Rifiuti speciali senza Tari solo in seguito alla presentazione della denuncia
La Cassazione ha confermato che la presentazione della dichiarazione e la prova in capo al contribuente della produzione e dello smaltimento a sua cura dei rifiuti speciali è condizione indispensabile per poter fruire dell’esclusione dalla tassa sui rifiuti delle superfici dove gli stessi sono prodotti.
La recente ordinanza della Corte di cassazione n. 29265/2025 ha affrontato il caso di una ditta che chiedeva l’esclusione dalla tassa sui rifiuti delle superfici in cui si producono rifiuti speciali, evidenziando preliminarmente che il presupposto del tributo è il possesso o la detenzione di locali o aree scoperte operative suscettibili di produrre rifiuti urbani. Conseguentemente, il comma 649 dell’articolo 1 della legge 147/2013 esclude dal computo della superficie quella parte di essa in cui si producono, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento deve provvedere direttamente il produttore, ponendo tuttavia in capo allo stesso l’onere di comprovare sia le superfici in cui tale produzione avviene, nonché l’avvenuto smaltimento a sua cura e spese dei rifiuti speciali prodotti. Si tratta infatti, ricorda la Corte, di una eccezione alla regola generale di assoggettamento al tributo di tutte le superfici dei locali e delle aree possedute o detenute.
Tale onere probatorio richiede che sia presentata la denuncia, originaria o di variazione, nella quale devono essere evidenziati sia i rifiuti prodotti ma soprattutto deve essere delimitata la superficie in cui avviene la loro produzione continuativa e prevalente. Quest’ultima, per la Corte, non è un mero adempimento formale, ma una condizione essenziale per poter beneficiare dell’esenzione, tenuto conto che la dichiarazione ha la funzione di porre l’ente nella condizione di poter effettuare tempestivamente i riscontri e le verifiche indispensabili per accertare i presupposti di fatto per la concessione dell’esclusione dal tributo.
Peraltro, ha precisato la Corte, l’omissione dell’obbligo dichiarativo non può sostituirsi con altri strumenti di prova (vedasi anche l’ordinanza della Cassazione n. 8595/2025. La Corte, infatti, «ha già avuto modo di precisare come, al fine di ritenere assolto da parte del contribuente l’obbligo di indicare i presupposti per l’esenzione o la riduzione tariffaria nella denuncia originaria o in quella di variazione, in base a elementi obiettivi direttamente rilevabili o a idonea documentazione, non è sufficiente la sola dimostrazione successiva della sussistenza di un'ipotesi di esenzione connessa alla tipologia di rifiuto prodotto (Cassazione 8595/2025, cit.)».
In definitiva, l’esclusione dal prelievo è subordinata all’adempimento formale dichiarativo, correlato della prova della produzione di rifiuti speciali, in via continuativa (ossia di regola) e prevalente (vale a dire con una produzione sostanzialmente non apprezzabile di rifiuti urbani), dell’avvenuto smaltimento a cura del produttore stesso, tramite soggetti autorizzati. Prova che può essere fornita, in sede di dichiarazione mediante la presentazione di contratti, di formulari di smaltimento dei rifiuti, di dichiarazione ambientali, ossia di relazione tecniche idonee a comprovare quanto sopra. Ci si interroga se questo onere dichiarativo sia correttamente adempiuto mediante la sola presentazione della dichiarazione iniziale, ovvero se sia necessario ripetere la presentazione della dichiarazione e dei correlati elementi probatori anche nelle annualità successive, pur in assenza di variazioni. Da un lato è noto che la dichiarazione tari ha valenza ultrattiva, ossia deve essere presentata solo in caso di variazioni incidenti sulla determinazione del tributo; tuttavia, l’onere probatorio gravante sul contribuente richiede non solo la delimitazione delle superfici in cui si producono rifiuti speciali, ma anche l’avvenuto smaltimento a cura del produttore. Circostanza questa che necessiterebbe di una prova annuale, considerando l’autonomia dei periodi di imposta. Tuttavia, sul punto i regolamenti comunali prevedono diverse discipline, stabilendo talvolta adempimenti semplificati (ad es. con la presentazione annuale di dichiarazioni sostitutive), seguiti da controlli campionari e altre volte invece imponendo la presentazione annuale della dichiarazione con tutti gli elementi probatori. Previsione ritenuta legittima dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione, ordinanza n. 33863/2022, la quale ricorda che: «: …l'articolo 1, comma 649, della legge n. 147 del 2013 rinvia, in materia di esenzioni dal pagamento della Tari, ai regolamenti comunali. a disciplina in questione lungi dal costituire un inutile e sterile onere burocratico, comportando un rigido controllo non solo dei presupposti per ottenere l'esenzione dalla Tari ma anche della loro permanenza nel tempo». Con la conseguenza che il mancato adempimento, non surrogabile con altri strumenti, comporta il venir meno dell’esclusione.
Questi principi dovrebbero trovare applicazione anche per quelle tipologie di attività, come quelle industriali, i cui rifiuti prodotti nei reparti di lavorazione (e nei magazzini connessi) sono considerati per legge sempre speciali (articolo 183, comma 1, lettera b-sexies, Dlgs 152/2006). Per queste utenze, per le quali di fatto si verifica l’esclusione dalla superficie rilevante ai fini della Tari di quella riferita ai reparti di lavorazione e ai magazzini funzionalmente ed esclusivamente connessi (e non anche di quella di locali di diversa natura, come mense, spacci, ufficio, altri depositi, eccetera), la previsione normativa potrebbe far ritenere superfluo l’obbligo dichiarativo; obbligo che tuttavia, alla luce dei principi della Corte, appare comunque necessario ai fini dell’esclusione di legge.
Resta irrisolta la problematica dell’applicazione della quota fissa sulle superfici in cui si generano rifiuti speciali. Seppure il comma 649 dell’articolo 1 della legge 147/2013 faccia riferimento all’esclusione della superficie, il che potrebbe far pensare a una detassazione totale delle aree, la Corte di cassazione ha recentemente e ripetutamente evidenziato che anche nelle aree in cui si producono rifiuti speciali resta dovuta la quota fissa del prelievo, in quanto destinata al finanziamento di costi di servizi indivisibili di interesse generale (vedasi lo spazzamento stradale) e ai costi fissi e di struttura relativi al servizio di gestione integrata dei rifiuti, che rappresenta un servizio di interesse generale, finalizzato all’igiene urbana. Costi alla cui copertura devono concorrere tutte le utenze presenti sul territorio, a prescindere dall’utilizzo qualitativo e quantitativo del servizio (pronunce n. 13455/2024-23228/2024-14038/2019-16994-16995/2020-5360/2020-22772-22773/2021-29542/2021-32603-32604/2021). Sul punto anche il nuovo sistema tariffario approvato dall’Arera, con la deliberazione n. 396/2025 (TICSER), decorrente dal 2028, precisa che la nuova componente “decoro urbano” deve essere pagata da tutte le utenze. Sul punto sono aperte delle interlocuzioni e proposte di legge volte a una nuova disciplina normativa della fattispecie, le quali dovranno però trovare il giusto equilibrio tra ripartizione del prelievo, equità dello stesso e sostenibilità dei conti comunali.
(*) Vicepresidente Anutel
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