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«La rigenerazione urbana è il business del futuro e le engineering sono l'interlocutore delle Sgr»

Alessandro Pandolfi, consigliere delegato di Pro Iter, spiega la svolta strategica del gruppo milanese

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di Massimo Frontera

Nell'immagine il parco del nuovo quartiere Milanofiori Nord, commissionato a Pro Iter Group da Milanofiori 2000 Srl
«La rigenerazione urbana sarà il business del futuro; noi puntiamo molto sulle grandi trasformazioni urbane che sicuramente caratterizzeranno le operazioni più importanti nelle grandi città. Basti pensare alla necessità di ridurre il consumo del suolo, su cui il legislatore ha dato un'indicazione chiara; poi ci sono le tante aree e immobili in mano a Cdp, poi c'è l'esigenza di fare importanti investimenti su ospedali, poliambulatori per la medicina del territorio, case di cura per anziani e scuole». Alessandro Pandolfi, consigliere delegato del gruppo Pro Iter (circa 10 milioni di fatturato consolidato e 140 addetti), con alle spalle 23 di storia e attività di engineering nel settore pubblico (in Italia e all'estero) e nel settore privato, crede fermamente che il driver delle costruzioni nei prossimi anni sia la rigenerazione urbana. Nonostante la farraginosità del disegno di legge all'esame del Senato, nonostante tutte le incertezze sulla proroga del superbonus, il business della rigenerazione urbana «non può non partire». «D'altra parte - fa osservare Pandolfi - le città sono piene di "cadaveri", ampie aree da trasformare, riqualificare e tornare a sfruttare; e sarebbe da irresponsabili andare a toccare aree verdi. Un esempio sono le manifatture tabacchi: ne stiamo seguendo tante in varie città, anche perché nessuna amministrazione è felice di avere aree degradate all'interno del proprio territorio».

Il gruppo ci crede così tanto alla rigenerazione urbana che ha modellato e strutturato le tre società che attualmente compongono il gruppo Pro Iter in modo funzionale alla "produzione" di interventi complessi sul territorio urbano, «i cui passaggi fondamentali - spiega il consigliere della società - comprendono innanzitutto la demolizione delle preesistenze e la bonifica del sito, attività che seguiamo con Pro Iter Ambiente, poi è necessario realizzare le urbanizzazioni primarie e secondarie delle quali ce ne occupiamo con Pro Iter infrastrutture ed infine la realizzazione degli edifici, per la quale mettiamo in campo la Pro Iter Project & Construction Management».

In questo scenario, l'interlocutore di riferimento del gruppo non è certo l'impresa realizzatrice (con la quale l'engineering si confronta, e spesso si scontra, nel ruolo di direttore dei lavori) bensì il committente e promotore dell'iniziativa, cioè le Sgr e gli investitori. E qui c'è la scommessa più grande di Pro Iter: quella cioè di puntare sulla "centralità del progetto" - che è anche il mantra di Pandolfi - convincendo investitori, promotori e committenti, che partire con un progetto solido e definito conviene sempre, perché evita perdite di tempo, incrementi di costi, riserve e contenziosi.

«L'esperienza di anni di attività sia con il privato che con il pubblico - racconta Pandolfi - ci dice che mentre negli appalti pubblici la centralità del progetto ha fatto grandi passi avanti, al punto che senza un progetto validato non si può pubblicare il bando dei lavori, nel settore privato il committente troppo spesso affida i lavori sulla base di un progetto con un livello di definizione insufficiente e frutto della sommatoria di contributi specialistici di operatori differenti, che spesso però non sono congruenti tra di loro». E che succede? «Succede che per acquisire l'appalto l'impresa formula un ribasso economico aggressivo, sicura di recuperare marginalità attraverso revisioni progettuali e varianti in corso d'opera; tutto ciò comporta però un aumento dei tempi e dei costi di realizzazione dell'investimento, oppure una riduzione della qualità dell'opera per rispettare il budget iniziale».

««Tutti i nodi dovuti alla debolezza del progetto emergono nel corso della direzione lavori. Il progetto e l'iter approvativo - sottolinea il consigliere di Pro Iter - dovrebbero essere a mio avviso invece supersolidi e definiti, con una comprensibile eccezione per le personalizzazioni richieste dai tenant, in modo che i costruttori possano concorrere sulla capacità di realizzare quell'oggetto al prezzo minore e nel minor tempo».

«Il salto sulla centralità del progetto che ha interessato gli appalti pubblici - insiste il consigliere di Proiter - deve necessariamente essere fatto anche nel settore dell'edilizia privata». «Anche perché - assicura - nei risparmi economici delle minori riserve delle imprese ci sta tutto lo spazio per pagare un'ingegneria adeguata, nel momento in cui l'ingegneria può governare l'intero processo».

In sintesi, la proposta dell'engineering milanese al mondo della committenza privata è di una chiarezza cristallina: invece di mettere in mano a un'impresa un progetto debole o frammentato che si presta incrementi di costi e di tempi, affidatevi a una società di progettazione per "blindare" tempi e costi con un progetto definito nel dettaglio, che potrà andare a bando senza sorprese. Detto ancora più chiaramente, la scommessa del gruppo milanese - e più in generale delle engineering finora confinate nei soli ruoli di verificatori del progetto, progettisti o direttore dei lavori - è di affermarsi come Project and construction manager nei confronti delle Sgr, favorendo cioè l'esternalizzazione pressoché totale da parte del committente delle funzioni più strategiche legate alla gestione e al controllo dell'operazione immobiliare. «Centralità del progetto, è questa la cosa essenziale - torna a insistere Pandolfi - : il successo dell'operazione sta solo in questo: appaltare un progetto che non fa acqua».

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