Accertamento esecutivo, per gli enti locali sollecito «impossibile»
Incrocio di competenze sugli avvisi obbligatori per gli atti entro 10mila euro
Si moltiplicano le incertezze sugli accertamenti esecutivi comunali, sia a causa della riforma degli oneri della riscossione sia per le precisazioni sui solleciti date dal dipartimento Finanze a Telefisco 2022 (NT+ Enti locali & edilizia del 31 gennaio).
Va premesso che le sorti dell’accertamento esecutivo comunale presentano differenze significative a seconda del soggetto scelto dal Comune per la riscossione coattiva, in termini di oneri della riscossione e di interessi di mora. Le differenze derivano dal comma 785 della legge 160/2019, il quale prevede che, in caso di affidamento all’agente della riscossione, si applicano «esclusivamente» le disposizioni del comma 792, cioè quelle che disciplinano l’accertamento esecutivo. Non quindi le disposizioni relative agli interessi di mora (comma 802), agli oneri della riscossione (comma 803), ma neanche quelle relative alla rateizzazione (comma 796) e alla decadenza della rateazione.
Si tratta di differenze non di poco conto. Basti pensate agli oneri della riscossione. Fino al 2021 un accertamento esecutivo affidato a un concessionario privato, o riscosso direttamente, era soggetto a un onere della riscossione del 6%, ma con un massimo di 600 euro. Lo stesso accertamento affidato all’Agenzia era soggetto al medesimo onere percentuale, ma senza tetto massimo.
Il primo problema che devono affrontare i Comuni deriva dal fatto che la legge di bilancio 2022 ha previsto l’eliminazione degli oneri di riscossione, per i carichi affidati dal 1° gennaio 2022. È però previsto a carico del Comune un onere dell’1%.
L’atto di accertamento (comma 792, lettera a) deve contenere l’indicazione del soggetto che, decorsi 60 giorni dal termine per il pagamento, procederà alla riscossione. A questo punto, il Comune nel proprio atto di accertamento non dovrà indicare alcun onere della riscossione, se procederà con l’affidamento all’Agenzia, mentre dovrà continuare a indicare il 3-6% se intende riscuotere direttamente o tramite concessionario privato. Quindi, per i contribuenti morosi diventerà più economico l’affidamento all’Agenzia, mentre per i Comuni sarà più costoso, posto che fino al 2021 non era previsto alcun onere per il creditore.
Un’altra criticità deriva dalla risposta data dal Mef a Telefisco 2022 sui solleciti di pagamento previsti dal comma 795, il quale dispone l’invio di un sollecito per importi fino a 10mila euro prima di attivare le procedure cautelari o esecutive. Per il Mef il sollecito va effettuato prima dell’affidamento del carico all’Agenzia, ed è quindi di competenza comunale.
La tesi non convince. Il sollecito è propedeutico all’attivazione delle procedure esecutive e cautelari, e quindi non può che essere fatto dal soggetto incaricato della riscossione coattiva, Agenzia o concessionario.
Con riferimento all’Agenzia, il comma 792, lettera b), prevede l’affidamento del carico decorsi 90 giorni dalla notifica dell’accertamento, quindi indipendentemente dalla notifica del sollecito. È vero che il comma 795 non è applicabile all’Agenzia, ma questo non può implicare l’invio dei solleciti da parte del Comune che non riscuote coattivamente. Peraltro, i solleciti per importi fino a mille euro rimangono comunque di competenza di Ader in forza del comma 544 della legge 228/2012, che prevede l’invio del sollecito «in tutti i casi di riscossione coattiva» fino a mille euro effettuati in base al Dpr 602/1973. Sulla base di un’interpretazione sistematica, si potrebbe quindi sostenere che quanto disposto dal comma 795, così come avviene per tante altre norme, non sia applicabile all’Agenzia.
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di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel