Fisco e contabilità

Salva-conti, nel decreto sostegni bis ombrello statale sul deficit extra

Possibile anche norma ponte per l'ok ai bilanci a maggio senza i rientri extra dal deficit

di Gianni Trovati

La certezza è una sola: per evitare dissesti a catena fra gli oltre 800 enti locali colpiti dall’illegittimità costituzionale del ripiano lungo del deficit extra da anticipazioni serve un aiuto statale, nell’ordine dei 2,5-3 miliardi su tre o cinque anni (NT+ Enti locali & edilizia del 6 maggio). Due opzioni: l’aiuto statale potrebbe assumere la forma di un rifinanziamento al fondo già previsto per gli enti in crisi, che dovrebbe però allargare il proprio raggio d’azione ai Comuni che non sono in pre-dissesto ma sono investiti dagli effetti della sentenza 80/2021 della Consulta. Le incognite invece sono molte, prodotte da una trama di coperture del decreto sostegni-bis che si complica di giorno in giorno con le bordate arrivate dalla maggioranza al meccanismo del fondo perduto, l’esigenza di un nuovo salva-Alitalia e le tante partite che rimangono aperte a pochissimi giorni dal consiglio dei ministri.

Proprio per questa ragione nelle riunioni tecniche che oggi pomeriggio al ministero dell’Economia dovranno trovare la strada per salvare i Comuni si discuterà anche dell’ipotesi di una norma ponte: in pratica, si tratterebbe di uno stop temporaneo all’obbligo di ripiano del deficit extra per consentire agli enti locali di chiudere preventivi 2021-23 e consuntivi 2020 entro il 31 maggio e offrire qualche settimana in più per costruire la via d’uscita definitiva. Non troppe settimane in realtà, perché il congelamento legislativo degli effetti di una sentenza della Corte costituzionale non è il massimo sul piano della correttezza ordinamentale, e perché comunque la soluzione andrà trovata in tempo per la salvaguardia degli equilibri in calendario entro il 31 luglio. L’alternativa rischia di comportare un nuovo rinvio dei termini per l’approvazione dei bilanci locali, che si porterebbe dietro uno slittamento nella definizione delle aliquote per i tributi locali e più in generale un prolungamento dell’esercizio provvisorio che poco si concilia con le esigenze di intervento anticrisi e con la fase di lancio del Recovery Plan.

Il problema è ormai noto nei dettagli sia tecnici sia politici. Le regole sui ripiani 30ennali, al centro di una discreta fortuna nel passato recente, fanno a pugni con i principi costituzionali che vietano di accollare sulle future generazioni di cittadini e amministratori i debiti di oggi. L’accorciamento drastico del calendario per la copertura dei deficit extra nati con la prima bocciatura costituzionale delle norme sul Fondo anticipazioni di liquidità rischia di far saltare i conti di centinaia di Comuni, fra cui ci sono grandi centri attesi al voto in autunno come Torino e Napoli.

L’intrico, normativo e finanziario, è insomma parecchio complicato. Ma curiosamente esclude le Regioni. Che dal 2015, per una norma «salva-Piemonte» scritta per la solita ragione di evitare un dissesto a seguito di un’illegittimità costituzionale (comma 692 della legge 208/2015), contabilizzano il fondo anticipazioni di liquidità esattamente nel modo che la Consulta ha giudicato illegittimo per i Comuni. I bilanci regionali vengono «parificati» dalle sezioni della Corte dei conti ogni anno. In cinque anni ci sono stati quindi un centinaio di giudizi di parificazione. Ma nessuno ha pensato di interpellare la Consulta sul tema.

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