Urbanistica

Edifici per la logistica, la destinazione d'uso urbanistica dipende dall'effettivo utilizzo

Il Tar Veneto si schiera con l'orientamento prevalente della giurisprudenza

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di Massimo Frontera

Il corretto inquadramento urbanistico del capannone per la logistica dipende dall'utilizzo concreto che ne fa l'impresa che lo possiede, indipendentemente dai codici Ateco e Naco con i quali l'impresa risulta iscritta alla camera di commercio. Lo ha affermato il Tar Veneto, sezione di Venezia, nella pronuncia dello scorso febbraio (n.310/2022). Una pronuncia non scontata perché - ricordano i giudici del Tar - sull'inquadramento urbanistico della destinazione d'uso del capannone di logistica esistono in giurisprudenza due orientamenti diversi.

Il primo - definito minoritario - vede i giudici orientati a ritenere che l'uso di un edificio per la logistica si possa unicamente qualificare come produttivo, «costituendo l'attività di immagazzinamento e gestione dei flussi di merci un'attività di produzione di servizi, ovvero - anche nel caso sia funzionale ad un'attività commerciale – il segmento finale dell'attività produttiva, dopo la quale soltanto avviene la distribuzione».

Il secondo orientamento - definito prevalente - ritiene invece che l'uso a fini logistici di un edificio possa essere sia al servizio di un'attività industriale, sia al servizio di un'attività commerciale. E pertanto, «per definire la destinazione d'uso dell'edificio ove essa si svolge, occorre aver riguardo all'attività principale alla quale essa accede, che ne determina inscindibilmente l'incidenza sul carico urbanistico».

Alle due diverse "sub-funzioni" (industriale o commerciale), ricordano i giudici, corrispondono anche due diversi carichi urbanistici sul territorio: il capannone funzionale all'attività industriale sarà meta solo di un ristretto numero di trasportatori; il capannone funzionale all'attività commerciale sarà meta di un ben più alto numero di acquirenti di prodotti.

È per questo che la diversa "classificazione" della funzione logistica vede oneri urbanistici molto diversi, come emerge anche dal contenzioso che il Tar Venezia è stato chiamato a giudicare. Un comune della provincia di Padova ha infatti chiesto a un'impresa un adeguamento degli oneri di urbanizzazione secondaria, per quasi 169mila euro, non appena quest'ultima ha perfezionato l'acquisto del capannone da parte del procedente proprietario. Questo perché - ha spiegato il comune - la società acquirente è una società che svolge attività commerciale (commercio all'ingrosso) e usa l'immobile per gestire i prodotti avviati alla vendita. Diversamente, la precedente società proprietaria dell'immobile svolgeva attività industriale/produttiva e utilizzava l'immobile per gestire la merce da lei stessa prodotta prima dell'invio ai rivenditori.

Il Tar Veneto, come si diceva, ha giudicato la controversia applicando l'orientamento maggioritario della giurisprudenza. E questo nonostante la società che possedeva l'immobile in precedenza fosse iscritta alla camera di commercio oltre che l'attività prevalente industriale anche per quella, non prevalente, commerciale. «Deve, quindi, ritenersi verificato - scrivono i giudici del Tar - per effetto dell'assoggettamento dell'edificio alle esigenze di una differente finalità aziendale, un mutamento di destinazione d'uso giuridicamente rilevante, poiché l'edificio, in precedenza utilizzato per finalità strumentali ad un'attività industriale (come emerge dal titolo edilizio rilasciato e dal certificato di agibilità, nei quali è attestato l'uso industriale) è attualmente utilizzato per finalità strumentali ad un'attività commerciale».

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