Entrate, la risposta all'interpello vale solo per il destinatario
Il tema è oggettivamente delicato e per questo motivo puntualmente disciplinato dallo Statuto del contribuente (legge 212/2000)
La mole delle risposte agli interpelli sul superbonus pubblicate sul sito istituzionale delle Entrate, la cui complessità aumenta a fronte della varietà dei casi e dei continui cambiamenti normativi, induce a chiedersi quale sia il reale valore di tali risposte e quanto tutelato il legittimo affidamento dei contribuenti circa il contenuto di tali pareri.
Il tema è oggettivamente delicato e per questo motivo puntualmente disciplinato dallo Statuto del contribuente (legge 212/2000); il cui articolo 11 regola il diritto di interpello distinguendo, innanzitutto, gli effetti delle risposte nei confronti dei contribuenti che hanno presentato le relative istanze, rispetto alla generalità degli altri contribuenti.
Il diritto all’interpello “ordinario” consiste nella facoltà di ogni contribuente d’interpellare l’Agenzia circa la corretta modalità di tassazione di casi concreti e personali, rispetto a cui non sia chiaro quali siano le norme fiscali da applicarsi o quale sia la giusta interpretazione delle stesse. È richiesto che il contribuente istante illustri la soluzione a suo giudizio corretta: essa si assumerà condivisa da parte delle Entrate, in caso di mancata risposta entro il termine di 90 giorni.
Per regola legale la risposta all’interpello, espressa o implicita che sia, è vincolante solo per l’amministrazione fiscale; e solo nei confronti del contribuente che ha presentato la questione concreta. Significa che quest’ultimo non potrà subire maggiori tassazioni, da parte nessuna articolazione del Fisco, in dissonanza rispetto all’interpretazione fornita per il suo caso specifico. Qualora ciò avvenisse, l’intero recupero erariale – dato dal valore sia dell’imposta, sia delle sanzioni, sia degli interessi – è nullo di diritto.
In ogni caso, tale contribuente resta sempre libero di discostarsi dal parere negativo ricevuto, consapevole che il suo agire difforme giustificherà recuperi d’imposta (che potranno essere contestati, semmai, in contenzioso).
Il contribuente che ha presentato l’interpello è dunque largamente tutelato, anche in relazione ai suoi comportamenti futuri riconducibili al caso esaminato (salvo che l’Erario muti orientamento, cosa che comunque non varrebbe per le operazioni già compiute).
Viceversa, è tutelato in maniera minore l’affidamento che la generalità degli altri soggetti ripone sulla correttezza dei pareri, resi noti per la loro valenza generale. I comportamenti dei contribuenti terzi, infatti, conformi alle indicazioni contenute nelle risposte, sono tutelati nel senso che non possono mai giustificare l’irrogazione di sanzioni o la richiesta di interessi (anche se le indicazioni di prassi venissero modificate successivamente); ma non sono sufficienti, di per sé, a impedire eventuali recuperi d’imposta. Il contribuente può sempre invocare il contenuto di una risposta a un interpello per giustificare la correttezza del suo operato: ma se non è il diretto destinatario della risposta stessa, potrebbe fare i conti con la diversa misura della tutela che l’ordinamento riconosce.