Nullo l’avviso Imu che non motiva il mancato riconoscimento dell’esenzione per gli alloggi sociali
È nullo l’avviso di accertamento Imu privo di specifica motivazione del diniego dell’esenzione prevista per gli alloggi sociali, dichiarata dall’ente proprietario (Iacp) pur se con la mera barratura dell’apposito campo del modello dichiarativo riservato alle esenzioni, senza ulteriore specificazione, non contemplata dallo stesso.
Questo è quanto ha stabilito la sentenza della Corte di Cassazione n. 27020 del 8/10/2025, in materia di esclusione degli alloggi sociali dall’imposta municipale propria stabilita dall’articolo 13, comma 2, lettera b, del Dl 201/2011 (fino al 2019) e dall’articolo 1, comma 741, lettera c), punto 3), della legge 160/2019.
Le norme appena sopra citate prevedono, rispettivamente, l’esclusione dall’Imu e l’assimilazione all’abitazione principale (esclusa da Imu se non appartenente alle categorie catastali A/1-A/8-A9) degli alloggi sociali, come definiti dal Dm 22/4/2008.
La sentenza si occupa della discussa questione circa la spettanza di questi benefici anche agli ex istituti autonomi case popolari (Iacp), ossia agli enti di edilizia residenziale pubblica variamente denominati nelle Regioni, trattando però la diversa questione della motivazione dell’avviso di accertamento con cui il Comune disconosca l’esenzione richiesta dall’istituto tramite la presentazione della dichiarazione.
In merito alla spettanza dell’esclusione (assimilazione) anzidetta, la sentenza fa riferimento ai precedenti della medesima Corte che hanno affermato che la stessa compete anche agli ex Iacp, limitatamente agli immobili che sono in sede di locazione destinati e inquadrabili tra gli alloggi sociali, in quanto idonei e volti a soddisfare la medesima finalità pubblica (Cassazione Sezione Tributaria, 8 marzo 2024, n. 6380; in senso analogo: Cassazione, sezione tributaria, 23 maggio 2024, n. 14511 e 14515; Cassazione, sezione tributaria, 14 febbraio 2025, n. 3824).
La Corte ha precisato che nella fattispecie grava sull’istituto uno specifico obbligo dichiarativo, secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 5-bis, del Dl 102/2013, e oggi ribadito dall’articolo 1, comma 769, della legge 160/2019. Tuttavia, il modello di dichiarazione Imu da utilizzare nella fattispecie, ossia quello “ordinario” (Dm 30/10/2012 all’epoca dei fatti, oggi Dm 24/04/2024) e non quello specifico previsto per gli enti non commerciali, che riguarda solo l’esenzione dall’Imu prevista per tali enti dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del Dlgs 504/1992 e dall’articolo 1, comma 759, lettera g), della legge 160/2019, contempla solo uno specifico campo da barrare per le esenzioni, che non consente, perciò, di individuare in modo agevole la specifica esenzione invocata dal contribuente nell’ambito dell’elenco previsto dalla legge.
Nel caso di avviso di accertamento con cui il comune disconosca l’esenzione dichiarata dal contribuente, la Cassazione ha ricodato che, in generale, lo stesso si ritiene motivato quando includa tutti gli elementi necessari per far comprendere al contribuente il contenuto della pretesa impositiva e di esercitare quindi in modo puntuale il diritto alla difesa. Non è necessario, ha ricordato la Corte, indicare le ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (Cassazione, sezione tributaria, 20 novembre 2024, n. 29485; Cassazione, sezione tributaria, 28 febbraio 2025, n. 5350, n. 5352 e n. 5356). Fa eccezione il caso in cui si sia in presenza di una richiesta dettagliata e specifica da parte del contribuente, effettuata in sede di dichiarazione (Cassazione 31726/2024).
Tuttavia, nella specifica fattispecie dell’esenzione richiesta in sede di dichiarazione semplicemente barrando l’apposita casella, in assenza di specifiche informazioni di dettaglio non richieste e non contemplate dal modello, la Corte, con la sentenza qui in esame, ha ritenuto che, pur potendo quanto sopra in apparenza rafforzare l’orientamento relativo all’assenza di specifica motivazione del diniego dell’esenzione (proprio perché il modello di dichiarazione non consentirebbe all’ente impositore di individuare quale sia quella richiesta dal contribuente e quindi di poter contestare in modo specifico la sua spettanza), evidenzia la necessità di un’esegesi “evolutiva” dell’articolo 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, sottolineando che l’onere motivazionale a carico dell’ente impositore sia flessibile e graduabile, dovendo rapportarsi e commisurarsi all’accuratezza e alla specificità delle allegazioni dedotte dal contribuente in ordine al possesso dei requisiti soggettivi e/o oggettivi per beneficiare di una determinata esenzione.
Nello specifico caso degli “alloggi sociali”, la Corte ha sottolineato come l’esenzione postuli una preventiva cognizione del Comune sull’individuazione, sulla disponibilità e sulla utilizzazione degli alloggi muniti dei requisiti previsti dal Dm 22/04/2008 nell’ambito della propria circoscrizione, grazie alle competenze riservategli dalla legislazione statale e regionale in materia di assegnazione di questi alloggi alle famiglie svantaggiate. Questa situazione consente al Comune un accesso alle informazioni relative all’anagrafe degli alloggi sociali, delle quali l’ente non può non tenere conto in sede di controllo della dichiarazione pervenuta per l’esenzione di legge. Nella fattispecie l’esenzione richiesta dall’ex Iacp con il modello dichiarativo Imu, barrando genericamente la casella “esenzioni”, vista la provenienza qualificata della richiesta da un ente pubblico abilitato per legge all’esercizio esclusivo di funzioni riguardanti l’edilizia residenziale pubblica, rendeva chiaro ed inequivoco il riferimento a quella prevista per gli “alloggi sociali”.
In sostanza, poiché la richiesta di esenzione non poteva che riferirsi, vista la provenienza, a quella degli alloggi sociali e tenuto conto dell’accessibilità da parte del Comune, soggetto principale gestore dell’edilizia residenziale pubblica e di quella residenziale sociale, per la Corte, era necessaria una puntuale motivazione nell’avviso di accertamento in merito anche alle cause del mancato riconoscimento dell’esenzione richiesta, determinandone la sua carenza la relativa nullità.
Va osservato che, anche contestualizzata nelle normative vigenti all’epoca dei fatti esaminati dalla Corte (ante 2020), in realtà la norma di legge prevedeva una specifica indicazione anche della fattispecie di esenzione richiesta in sede dichiarativa, rammentando che l’articolo 2, comma 5-bis, del Dl 102/2013, citato anche dalla sentenza della Corte di Cassazione, imponeva al contribuente di attestare nella citata dichiarazione “il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli immobili ai quali il beneficio si applica”, attestazione che, anche in assenza di specifiche indicazioni contenute nel modello dichiarativo avrebbe dovuto comunque essere resa nello stesso (anche utilizzando il campo “annotazioni”). Circostanza che avrebbe reso applicabile il principio generale sancito dalla Cassazione in base al quale non è obbligo dell’ente impositore indicare nell’avviso le ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile.
Va inoltre osservato che la fattispecie esaminata dalla sentenza è da ritenere oggi soggetta all’obbligo del contraddittorio preventivo, di cui all’articolo 6-bis del Dl 212/2000, tenuto conto che l’avviso di accertamento con cui si disconosce un’esenzione dichiarata dal contribuente non rientra nelle fattispecie escluse dalla legge e dal Dm 24/04/2024 (atti di controllo automatizzato o sostanzialmente automatizzato, atti di pronta liquidazione e atti di controllo formale). Contraddittorio che avrebbe senza dubbio risolto il problema della motivazione dell’atto.
(*) Vicepresidente Anutel
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