Il CommentoPersonale

Contro la corruzione servono dirigenti più che corsi di etica

di Paola Maria Zerman

L’attuazione effettiva del Pnrr richieda la cooperazione di funzionari pubblici integerrimi, oltre che efficienti e competenti. Il legislatore se ne dimostra consapevole laddove, nel decreto Pnrr-bis (Dl 36/2022 sulle «Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza») prescrive, a favore dei neoassunti e in caso di mutamento di funzioni, lo svolgimento obbligatorio di un ciclo formativo sui temi dell’«etica pubblica e comportamento etico».

Del resto, non c’è dubbio che la regola di comportamento onesto (ethos) che l’individuo si impone costituisce il più sicuro presidio a garanzia della correttezza dell’utilizzo del denaro pubblico, al di là di tutte le strategie di controllo predisposte dall’ordinamento.

Ma il rischio che la finalità della norma rimanga inattuata è elevato. Non solo per la difficoltà di dare un contenuto univoco al concetto di «comportamento etico», quanto soprattutto per la non remota ipotesi in cui la teoria insegnata al neo-dipendente vada a inserirsi in un contesto lavorativo ingiusto, che tollera favoritismi e scavalcamenti di ruolo grazie al binomio simpatia/antipatia o ad atteggiamenti negligenti o nullafacenti. Da cui può derivare, per i migliori, una demotivazione frustrante che può sconfinare nel «quiet quitting» (licenziarsi in silenzio, o licenziarsi senza licenziarsi), a fenomeni di mobbing e, per altri, alla permeabilità a tentazioni di comportamenti illegali e corruttivi.

Per questo, la giurisprudenza che in più occasioni si è trovata a valutare responsabilità penali o contabili del funzionario pubblico, ha richiamato -oltre agli specifici obblighi imposti dalla legge – la necessità del rispetto dei principi di etica pubblica, non solo nella dimensione «statico-soggettiva», ma anche «dinamico-collettiva», come qualità dell’organizzazione pubblica di essere strumento di rafforzamento della responsabilità individuale e non già di «dispersione o diluizione” della stessa» (Corte dei Conti, n. 341 e 207 del 2021).

Ne deriva l’urgenza di concretizzare i principi di etica pubblica in soluzioni organizzative che rafforzino nel funzionario pubblico la motivazione di servizio al cittadino, come richiesto dalla Costituzione, e l’orgoglio di adempiere le proprie funzioni con «disciplina» e «onore» (articolo 54). Compito che spetta al dirigente, tenuto, secondo il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (Dpr 62 del 2013 appena riformato) a curare il «benessere organizzativo nella struttura cui è preposto» (articolo 13). Frutto non solo, come richiesto dalla norma, di un atteggiamento «leale e trasparente» oltre che «esemplare e imparziale» nel rapporto tra i colleghi, ma anche di un’intelligente organizzazione del lavoro, che gratifichi i dipendenti grazie, tra gli altri, a spirito di squadra, cooperazione interpersonale, crescita professionale.

Questa prospettiva appare indispensabile anche per la missione di modernizzazione della Pa prevista dal Pnrr (M1C1.2). La realizzazione di una «buona amministrazione» presuppone il superamento della mentalità burocratica nella logica del migliore servizio al cittadino, ove si coniughi la qualità, la rapidità del servizio offerto e la sua economicità, intesa come migliore utilizzazione del denaro pubblico.