Personale

Il cartellino costituisce l'unico mezzo per accertare la presenza in ufficio del dipendente

La sentenza entra nel merito delle singole tipologie di assenza e le analizza

di Claudio Carbone

Il dipendente pubblico che si assenta dal servizio senza regolare autorizzazione incorre nel giudizio di responsabilità amministrativa. L'illecito amministrativo si configura con l'automatico allontanamento dall'ufficio o dalla sede di lavoro senza alcuna giustificazione, omettendo la timbratura dell'uscita. L'alterazione o la manomissione del sistema di rilevazione delle presenze, può soltanto costituire un elemento aggiuntivo ma non essenziale; ciò in quanto il comportamento di omessa timbratura del cartellino, inducendo in errore la propria amministrazione, costituisce atteggiamento fraudolento tale da integrare l'elemento soggettivo della fattispecie di responsabilità erariale. Altrettanto pacifico è che il cartellino costituisce l'unico mezzo per accertare la presenza in ufficio del dipendente, e che tutti i vari casi in cui sia dato assentarsi (per l'intera giornata, o per brevi periodi), che risultano compiutamente e analiticamente normati, appaiono giustificati solo alla presenza di predeterminate esigenze, subordinate ad autorizzazione specifica, ovvero regolamentate dalla contrattazione collettiva, e devono essere, in ogni caso, oggettivamente rilevabili e documentati.

Sono questi i principi che si ricavano dalla sentenza n. 867 del 2021 della Corte dei conti, Sezione Giurisprudenziale per la Regione Puglia, depositata il 4 ottobre scorso. Il giudice contabile è stato chiamato in causa a seguito della trasmissione degli atti risultanti da un'indagine penale condotta dalla Guardia di Finanza che ha portato all'incriminazione di alcuni pubblici dipendenti di una Usl per truffa pluriaggravata, falso e peculato.
Il Pm, ricevuti gli atti, ha definito la cornice degli elementi necessari per la successiva azione di responsabilità amministrativa che ha avuto per oggetto la diffusa e sistematica serie di assenze fraudolente dal servizio, causative di un conseguente danno patrimoniale alla propria amministrazione corrispondente alla retribuzione percepita a fronte di servizi non resi. Le assenze risultavano accertate per i più svariati motivi: dall'allontanato arbitrario dalla sede di servizio per recarsi presso la propria abitazione o al bar, verso esercizi commerciali o ancora per ignota destinazione; il tutto, senza registrare l'uscita attraverso i rilevatori di presenza, utilizzando gli automezzi di proprietà dell'Asl per interessi privati e, in alcuni casi, attraverso inserimenti delle presenze manuali senza autorizzazione del dirigente responsabile, compiuti da parte di colleghi d'ufficio o, infine, attraverso l'utilizzo del badge per timbrare l'entrata di un collega.

Dall'accertamento dei fatti accaduti è seguito il licenziato senza preavviso, oltre il rinvio a giudizio per i reati penali, nonché la condanna al risarcimento sulla base delle seguenti considerazioni: l'assenteismo compromette, in via generale, il principio di buon andamento e il prestigio della Pa; sul piano della singola amministrazione, inoltre, compromette il sinallagma tra le prestazioni sottese al contratto di lavoro del dipendente pubblico, la cui retribuzione è finanziata con risorse della collettività; la violazione di varie disposizioni di principio e di diversi obblighi in materia di orario di lavoro, di presenza in ufficio e di accertamento di tale presenza, recepiti anche dalla contrattazione collettiva (cui poi tale materia è rimasta affidata), infine, rende difficile se non impossibile potenziare i livelli di efficienza del settore pubblico e, quindi, di contrastare i fenomeni di scarsa produttività.

Tra i principi cardine della materia possono sicuramente annoverarsi: l'obbligo del dipendente di osservare l'orario di lavoro e l'obbligo per la Pa di verificare; il dipendente è tenuto a svolgere sempre la propria prestazione lavorativa nel posto di lavoro; può allontanarsi da esso, per motivi personali e finanche professionali, anche se per poco tempo, solo se previamente autorizzato dai propri superiori e dietro idonea giustificazione. Ne consegue che anche le consumazioni al bar, fuori o dentro l'edificio, devono essere autorizzate e, quindi, recuperate, di concerto con il dirigente competente. Ragion per cui, la liquidazione della retribuzione da parte dell'ente-datore di lavoro a fronte di periodi caratterizzati dalla mancata prestazione lavorativa, se sotto il profilo civile configura la lesione dell'equilibrio patrimoniale del rapporto di scambio, sotto il profilo amministrativo-contabile è foriera di un danno alle finanze della Pa.

Pacifica, e stratificata è, sul punto, la giurisprudenza della Corte dei conti, secondo cui, in caso di assenza non giustificata (dolosa o colposa) dal servizio, il danno erariale è pari alla spesa sostenuta dal datore di lavoro pubblico per la liquidazione della retribuzione corrisposta al dipendente assenteista, fatti salvi eventuali, ulteriori, danni (quali quello da disservizio, o all'immagine). Sul fronte penale, invece, la Suprema Corte ha da sempre ritenuto integrato il delitto di truffa aggravata in caso di allontanamento temporaneo dal luogo di lavoro del pubblico dipendente effettuato senza registrare il periodo di assenza mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, il cosiddetto badge.

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