Avvocatura comunale, esclusione dal concorso, reclutamento e incarichi dirigenziali
La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.
La collocazione dell’avvocatura comunale nella struttura dell’ente
Il Tar Basilicata, sezione I, con la sentenza 21 novembre 2025, n. 531, ha confermato che l’autonomia dell’avvocatura comunale interna non risulta compromessa dalla sua collocazione in posizione di staff agli organi di governo. Al contrario, la mancata sottoposizione a strutture di coordinamento amministrativo – come dipartimenti o direzioni generali – rappresenta un elemento che ne rafforza l’indipendenza funzionale.
La decisione ha chiarito anche che è legittima una riorganizzazione che concentri alcuni aspetti gestionali del personale amministrativo dell’avvocatura presso un diverso settore dell’ente (nel caso esaminato, la polizia locale), così come la soppressione della posizione dirigenziale dedicata. A garantire l’effettiva autonomia dell’ufficio intervengono infatti altri fattori: adeguata dotazione di personale e mezzi e, soprattutto, la previsione che le direttive operative siano impartite dall’avvocato coordinatore, responsabile del funzionamento del servizio amministrativo.
Legittima l’esclusione dal concorso se la busta con le generalità è aperta
L’inserimento della busta piccola contenente le generalità del candidato non sigillata all’interno della busta grande dell’elaborato costituisce una violazione immediata e oggettiva del principio di anonimato, tale da determinare l’esclusione dalla procedura concorsuale. La circostanza che l’irregolarità sia dipesa da una svista non rileva, poiché la garanzia dell’anonimato richiede che la commissione sia posta al riparo da qualsiasi possibilità di collegare l’elaborato all’identità del candidato.
Non può essere attivato neppure il soccorso istruttorio: intervenire sul confezionamento dell’involucro significherebbe sostituirsi a un adempimento che spetta integralmente al concorrente, con effetti distorsivi sulla parità di trattamento. Si tratta, del resto, della naturale applicazione del principio di autoresponsabilità, che impone ai candidati di sopportare le conseguenze degli errori commessi nelle varie fasi della procedura.
La correttezza dell’esclusione e l’impossibilità di ricorrere al soccorso istruttorio sono quanto stabilito dal Consiglio di Stato, sezione VI, nella sentenza 25 novembre 2025, n. 9213, in coerenza con l’indirizzo dell’adunanza plenaria n. 28/2013.
Società pubbliche e reclutamento del personale
Il Tar Lazio-Roma, sezione II, con la sentenza 21 novembre 2025, n. 20809, ha ribadito che le controversie relative alle procedure di assunzione del personale nelle società a partecipazione pubblica rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario. Il reclutamento dei dipendenti non è infatti soggetto al regime del pubblico concorso, poiché le società partecipate operano con modelli organizzativi di natura privatistica ai sensi dell’articolo 19 del Dlgs 175/2016.
Le selezioni interne a questi organismi, pertanto, non comportano l’esercizio di un potere amministrativo, ma incidono su diritti soggettivi e su scelte gestionali volte a tutelare un interesse privatistico: quello alla corretta ed efficiente amministrazione delle risorse aziendali.
Incarichi dirigenziali negli enti locali: non è valida la clausola di rinnovo automatico
La clausola che prevede il rinnovo automatico dell’incarico dirigenziale contrasta con i principi che regolano l’organizzazione degli enti locali. Ogni decisione di proseguire l’incarico deve derivare da una valutazione autonoma e attuale dell’amministrazione, che tenga conto dei risultati conseguiti, degli obiettivi futuri e dell’assetto complessivo della struttura. L’incarico dirigenziale, per sua natura, non può essere governato da automatismi, ma da scelte organizzative motivate e rinnovate nel tempo.
Resta fermo che la qualifica dirigenziale non attribuisce un diritto alla continuità dell’incarico, né consente l’applicazione dell’articolo 2103 del codice civile, essendo la dirigenza pubblica locale caratterizzata da fungibilità e prevalenza dell’interesse organizzativo dell’ente.
Questi principi rappresentano quanto ha ribadito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell’ordinanza 2 novembre 2025, n. 28938, che ha richiamato un orientamento ormai stabile nella giurisprudenza di legittimità.



