Il CommentoAmministratori

Subito una cura unificata per le crisi dei Comuni

di Stefano Campostrini e Marcello Degni

Nella sentenza 219/2022 la Corte costituzionale è tornata a occuparsi del dissesto dei Comuni. Si conclude con un monito al legislatore che «nell’apprestarsi a riformare la normativa sulla crisi finanziaria degli enti locali, potrà prestare adeguata attenzione alle diverse esigenze che si contrappongono».

Le diverse esigenze che si producono quando un Comune entra in crisi sono analizzate, da diversi anni ormai, dall’Università Ca’ Foscari di Venezia che insieme a Ifel pubblica un rapporto annuale sui Comuni, giunto alla sua quinta edizione. Il volume, oltre mille pagine introdotte dal presidente dell’Anci Antonio Decaro, è una base informativa e di analisi e affronta una serie di temi oggi di sostanziale interesse per gli Enti locali. Il Rapporto racconta che negli ultimissimi anni le crisi dei Comuni sono aumentate notevolmente. Nel 2021 si registrano 65 casi, (e 56 del 2020), nonostante le importanti risorse indirizzate agli Enti locali per contrastare gli effetti economici della pandemia. Nel 2022 i dati provvisori indicano un numero superiore ai 40 casi. Il rischio è quello che, venuto meno l’anestetico dei contributi straordinari, si torni al livello del 2019, in cui ben 88 Comuni hanno registrato gravi problemi finanziari. Le procedure attive tra dissesti e riequilibri sono 465, concentrate in Calabria, Campania e Sicilia. La criticità aumenta con la dimensione dei Comuni. Con il predissesto di Palermo tutte le grandi città del Sud eccetto Bari mostrano gravi segni di squilibrio.

La ricerca indica anche il che fare, suggerendo una strada per la riforma del Titolo VIII del Tuel, dato che il riequilibrio finanziario non è riuscito a risolvere le criticità finanziarie. Lo stesso si può dire per il dissesto, fondato su un approccio aziendalistico che non considera che i Comuni, enti a rilevanza costituzionale che svolgono funzioni fondamentali, non possono in nessun caso essere sciolti.

Passaggi utili sono intervenuti nella legislatura appena conclusa e possono essere ripresi. Si tratta del progetto di riforma avviato dal Mef e oggetto di un disegno di legge (atto Camera 3149) che aveva iniziato, con approccio bipartisan, l’iter a Montecitorio; e dei provvedimenti a favore dei Comuni in difficoltà attivati dall’ultima legge di bilancio, dal milleproroghe e dal Dl Aiuti, che subordinano i contributi alla sottoscrizione di un accordo tra governo e Comune, sulla base di una logica di sostegno, assistenza tecnica e responsabilizzazione. La cornice per una riforma condivisa, che riunifichi in una unica procedura di risanamento le attuali disposizioni, superando lo stigma del dissesto, è ormai matura. Attività diretta e controllo della Corte dei conti possono essere potenziati e l’invito della Consulta attuato in tempi rapidi.

Una soluzione organica alla criticità finanziaria è funzionale al successo del Pnrr di cui Comuni e Città metropolitane sono un importante soggetto attuatore per circa 40 miliardi. Come precisa il Rapporto, i Comuni sono anche beneficiari di iniziative delle Pa centrali e soggetti che contribuiscono a individuare l’area più idonea per interventi superiori. Senza un robusto risanamento finanziario non sarà possibile rispettare la quota del 40% da destinare al Sud. Occorre inoltre correggere l’approccio dirigistico del Piano, attivando un robusto processo bottom up, capace di suscitare partecipazione, comunicazione e collaborazione. In parallelo si dovrà urgentemente pensare alla formazione e al recruitment delle competenze. Il rapporto sarà all’assemblea nazionale Anci in programma a Bergamo da domani a giovedì.