo cui la pluralità di indizi concordanti costituisce l'unica spiegazione plausibile alla ricostruzione storica posta alla base del provvedimento medesimo o sia comunque nettamente preferibile a qualunque ricostruzione alternativa.
A fronte di tale elemento che evidenzi in maniera congrua e logica la sussistenza di evidenti indizi in ordine all'esistenza di una pratica concordata anticoncorrenziale, incombe sulle medesime imprese accusate di aver posto in essere tale pratica l'onere di fornire un'adeguata spiegazione alternativa che dimostri invece la liceità dei loro comportamenti.

L'intesa restrittiva e le procedure di gara
Come si può facilmente ricavare dalle caratteristiche del caso prese in considerazione dalla sentenza in commento la possibile contestazione di un'intesa restrittiva della concorrenza può costituire uno strumento molto incisivo anche ai fini di assicurare il regolare svolgimento delle gare.

D'altro canto, non si può ignorare che è anche uno strumento che va utilizzato con le dovute cautele, in quanto presuppone che gli elementi probatori a supporto della dimostrazione dell'intesa restrittiva siano solidi e convergenti. Ciò anche alla luce della circostanza sopra evidenziata secondo cui, a fronte di una "congruenza narrativa" sottesa al provvedimento sanzionatorio, vi è una sorta di inversione dell'onere della prova, nel senso che sono i concorrenti investiti da tale provvedimento a dover dimostrare che il loro comportamento è riconducibile a ragioni diverse dalla presunta intesa restrittiva.

Occorre anche considerare il rapporto tra questa fattispecie, propria della normativa antitrust, e la fattispecie penale della turbata libertà degli incanti. E' evidente che le due fattispecie non sono pienamente sovrapponibili, rispondendo a logiche e a finalità diverse. E' tuttavia plausibile che gli elementi posti a fondamento dell'intesa restrittiva della concorrenza possano costituire quanto meno degli indici ai fini della configurabilità del reato penale.

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