Accrual, un approccio contabile da ripensare
Continua la corsa “indisturbata” della riforma contabile Accrual che vede ancora una volta i dirigenti dei servizi finanziari degli enti locali chiamati a svolgere un ruolo centrale nella ristrutturazione dei processi amministrativi e contabili.
In questo contesto di incertezza e di rilevante rischio professionale, alcuni istituti e strumenti contabili della contabilità finanziaria che hanno rappresentato negli ultimi 10 anni il presidio di prudenza, veridicità dei bilanci e salvaguardia degli equilibri di finanza pubblica a tutela dei principi costituzionali, sembrerebbero perdere pericolosamente importanza nei nuovi standard Itas in Accrual. O forse sarebbe più corretto dire nelle carenze delle nuove regole contabili.
Uno dei pilastri per il mantenimento degli equilibri nei bilanci degli enti locali, che tutti gli organi di controllo e gli stessi governi nazionali, con le norme introdotte, hanno posto al centro della trasparenza, veridicità, attendibilità dei conti pubblici è stato il fondo crediti dubbia esigibilità (Fcde).
Da oggetto del contendere in ambito di confronto e contrattazione tra Anci e Ministero, elemento centrale nelle leggi di bilancio dello Stato degli ultimi anni, istituto sempre attenzionato nell’ambito dei controlli previsti dagli articoli 148 e 148 bis del Tuel, nel passaggio alla contabilità economico-patrimoniale della riforma sembra perdere la caratteristica di strumento di prudenza e garanzia al punto da poter essere pressocché ignorato dalle nuove regole contabili. Nei 18 standard contabili Itas della riforma Accrual, infatti, non si trova alcun riferimento di rilievo al fondo svalutazione crediti (solo qualche accenno alle svalutazioni nell’Itas 8 - riduzione di valore delle attività - e davvero poco altro negli altri Itas), oggetto invece di specifica previsione nell’ allegato 4/3 al Dlgs 118/2011 (che disciplina l’attuale contabilità economico-patrimoniale). Infatti, il punto 4.20 del principio contabile vigente si preoccupa dell’allineamento puntuale con il fondo crediti di dubbia esigibilità della contabilità finanziaria.
L’importante funzione di sterilizzazione della capacità di spesa, ossia di impedire l’utilizzo delle poste di entrata accertate ma ritenute di dubbia o difficile riscossione, dovrebbe limitarsi a rappresentare – non si sa bene in quale misura - solo un meccanismo di rettifica del valore contabile di esposizione dei crediti con un piano dei conti multidimensionale che, allo stato attuale, neanche prevede la voce fondo svalutazione crediti.
Potrebbe emergere il rischio di disallineamento tra contabilità finanziaria e patrimoniale con una sovrastima dell’attivo patrimoniale e conseguente rappresentazione non veritiera della complessiva situazione economico-patrimoniale o ancora una sovrastima del risultato di esercizio; se non si svalutano i crediti, il risultato economico nella contabilità patrimoniale potrebbe risultare più elevato e alterato; potenziali condizionamenti o asimmetrie valutative potrebbero caratterizzare i processi decisionali e gestionali interni.
È solo un esempio, se ne potrebbero fare tanti altri, magari nel frattempo si porrà anche rimedio allo specifico problema, ma per una contabilità che si pone come obiettivo primario la determinazione del cosiddetto “Valore (Patrimonio) Pubblico”, che per la quantificazione del predetto “Valore Pubblico” pone un’attenzione quasi maniacale alla valutazione delle immobilizzazioni materiali da effettuarsi con metodi tanto complessi quanto cervellotici, una simile “svista”, volontaria o meno, rende evidente quanto di fatto l’Accrual non appaia interessata delle dinamiche che oggi governano la contabilità degli enti locali.
Certo lascia perplessi il fatto che, seppur al fine di supportare le amministrazioni negli adempimenti previsti dalla fase pilota della riforma (per il solo esercizio 2025), ci si affidi ancora a un “Modello di raccordo generale” fra il piano dei conti in uso e il piano dei conti unico, ai fini della predisposizione degli schemi di stato patrimoniale e di conto economico conformi alle previsioni dello standard contabile Itas1. Peraltro, il modello è unico ma viene declinato in sei differenti versioni a seconda dell’amministrazione di riferimento.
Sotto questo aspetto, quindi, dovrebbero essere accolte con favore le disposizioni introdotte con il Dm 6 agosto 2025 (in Gazzetta Ufficiale S.G. n 218 del 19 settembre 2025) che all’articolo 3 comma 1 testualmente recita: «I sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche…, devono garantire: la gestione delle registrazioni di contabilità economico-patrimoniale con il metodo della partita doppia» (finalmente nel rispetto degli insegnamenti di Frate Luca Pacioli!). Peccato che il decreto, dopo essersi preoccupato di puntualizzare la necessità che i sistemi informativi garantiscano l’autonomia tra scritture in contabilità economico-patrimoniale e scritture in contabilità finanziaria evitando la duplicazione delle informazioni ma assicurando il rispetto del principio dell’unicità dell’imputazione, non si curi di chiarire come debba essere realizzato tutto questo operativamente.
Il decreto precisa, però, che i collegamenti fra registrazioni in contabilità economico-patrimoniale e in contabilità finanziaria dovranno essere definiti sulla base di una minuziosa ricognizione dei processi e degli eventi contabili, secondo le modalità individuate dai rispettivi ordinamenti contabili, nel rispetto del piano dei conti unico e delle ulteriori classificazioni previste nell’ambito del piano dei conti e del criterio della multidimensionalità.
Toccherà agli enti – leggi Responsabili/Dirigenti dei servizi finaziari – quindi procedere a una puntuale analisi dei propri processi organizzativi «Ciascun processo amministrativo, classificato per ambiti funzionali di riferimento, deve essere scomposto in attività, individuando per ciascuna di esse gli attori coinvolti, le informazioni in ingresso, quelle in uscita e gli eventi contabilmente rilevanti, ossia quelli che generano scritture di contabilità economico-patrimoniale secondo le regole del sistema unico e secondo le voci del Piano dei conti unico» recita il primo comma dell’articolo 5.
L’aggravio di lavoro per gli uffici finanziari è enorme, con tutto quel che implica in termini di responsabilità nonché di successiva valutazione delle performance dei dirigenti/responsabili.
Sarà praticamente inevitabile chiedere supporto ai fornitori di software, sostenendo ulteriori oneri interamente a carico dei rispettivi bilanci.
Ancora una volta in assenza di alcuna verifica preliminare sulla sussistenza e disponibilità di risorse e competenze finanziarie, umane e strumentali, cruciali per l’avvio di una riforma così radicale come quella della nuova contabilità Accrual. Un ripensamento complessivo sarebbe più che auspicabile.
Il top-down approach del Governo sulla nuova contabilità sembra non compatibile con i dispositivi normativi del Tuel, del Dlgs 165/2001 e delle altre norme, anche recenti, che regolano la responsabilità dirigenziale, la valutazione delle performance dei dirigenti dei servizi finanziari nonché la programmazione, la gestione e il controllo degli enti locali. Si rende quanto mai necessario anche un maggiore coordinamento delle norme di funzionamento che regolano la gestione dell’ente locale. Le disposizioni di indirizzo politico-ammnistrativo degli organi di governo, l’organizzazione dei processi operativi (formazione delle risorse umane, interoperabilità delle infrastrutture, gestione del personale) e delle procedure interne potrebbero certamente non bastare a garantire il funzionamento della contabilità dell’ente locale a salvaguardia della finanza pubblica.
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