Amministratori

Adunanza plenaria, la nomina del commissario ad acta non esautora l'amministrazione

Ciascuno dei due soggetti può attuare quanto prescritto dalla sentenza fintanto che l'altro non abbia provveduto

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di Amedeo Di Filippo

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato scioglie, con la sentenza n. 8 del 25 maggio, il nodo dell'esercizio del potere in caso di nomina di un commissario ad acta: il potere dell'amministrazione e quello del commissario sono concorrenti, nel senso che ciascuno dei due soggetti può dare attuazione a quanto prescritto dalla sentenza fintanto che l'altro soggetto non vi abbia concretamente provveduto.

La questione
L'Adunanza plenaria è stata chiamata a chiarire se la nomina del commissario ad acta comporti per l'amministrazione la perdita del potere di provvedere sull'originaria istanza, a causa dei diversi gli orientamenti giurisprudenziali in materia: per il più risalente, il potere-dovere dell'amministrazione di dare esecuzione alla pronuncia verrebbe meno già dopo la nomina del commissario; uno successivo ritiene che l'esautoramento dell'organo inottemperante si verificherebbe solo con l'operatività dell'investitura commissariale ovvero dopo il suo "insediamento"; uno ulteriore sostiene che la competenza commissariale rimane concorrente con quella dell'amministrazione, che continua ad operare nell'ambito delle attribuzioni che la legge le riconosce e che non prevede siano estinte con l'insediamento del commissario.
L'Adunanza ha condiviso questo terzo orientamento, ritenendo che l'amministrazione non perde il proprio potere di provvedere in presenza della nomina e dell'insediamento di un commissario e fino a quando lo stesso non abbia provveduto. Fino a tale momento si verifica «una situazione di esercizio concorrente del potere da parte dell'amministrazione, che ne è titolare ex lege, e da parte del commissario, che, per ordine del giudice, deve provvedere in sua vece».

Il potere
Premettono i giudici che la nomina del commissario si fonda su due presupposti: che il giudice debba sostituirsi all'amministrazione e che tale circostanza si verifichi nell'ambito della sua giurisdizione. Egli dunque svolge compiti ausiliari del giudice dopo la decisione di sostituirsi all'amministrazione inadempiente, talché è funzionale all'effettività della tutela giurisdizionale. Per questo la disciplina normativa esclude che a questi possa essere riconosciuta la natura di organo (straordinario) dell'amministrazione, anche quando non deve dare seguito a specifici aspetti già definiti dalla sentenza ma debba adottare atti amministrativi, anche di natura provvedimentale, effettuando valutazioni e scelte normalmente rientranti nell'esercizio del potere discrezionale dell'ente.
L'attività del commissario non concretizza una "sostituzione" nell'esercizio di poteri né tantomeno ricorre un'ipotesi di trasferimento dei poteri dall'amministrazione commissariata. Tali effetti derivano direttamente dalla pronuncia del giudice, per cui il momento genetico non si ritrova nella norma attributiva del potere all'amministrazione bensì nella sentenza, il cui momento funzionale non è (almeno direttamente) rappresentato dalla cura dell'interesse pubblico bensì dall'effettività della tutela giurisdizionale.

La concorrenza
La natura distinta del potere esercitato dal commissario rispetto a quello dell'amministrazione soccombente già costituisce, ammettono i giudici, chiara indicazione in ordine alla "concorrenza" della competenza del primo con quella della seconda: il commissario svolge compiti ed esercita specifici poteri in virtù del munus conferitogli dall'atto di nomina da parte del giudice e dalla decisione da attuare, senza che vi sia alcuna sostituzione o trasferimento. Questo comporta anche che gli atti emanati dal commissario, non essendo espressione di potere amministrativo, non sono annullabili in autotutela e qualora l'amministrazione intenda dolersene potrà esclusivamente rivolgersi al giudice dell'ottemperanza. Qualora il commissario adotti atti dopo che l'amministrazione abbia già provveduto a dare attuazione alla decisione, gli stessi sono da considerarsi inefficaci e la loro rimozione può essere richiesta al giudice dell'ottemperanza o del giudizio sul silenzio. Allo stesso modo per la speculare ipotesi di atti adottati dall'amministrazione dopo che il commissario abbia provveduto.

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