Fisco e contabilità

Decreto sostegni-bis, doppia mossa per la «salva-conti» dei Comuni

In arrivo la norma ponte per chiudere i bilanci senza il rischio default in 800 enti

di Gianni Trovati

Nel decreto bis sui sostegni la norma «salva-conti» per i Comuni ci sarà. La misura potrebbe arrivare in due tappe: una regola-ponte per dare subito certezze agli enti locali che devono chiudere i loro bilanci entro la fine del mese, e una sistemazione a regime che potrebbe arrivare in Parlamento nel corso della conversione in legge.

Il problema è quello sollevato dalla sentenza 80/2021 con cui il 29 aprile la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità delle regole che permettevano ai Comuni di ripianare in 30 anni il deficit extra prodotto dalla gestione delle vecchie anticipazioni di liquidità concesse dal 2013 per pagare i debiti commerciali arretrati. Questo deficit extra, e qui il problema si complica ulteriormente, era stato determinato dalla bocciatura costituzionale della norma originaria sulle anticipazioni, che in pratica permetteva agli enti di aumentare i propri spazi di spesa corrente grazie alla gestione di risorse nate invece per onorare le vecchie fatture.

Una doppia illegittimità costituzionale rende la questione parecchio delicata sul terreno politico e istituzionale. Ma su quello pratico l’assenza di un salvagente statale renderebbe impossibile la chiusura dei rendiconti 2020 e soprattutto dei preventivi 2021-23 in molti degli oltre 800 Comuni interessati dal problema. Perché ricondurre a un calendario ordinario, per esempio triennale, la copertura di un deficit programmato in 30 anni significa gonfiare enormemente la rata annuale. E dal momento che secondo le stime il disavanzo extra vale oltre 2,5 miliardi, il rischio concreto è il default per molti Comuni. Tra loro ci sono anche Torino e Napoli, attesi alle elezioni in autunno. E qui il problema torna a farsi politico.

Per superarlo, al ministero dell’Economia ieri in una serie di riunioni tecniche e politiche si è lavorato a una doppia mossa. La prima, spinta soprattutto dai tempi strettissimi a disposizione per salire sul treno del decreto, è una norma ponte (come anticipato su NT+ Enti locali & edilizia di ieri) per consentire ai Comuni di chiudere i bilanci senza per ora tener conto degli obblighi di ripiano rapido prodotti dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale. Oltre che «ponte», si tratterebbe ovviamente di una norma a tempo, per guadagnare qualche settimana utile a costruire la soluzione a regime.

Per quest’ultima le ipotesi corrono sostanzialmente su due binari. Il più tradizionale guarda a un finanziamento statale da distribuire agli enti investiti dall’onda del deficit, ma avrebbe il difetto di produrre debito pubblico per sanare la ferita aperta da un meccanismo contabile nato esattamente con l’obiettivo opposto. L’alternativa, più raffinata, risale la storia contabile recente degli enti locali. Nel 2015 la riforma dei bilanci ha chiesto agli enti di pulire i conti dalle vecchie entrate non riscosse, permettendo di chiudere in 30 anni il disavanzo prodotto dalla cancellazione delle vecchie poste. Dal momento che le anticipazioni sblocca-debiti sono precedenti, si punterebbe a imbarcare su quel vecchio riaccertamento straordinario anche il loro disavanzo. Ricostruendo così il calendario trentennale appena cancellato dalla Consulta. Proprio questo aspetto rende “impegnativa” questa strada. Che ha bisogno del Parlamento per essere percorsa.

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