Capitalizzare l'accelerazione imposta dall'emergenza: nuovi obiettivi di performance al tempo del Coronavirus
L'emergenza legata alla pandemia da Coronavirus sta costringendo tutte le pubbliche amministrazioni a rivedere strategie, previsioni di bilancio e obiettivi di breve e medio periodo; di conseguenza spinge anche chi opera nella valutazione del ciclo della performance a rimodulare la propria interazione sia con i protagonisti delle strategie e della programmazione sia con strumenti e provvedimenti da essi generati.
Inevitabilmente la prima fase emergenziale, drammatica e convulsa, ha stressato duramente tutti, anche le amministrazioni pubbliche, ma nel contempo ha impresso una obbligata accelerazione. Dal punto di vista organizzativo e tecnologico, poche amministrazioni erano preparate per l'attivazione di un sistema di smart working come prestazione lavorativa ordinaria, e ciononostante quasi tutte hanno saputo rispondere contemperando in modo sostanzialmente adeguato le necessità dell'utenza con la sicurezza del personale. Ora, si impone il ridisegno del post-emergenza, la necessità di riavviare, ripensandoli, i servizi in presenza, sia quelli a supporto delle attività produttive sia quelli per le famiglie e le persone, anche riconsiderando e consolidando lo smart working: ma vi è il rischio che, all'iniziale accelerazione, segua la stanchezza e l'acritico ritorno alle prassi previgenti. A fronte di questo pericolo, occorre proseguire con sempre maggiore determinazione la guerra senza quartiere alla burocrazia paralizzante e autodifensiva, la guerra a ciò che rende inutilmente più complicata la già complessa e difficile vita delle persone e delle imprese. In quest'ottica è importante valorizzare da subito la capacità dell'organizzazione di agire e reagire sotto stress: in un prossimo futuro infatti, quando le pubbliche amministrazioni rileggeranno come hanno affrontato questo periodo di crisi, saranno evidenti le opportunità nate dall'obbligo a riconsiderare forzosamente gli assetti organizzativi, lavorativi ed erogatori dei propri servizi istituzionali.
Riconsiderare i piani della performance
Come è ormai ben noto, entro il 31 gennaio di ogni anno le amministrazioni pubbliche redigono, approvano e pubblicano i propri piani della performance, cioè i documenti programmatici triennali ad aggiornamento annuale che individuano gli indirizzi e gli obiettivi strategici da perseguire, assegnano ai dirigenti le risorse, gli obiettivi operativi e gli indicatori per la misurazione e la valutazione della performance dell'amministrazione e dei dirigenti stessi. In molti enti, si pensi in particolare a Comuni e Regioni, i ritardi nell'approvazione dei bilanci di previsione condizionano anche il processo di definizione del piano della performance e determinano slittamenti dell'adozione dello stesso ben oltre il termine di legge del 31 gennaio.
Anche nel 2020 vi sono enti che hanno adottato il piano prima dell'emergenza Coronavirus, altri che lo hanno definito in piena emergenza o lo stanno definendo ora: ma sia gli enti che al 31 gennaio avevano già approvato il Piano Performance, sia quelli che vi dovevano ancora provvedere, si trovano davanti alla sicura necessità di rimodellare tutte le previsioni sulla base dell'emergenza ancora in corso, che impatta violentemente su priorità e risorse.
In questo quadro, anche la gestione del ciclo della performance deve quindi tenere in debito conto il particolare momento di difficoltà che gli enti hanno vissuto e vivono tuttora a causa degli sforzi organizzativi sostenuti negli ultimi mesi e delle certe minori entrate. Pertanto, anche alla luce dei monitoraggi sulla performance (obbligatori in base all'articolo 6 del Dlgs 150/2009), diventa indispensabile una tempestiva verifica da parte delle amministrazioni, dei dirigenti e degli Oiv, almeno sui tre seguenti aspetti: sostenibilità degli obiettivi già programmati rispetto alle imprevedibili esigenze organizzative e funzionali generate dall'emergenza; impatti finanziari che l'emergenza stessa ha provocato e inserimento dei nuovi obiettivi imposti dalla pandemia.
Inoltre, la stessa programmazione delle attività in smart working, unitamente al rischio di caduta di produttività (si veda al proposito l'intervento di Scognamiglio ne Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 18 maggio), l'adeguamento organizzativo e strutturale della logistica alle misure necessarie al contenimento del contagio, la necessità di rimodulare i servizi all'utenza a supporto della ripresa delle attività produttive e commerciali, tutto ciò, nella sua imprevedibilità, impatta e altera l'assetto dell'organizzazione e talora le sue stesse finalità, la scala delle priorità, l'adeguatezza e la finalizzazione delle risorse a disposizione dell'amministrazione.
Rimodulare obiettivi e comportamenti organizzativi
In questo quadro, l'obbligo di rimodulare gli obiettivi già programmati e recepiti nel piano della performance, nonché delle correlate risorse, diventa quindi quasi un sottoprodotto; detto obbligo, va ricordato, è anche diretta conseguenza di alcune norme inserite nel Dl 34/2020. In particolare, quanto all'articolo 263 del citato decreto legge viene a costituire una sorta di vademecum per la riprogrammazione: esso stabilisce infatti che siano valutati, ai fini della performance, i seguenti aspetti: l'organizzazione del lavoro dei propri dipendenti; l'erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell'orario di lavoro, con revisione dell'articolazione giornaliera e settimanale; l'introduzione di modalità di interlocuzione programmata con l'utenza, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza; l'adeguamento alle vigenti prescrizioni in materia di tutela della salute adottate dalle competenti autorità; la realizzazione di adeguate forme di aggiornamento professionale della dirigenza.
A questi obiettivi si devono imprescindibilmente aggiungere, ovvero forse addirittura premettere, altri temi importanti, anch'essi ideali per la formulazione di ben quantificabili obiettivi specifici, tra i quali:
• assicurazione di ragionevole durata e celere conclusione dei procedimenti, condizione necessaria per supportare la ripresa delle attività produttive;
• digitalizzazione/dematerializzazione degli atti, prerequisito indispensabile per ogni forma di lavoro in remoto;
• potenziamento dei servizi online;
• completa eliminazione delle firme in cartaceo mediante Spid/firma digitale;
• capacità di "fare rete" attivamente con altri soggetti istituzionali, quali Regione, Aziende Sanitarie, Atenei, Camere di commercio.
Anche sul piano della valutazione delle competenze organizzative (Dlgs 150/2009, articolo 9, comma 1, lettera c) una rilevanza significativa dovrà poi essere attribuita alla capacità del dirigente di attuare modelli di gestione del personale duttili e flessibili e di riprogettare nell'immediato il necessario smart working a garanzia dei servizi pubblici da assicurare alla collettività, sia in fase emergenziale che post emergenziale (si veda in proposito Direttiva Funzione pubblica n. 3/2020).
Sempre con riferimento al Dl 34/2020 si evidenziano gli articoli 116 (Pagamento dei debiti degli enti locali e delle regioni e province autonome) e 117 (Disposizioni in materia di anticipo del finanziamento sanitario corrente e di pagamento dei debiti degli enti sanitari) laddove prevedono che il pagamento dei debiti nei termini definiti dalle stesse norme sia rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporti responsabilità dirigenziale e disciplinare, ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165. Al proposito si concorda con le considerazioni chiaramente esposte nel recente articolo a firma Savazzi e Tamassia (sul Quotidiano degli enti locali e della Pa del 20 maggio), che conclude auspicando un intervento ricognitorio del Dipartimento della Funzione pubblica per censire, riordinare e ricondurre ad unitarietà la pletora di disposizioni, altrimenti difficilmente gestibili, che determinano impatti sulla valutazione delle performance individuali della dirigenza.
Appare quindi chiaro come la quasi totalità delle innovazioni necessarie per riprogettare i servizi post Covid-19 necessitino anche di uno stretto raccordo con le organizzazioni sindacali, e anche questa è una eccellente occasione per riportare, laddove ce ne fosse bisogno, le relazioni industriali su un piano di sempre maggiore concretezza e collaborazione, nella tutela delle lavoratrici e dei lavoratori e, ovviamente, nella massima attenzione ai destinatari dei servizi. Al proposito vale la pena ricordare che svariate amministrazioni, in forza dell'emergenza, hanno assegnato dipendenti ad attività diverse da quelle strettamente previste nei profili professionali, in linea con la più ampia e giurisprudenzialmente ormai consolidata esigibilità delle mansioni afferenti alla categoria di appartenenza: è una flessibilità necessaria non solo in fase emergenziale, che va consolidata e portata a costante patrimonio culturale e organizzativo delle pubbliche amministrazioni.
Ancora una volta e ora a maggior ragione in tempi di coronavirus, pertanto, il monitoraggio e la rimodulazione degli obiettivi di performance, dei budget correlati, delle competenze e comportamenti della dirigenza e del personale tutto non possono essere considerati in logica adempimentale (formale revisione del Piano Performance o dei sistemi di valutazione), ma devono concorrere ad ancorare l'agire pubblico alla realtà ed ai bisogni veri, a rispondente alle urgenze delle Comunità e del mondo produttivo.
Come per ogni singolo cittadino così per la pubblica amministrazione, la priorità della post emergenza è capitalizzare e consolidare, in modo consapevole, quanto faticosamente costruito nella fase convulsa e sofferta dell'emergenza.