Urbanistica

Pnrr, la rivoluzione verde riparte da 60 miliardi: la fetta più alta finisce al 110%

L’obiettivo generale dell’esecutivo è realizzare «la transizione verde ed ecologica della società e dell’economia»

di Celestina Dominelli

Per accelerare la svolta “green” contenuta nella seconda missione, dedicata alla «Rivoluzione verde e transizione ecologica», il Piano nazionale di ripresa e resilienza mette sul piatto 59,5 miliardi di euro che salgono a quasi 70 miliardi includendo anche le risorse del React-Eu (1,31 miliardi) e l’apporto del Fondo complementare (9,16 miliardi). A conti fatti, si tratta del 40% dei fondi complessivamente previsti dal Piano. L’obiettivo generale dell’esecutivo è realizzare «la transizione verde ed ecologica della società e dell’economia per rendere il sistema sostenibile e garantire la sua competitività».

Gli assi della rivoluzione verde

Tale spinta viene quantificata nello stesso Piano: l’impatto sul Pil della missione 2 è pari al 3,6% complessivo considerando l’intero orizzonte temporale del Recovery Plan (2021-2026), con la componente “Transizione energetica e mobilità sostenibile” che farà registrare l’incidenza maggiore (1,6% del Pil) e che rappresenta quella con il più alto livello di risorse, pari a 23,8 miliardi di euro, rispetto alle quattro previste dalla Missione (le altre sono Agricoltura sostenibile ed economia circolare con 5,27 miliardi, Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici con 15,36 miliardi, Tutela del territorio e risorsa idrica con 15,06 miliardi). Mentre la voce più finanziata del Recovery Plan è quella dell’efficientamento energetico e sismico dell’edilizia residenziale e pubblica, con 13,95 miliardi di euro di investimenti, dietro ai quali figura il sostegno al superbonus al 110% che è stato al centro di un forte scontro politico (si veda anche l’analisi in pagina).

Macro e microinterventi

Ma il supporto al 110% - si punta ad assicurare la ristrutturazione di oltre 100mila edifici a regime - è solo una delle 43 misure della missione 2 che destina il secondo più consistente pacchetto di fondi allo sviluppo di un trasporto locale più sostenibile (8,58 miliardi), dove la voce più piccola è il rafforzamento della mobilità ciclistica con 600 milioni di euro (200 milioni per la realizzazione di 56 chilometri di piste ciclabili urbane e metropolitane e i restanti 400 milioni per 1235 km di piste turistiche, tra cui figurano la Ciclovia Vento, 732 km da Venezia a Torino, ma anche quella della Magna Grecia, 1110 km tra Basilicata, Calabria e Sicilia), mentre gli investimenti più consistenti riguardano il rinnovo di flotte e bus verdi (3,64 miliardi, più 600 milioni del Fondo complementare, che serviranno anche ad acquistare 3360 bus a basse emissioni) e lo sviluppo del trasporto rapido massa (3,6 miliardi per realizzare 240 chilometri di rete attrezzata tra metro, tram, funivie e filovie).

Più macrointerventi, dunque, affiancati però anche da tante piccole iniezioni di fondi su diversi rivoli, i cui dettagli sono precisati negli allegati tecnici in inglese trasmessi dal governo a Bruxelles. Come nel caso dei 30 milioni previsti per aumentare la cultura e la consapevolezza su temi e sfide ambientali. Un programma, si legge nelle schede, fondato su tre pilastri: 24 milioni per la produzione di contenuti (120 podcast, 50 video scolastici, 30 documentari e 208 long form destinati alla pubblicazione sui principali organi di stampa); un milione per lo sviluppo di una piattaforma web; 5 milioni per ingaggiare opinion leader e influencer, il cui coinvolgimento «consentirà di raggiungere un pubblico differenziato».

Il fronte dell’idrogeno

E poi c’è il capitolo delle riforme: tredici quelle necessarie, alcune delle quali sono state assorbite nel Dl semplificazioni che, come raccontiamo in queste pagine, ha provato a sveltire la transizione verde ma senza assicurare, lamentano gli operatori, la velocizzazione necessaria per centrare i target “green” che l’Italia deve conseguire. Tra le riforme che restano da fare, invece, ci sono quelle che dovranno assicurare la diffusione dell’idrogeno e la sua competitività anche attraverso la previsione «di incentivi fiscali per l’idrogeno verde in considerazione del suo impatto ambientale neutro». Per questa voce, è previsto un pacchetto da oltre 3,6 miliardi di investimenti distribuiti tra sostegno alle aree industriali dismesse (500 milioni), hard-to-abate (2 miliardi per decarbonizzare alcuni settori, dal cemento all’acciaio, dove, si legge negli allegati tecnici, «un passaggio progressivo all’idrogeno a basse emissioni di carbonio sarebbe una valida alternativa come step intermedio verso l’idrogeno verde»), sperimentazione per il trasporto stradale (230 milioni) e ferroviario (300 milioni), ricerca e sviluppo (160 milioni). E altri 450 milioni serviranno a creare una filiera nazionale.

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