Riduzione fabbricati inagibili senza dichiarazione Imu se già nota all’ente
La questione della spettanza delle agevolazioni Imu in caso di omessa presentazione della dichiarazione è forte in questi ultimi tempi di un forte dibattito. Alla luce delle rilevanti conseguenze che l’inadempimento formale comporterebbe al contribuente.
L’orientamento della Suprema Corte negli ultimi anni si sta consolidando nell’affermare che la decadenza da un beneficio fiscale in assenza del compimento di un onere di comunicazione espressamente previsto dalla legge è un principio generale del diritto tributario (Cassazione n. 21465 del 2020; Cassazione 5190 del 2022).
In materia di esenzione per i cosiddetti “beni merce” (comma 751 della legge 160/2019), le ordinanze n. 8267/2025-5283/2025-8333/2025-8357/2025-9618/2025 hanno evidenziato che l’obbligo dichiarativo è stabilito a pena di decadenza e che il Comune non può desumere la condizione di bene merce da altre fonti. Ciò perché è onere del contribuente fornire gli elementi probatori del diritto all’esenzione.
La Cassazione ha altresì sottolineato che la dichiarazione deve essere ripetuta ogni anno, in quanto le condizioni che danno diritto all’esenzione possono modificarsi nel tempo (ordinanza n 8357/2025) e che la denuncia tardiva non è valida, in quanto non è applicabile l’istituto della remissione in bonis (ordinanza n. 10390/2025). Evidenziando, altresì’, che l’atto con cui si chiede l’agevolazione è una dichiarazione di volontà e non di scienza, come invece accade di norma per le dichiarazioni tributarie, e quindi non è mai emendabile, con la conseguenza che la sua omissioni preclude il diritto di applicare l’agevolazione (ordinanza n. 8267/2025).
Tale rigorosa posizione non sembra invece condivisa nel caso della riduzione prevista per i fabbricati inagibili, di cui al comma 747 dell’articolo 1 della legge 160/2019. In questa fattispecie, pur se le istruzioni alla dichiarazione Imu prevedono l’obbligo dichiarativo, la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 24259 del 31 agosto 2025, ha ribadito il principio di diritto in base al quale: “«In tema di Imu nell'ipotesi di immobile inagibile, l'imposta va ridotta, ai sensi dell'articolo 13, comma 3, del Dl n. 201 del 2011 (convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011), nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente di cui è espressione anche la regola secondo cui a quest'ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune» Cassazione sezione 6, 26 marzo 2021, n. 8592, Rv. 660884 - 01)”. La Cassazione ha valorizzato in questo caso l’esimente dall’obbligo dichiarativo che si verifica quando l’ente possiede le informazioni necessarie per l’applicazione dell’imposta (Dm 24 aprile 2024), nonché il principio della collaborazione e della buona fede nei rapporti tra ente impositore e contribuente, in base al quale l’ente non può richiedere al contribuente informazioni di cui lo stesso sia già in possesso. Pertanto, ove lo stato di inagibilità dell’immobile sia già noto all’ente impositore non occorre richiedere al contribuente la dichiarazione, per l’applicazione della riduzione di legge.
Tuttavia si può osservare che l’apparente contrasto tra le due posizioni potrebbe in realtà giustificarsi dando rilievo alla circostanza che, nel secondo caso, le informazioni sono già in possesso dell’ente (ad esempio perché lo stesso ha emesso un ordinanza di inagibilità dell’immobile o ha già posto in essere provvedimenti conseguenti allo stato di inagibilità), mentre nel primo sono informazioni che l’ente, pur avendo astrattamente la possibilità di acquisirne conoscenza, non sono già in suo diretto possesso. Si pensi, nel caso dei “beni merci” alla circostanza che gli stessi siano destinati alla vendita, evincibile dall’esame dei bilanci societari ai quali l’ente impositore potrebbe avere accesso, ma non derivante da informazioni già in possesso o fornite all’ente. Infatti, come ha precisato l’ordinanza della Cassazione n. 8280/2025, si deve trattare, però,: “… di una conoscenza “qualificata”, documentabile e derivata dall’esercizio dell’attività amministrativa propria dell’ente territoriale, anche se per finalità extratributarie, che possa far ritenere acquisito un grado di percezione e di cognizione della situazione in termini comparabili ad un accertamento, restando irrilevante la mera ed estemporanea conoscenza di fatto della situazione suscettiva di integrare i presupposti della riduzione di imposta”.
(*) Vicepresidente Anutel
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