Personale

Alla Consulta l'obbligo di restituzione degli stipendi illegittimi

In 10 anni la prescrizione del diritto delle Pa a ripetere i compensi erroneamente corrisposti

di Arturo Bianco

La Corte costituzionale è chiamata a pronunciarsi nei prossimi mesi sulla legittimità delle disposizioni dettate dall'articolo 2033 del codice civile con riferimento al diritto alla ripetizione da parte degli enti pubblici dei pagamenti non dovuti corrisposti ai propri dipendenti. La pronuncia dovrebbe quindi mettere chiarezza nella controversa disciplina della sanatoria della contrattazione decentrata illegittima nel pubblico impiego. Si deve intendere fissata in un decennio la prescrizione del diritto delle Pa a ripetere i compensi erroneamente corrisposti, stabilito che la sanatoria della contrattazione decentrata illegittima è applicabile solamente ai fondi costituti dopo il 2009 e chiarito che non è necessaria, in tali casi, la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo. Sono questi i punti centrali della assai importante e molto ben motivata e articolata sentenza della Sezione Lavoro della Corte di cassazione n. 40004/2021.

Vediamo il punto centrale: l'articolo 2033 del codice civile disciplina il cosiddetto indebito oggettivo, cioè il recupero delle somme che sono state erroneamente corrisposte, stabilendo che spettano gli interessi dal giorno del pagamento se colui che ha ricevuto il compenso era in mala fede e dal giorno in cui la domanda è stata presentata se era in buonafede, con ciò statuendo che anche per i rapporti di lavoro la percezione in buona fede dei compensi non impedisce il recupero. Per giurisprudenza consolidata, infatti, tale disposizione consente il recupero, con limitazioni solo per gli interessi, anche se il dipendente pubblico ha percepito in buona fede il compenso. Una lettura diversa, che affermi la prevalenza della tutela del dipendente si pone in contrasto con la lettera e lo spirito della disposizione. La giurisprudenza comunitaria invece, sulla scorta dei principi dettati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, che però ci viene ricordato dalla Cassazione non determina la disapplicazione automatica delle norme legislative nazionali in contrasto a differenza di quanto previsto per la legislazione comunitaria, si muove in modo consolidato in una direzione diversa, se non opposta: è impedito il recupero nel caso di dipendente in buona fede, anche alla luce del suo legittimo affidamento alla percezione di tali somme e del vincolo alla proporzionalità della ingerenza nel diritto di chiunque al rispetto dei suoi beni. Da qui il possibile contrasto dell'articolo 2033 codice civile con i principi comunitari, nonché con gli articoli 11 e 117 della Costituzione per i compensi erroneamente riconosciuti ai dipendenti pubblici.

La pronuncia detta inoltre una serie di importanti indicazioni ulteriori. In primo luogo, si deve segnalare il chiarimento per cui le Pa hanno nell'attuale quadro normativo il diritto a ripetere le somme illegittimamente erogate ai propri dipendenti negli ultimi 10 anni, decorrenza da calcolare a partire dalla data di effettuazione del pagamento illegittimo, mentre si applica la prescrizione ordinaria al «credito pecuniario per la restituzione delle singole mensilità corrisposte senza titolo». Inoltre, leggiamo che la sanatoria dei fondi per la contrattazione decentrata illegittima dettata dal Dl 16/2014 opera solamente per quelli che sono stati costituiti dopo il 2009, cioè dopo l'entrata in vigore del Dlgs 150/2009. Di conseguenza, questa disposizione non può essere intesa come una sanatoria generalizzata e indiscriminata, ma come una norma che nasce a seguito delle incertezze determinate dall'entrata in vigore della citata riforma Brunetta del 2009, del successivo blocco della contrattazione collettiva nazionale di lavoro e della presenza di un vincolo a che i contratti decentrati dovevano adeguarsi alle novità contenute in questo provvedimento. Inoltre ci viene detto che la sanatoria dei contratti decentrati illegittimi non si estende alla violazione dei vincoli finanziari. Viene altresì stabilito che l'avvio dell'azione di recupero non richiede la comunicazione di avvio del procedimento: siamo nell'ambito della disciplina privatizzata del lavoro nelle Pa e non di un atto amministrativo. Viene infine confermato che le Pa non hanno la possibilità di applicare le norme contrattuali nazionali sul trattamento economico in modo migliorativo per il proprio personale.

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