Avvocatura interna, progressioni economiche, incarchi e inidoneità alle mansioni
La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.
Irap e compensi professionali per l’avvocatura interna
L’amministrazione deve preventivamente accantonare, nell’ambito del fondo di incentivazione, le somme da lei dovute (quale datore di lavoro) per far fronte agli obblighi tributari, ivi compresa l’Irap, relativi ai compensi professionali spettanti agli avvocati interni. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza 21 febbraio 2024, n. 4681, in merito all’Irap sui compensi dovuti agli avvocati comunali. Ciò comporta il divieto di operare qualsiasi trattenuta (per la quota dovuta dall’ente a titolo di Irap o di altri tributi) in sede di liquidazione dei compensi medesimi, avendo l’ente già garantito adeguata copertura finanziaria agli obblighi in questione che, pertanto, gravano definitivamente sul bilancio dell’ente. Qualora l’amministrazione non abbia costituito adeguata provvista non può legittimamente rivedere gli importi da riconoscere agli avvocati, deducendo dagli stessi quanto necessario per il pagamento dell’Irap.
Progressioni economiche e decorrenza del beneficio
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 4631 del 21 febbraio 2024, ha dichiarato che è illegittima la previsione dell’ente che subordina il diritto alla progressione economica alla presenza in servizio alla data di approvazione della relativa graduatoria. Il suddetto criterio non è previsto a livello contrattuale e si scontra con la retroattività al 1° gennaio dell’anno; pertanto, una volta effettuata la valutazione, hanno diritto al beneficio anche i dipendenti che medio-tempore siano andati in pensione.
Incarico di posizione organizzativa conferito con atto illegittimo
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell’ordinanza n. 4256 del 16 febbraio 2024, ha ritenuto che il dipendente al quale sia stato conferito un incarico di posizione organizzativa, in base ad atto illegittimo per difetto dei presupposti di legge (quindi, esercizio di fatto dell’incarico), abbia comunque diritto alla retribuzione di posizione e di risultato che sono state predeterminate dall’ente. Nella sentenza si trovano le seguenti indicazioni: la posizione organizzativa si distingue dal profilo professionale e individua, nell’ambito dell’organizzazione dell’ente, funzioni strategiche e di alta responsabilità che giustificano il riconoscimento di un’indennità aggiuntiva; inoltre, ove il dipendente venga assegnato a svolgere le mansioni proprie di una posizione organizzativa, previamente istituita dall’ente, e ne assuma tutte le connesse responsabilità, la mancanza o l’illegittimità del provvedimento di formale attribuzione non esclude il diritto a percepire l’intero trattamento economico corrispondente alle mansioni di fatto espletate, ivi compreso quello di carattere accessorio, che è diretto a commisurare l’entità della retribuzione alla qualità della prestazione resa.
Tentativi di “recupero” in caso di inidoneità alle mansioni
L’Amministrazione non può procedere alla dispensa dal servizio per inidoneità fisica o psichica prima di aver esperito ogni utile tentativo, compatibilmente con le strutture organizzative dei vari settori e con le disponibilità organiche dell’Amministrazione, per recuperare l’impiegato al servizio attivo, in mansioni diverse, purché compatibili con le attitudini personali e i titoli posseduti, appartenenti alla stessa qualifica o, in caso di mancanza di posti, previo consenso dell’interessato, alla qualifica inferiore. È questa la sintesi fornita dall’Aran, nella newsletter n. 5 del 6 marzo 2024 con riguardo all’ordinanza n. 4640 della Corte di cassazione, sezione lavoro, del 21 febbraio 2024.