Appalti

Impresa Condotte/1. L'obiettivo è allungare il debito con le banche e ripartire

di Alessandro Arona

(nella foto Duccio Astaldi, presidente del Consiglio di Gestione di Condotte d'Acqua Spa)

Non è una crisi industriale, un calo di fatturato o di commesse , ad aver spinto Condotte d'Acqua Spa a utilizzare la procedura di cui all'articolo 161 comma 6 della Legge Fallimentare, l'"istanza penotativa" o "richiesta di concordato in bianco". Procedura che blocca immediatamente ogni azione esecutiva dei creditori, ma rinvia a un secondo momento (sessanta giorni salvo proroghe del giudice) la presentazione del piano di concordato per la ristrutturazione del debito, l'eventuale cessione di beni e il rilancio dell'attività aziendale.
Non una crisi industriale, dunque, visto che le commesse stanno arrivando copiose, in Italia e all'estero, facendo crescere il portafoglio a oltre sei miliardi di euro (5,6 miliardi a fine 2016), quanto piuttosto una crisi di liquidità, dovuta alle difficoltà a incassare: cantieri bloccati o che avanzano al ralenti per colpa delle stazioni appaltanti o di imprevisti, Sal realizzati e non pagati, extracosti non riconosciuti (con contenziosi aperti e dai tempi lunghi).

La società , a capo di un gruppo che le vale 1,3 miliardi di euro di fatturato consolidato e la posizione numero tre nella classifica dei gruppi di costruttori in Italia, non rilascia dichiarazioni doposi vedano le tabelle) evidenziano un valore dei debiti finanziari netti (+ leasing) sì elevato, 496 milioni su 1.315 di ricavi, ma in linea con altri grandi imprese e inferiore ad esempio al dato di Astaldi o o di Cmc.

La procedura ex articolo 161 sembra dunque uno strumento, nelle intenzioni temporaneo, per costringere le banche ad allungare il debito e continuare a sostenere la crescita della società, nella relazione al bilancio indicata a 1,4 miliardi di fatturato nel 2019 e bilanci con utili in crescita.

Il bilancio 2016 di Condotte (estratto)

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