I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

Bilanci 2026 impegnativi per i Comuni

di Luciano Benedetti (*) - Rubrica a cura di Anutel

I Comuni sono in fermento in vista dell’approvazione dei preventivi 2026 entro dicembre. La definizione dei bilanci è certamente favorita dalla disciplina del Dm 25 luglio 2023; il “bilancio tecnico” rappresenta ormai una preziosa base di partenza ed aiuta a definire in tempo utile i documenti di programmazione. Tuttavia il responsabile finanziario, che nel Comune presidia il procedimento, quando arriva a tirare le somme per il 2026-28 si trova molto spesso di fronte: a) per la parte corrente, a una maggior difficoltà a conseguire l’equilibrio di medio periodo rispetto ai 2-3 bilanci precedenti; b) per la parte investimenti, a un forte slancio per la conclusione delle opere Pnrr nel 2026, seguito da una generale e drastica diminuzione delle risorse nel 2027-28.

Limitandoci a un esame della quadratura di competenza di parte corrente, non è certo semplice per il ragioniere, in assenza di indirizzi dell’organo esecutivo, predisporre in ogni caso il bilancio in equilibrio, riducendo come vuole il Dm gli stanziamenti delle “spese non ricorrenti non impegnate” e poi quelli delle “spese ricorrenti non contrattualizzate non riguardanti le funzioni fondamentali” dell’ente: ciò significa agire proprio sulla parte di spesa discrezionale che più caratterizza l’agire dell’amministrazione in campi quali ad esempio lo sport, la cultura, il turismo.

La quadratura di quest’anno non è semplice e richiede quindi spesso ripetuti e impegnativi passaggi fra tecnici e amministratori, talvolta costretti a scelte difficili e impegnative di aumento delle entrate e/o contenimento delle spese.

I problemi principali sembrano emergere sul lato della spesa. In primo luogo, grava su tutti i Comuni il notevole e atteso aumento della spesa per il personale per i nuovi Ccnl, sulla base delle preintese 2022/24 recentemente siglate sia per il personale del comparto che per segretari e dirigenti; per le nuove assunzioni che ogni ente ha programmato nell’ultimo Piao, seppur nei limiti normativi; infine, su diversi enti anche per l’aumento, facoltativo ma stabile, del fondo per il salario accessorio già deciso o previsto ai sensi dell’articolo 14, comma 1-bis del Dl 25/2025. Non è raro che le amministrazioni debbano attuare in questi giorni un doloroso trade-off fra dei giustificatissimi incrementi retributivi di carattere facoltativo e delle assunzioni importanti per dare continuità alla macchina comunale.

Analogo problema si presenta per i futuri affidamenti dei servizi a maggiore intensità di lavoro (quali la mensa scolastica, le gestioni di asilo nido, i servizi ausiliari di pulizia, vigilanza, custodia, eccetera) ciascuno con analoghi ed inevitabili aspetti di aumento del costo della manodopera. Il fenomeno si avverte anche nel costo per i servizi sociali - ancorché esternalizzati -, peraltro gravati dal crescente peso della gestione dei minori non accompagnati, per la quale i sostegni statali previsti sono parziali e certamente insufficienti.

Il margine di riduzione delle altre spese risulta in genere alquanto modesto; un’influenza più limitata potrebbero semmai avere i costi energetici e per carburanti, che sembrano tornati abbastanza sotto controllo dopo i picchi degli ultimi anni e talvolta sono temperati dall’efficientamento degli edifici dell’ente. Per la maggior parte dei Comuni vi sono inoltre poche residue possibilità di intervento sulla gestione del debito finanziario, sia per la sua tendenziale diminuzione in valore assoluto, sia per le rinegoziazioni attuate negli anni della pandemia che ne hanno allungato le scadenze. Va ricordato poi che in diversi Comuni si va verso la messa in esercizio di servizi derivanti da opere Pnrr con costi di gestione aggiuntivi. Infine, appare difficile una compressione degli accantonamenti e, fra questi, si fa sentire il peso del moderato ma crescente “cuneo” creato dalla legge di bilancio 2025, ossia il nuovo fondo per la finanza pubblica. Qualche ente, fra la minoranza ancora interessata, rientrerà magari dal 2026 nei “tempi medi di pagamento” ai fornitori, liberandosi così dall’accantonamento obbligatorio al Fondo garanzia debiti commerciali.

Alla dinamica delle spese non corrisponde, purtroppo, una corrispondente crescita delle entrate correnti, le quali non hanno “l’abitudine” di lievitare con l’inflazione. Inflazione che, ricordiamo, è stata del 17% circa negli ultimi 4 anni influendo enormemente sulla spesa corrente dei Comuni. Il motivo di questa stasi delle risorse è da tempo ben chiaro: la principale entrata dei Comuni è di tipo patrimoniale (Imu in primis), quindi con una base imponibile molto poco dinamica e con la leva delle aliquote in gran parte esaurita. Gli enti si arrangiano magari con previsioni ottimistiche sulle poste di recente più “vivaci”, quali l’imposta di soggiorno e gli utili delle società partecipate; aumentando qualche tariffa dei servizi a domanda ed il Cup (da poco nuovamente incrementabile dell’indice Istat); oppure sono costretti a utilizzare in parte corrente una quota dei proventi da permessi a costruire. Si tratta tuttavia di soluzioni in genere di scarsa incidenza e di poca valenza strategica, infatti molti enti hanno problemi a quadrare soprattutto le previsioni 2027 e 2028.

I recenti interventi legislativi in materia di riforma della fiscalità locale e di auspicato rafforzamento degli strumenti di riscossione sia spontanea che coattiva non appaiono ancora idonei a supportare un incremento rilevante delle previsioni di entrata dei Comuni. C’è da sperare che il cammino della legge di bilancio non riservi spiacevoli sorprese e, magari, che nei prossimi mesi la normativa fornisca qualche soluzione in più per rafforzare gli equilibri correnti dei Comuni.

(*) Già componente consiglio generale Anutel

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