Imu, sull'abitazione principale chiamata in causa la Corte costituzionale
Il comma 741 dell'articolo 1 della legge 160/2019 detta una definizione per l'abitazione principale per la nuova Imu, molto simile a quella prevista per la vecchia Imu, dall'articolo 13, comma 2, del Dl 201/2011.
Per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile.
Tale definizione sta generando notevoli problemi interpretativi: alle numerose e contrastanti sentenze dei giudici di merito, si stanno aggiungendo le prime sentenze della Corte di cassazione e, come se non bastasse, di recente è stata chiamata in causa anche la corte costituzionale.
Il problema è: cosa fare se il nucleo familiare ha la residenza anagrafica e dimora abituale in immobili diversi in comuni diversi? Va concessa l'agevolazione? Su un solo immobile? Su entrambi?
Le interpretazioni venute fuori nel corso di questi anni sono sostanzialmente tre:
1) Se i componenti del nucleo familiare hanno residenze diverse per valide motivazioni, è possibile concedere due agevolazioni. (interpretazione ministeriale circolare n. 03/2012).
2) L'agevolazione spetta solo sull'abitazione di dimora familiare. I coniugi possono avere anche residenze separate, purché individuino l'abitazione della famiglia nella quale un coniuge è residente anagraficamente e che dimori tutto il nucleo.
3) Se i componenti del nucleo familiare hanno residenze diverse in comuni diversi, non si può parlare di abitazione principale per nessuno di essi. Poiché la regola generale è che il nucleo familiare deve risiedere e dimorare abitualmente in un'unica unità immobiliare e poiché quanto disposto sempre dalla norma nel caso in cui le unità immobiliari siano due nello stesso comune, è una "agevolazione", in tutti gli altri casi si applica appunto la regola generale
A fronte di una giurisprudenza di merito che si è divisa tra le tre interpretazioni, la corte di cassazione, dal 2020 si è espressa in modo pressoché univoco: nelle ordinanze nn. 4166 -4179 e 20130 del 2020 non viene riconosciuta l'esclusione da imu per abitazione principale a nessuno dei coniugi.
Il dipartimento delle finanze, nell'interrogazione parlamentare del 23 giugno 2021 ha preso atto dell'orientamento della corte e si è reso disponibile, ove sussistesse la volontà politica, a predisporre una norma chiarificatrice.
Sulla questione è stata chiamata ad esprimersi anche la corte costituzionale. La sezione 2 della Ctr Liguria, in riferimento ad un ricorso presentato da un contribuente al quale il comune aveva negato l'agevolazione Ici/Imu benchè residente anagraficamente, in quanto la moglie e i figli risiedevano in altro comune, con ordinanza, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n, 28 del 14 luglio 2021, ha rimesso la questione alla Consulta, dichiarando rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 2, del Dlgs 504/1992 (Ici) e dell'articolo 13, comma 2, del Dl 201/2011 (Imu), per ravvisato contrasto con gli articoli 3, 16, 19 e 53 della Costituzione.
In particolare, i giudici liguri ritengono che le norme citate, anche alla luce della rigorosa interpretazione della suprema corte di cassazione, appaiono illegittime nella parte in cui precludono per entrambi i coniugi dimoranti in comuni diversi, sulla base della sola certificazione anagrafica, l'agevolazione fiscale Ici/Imu, in quanto:
a) determinano una disparità di trattamento tra coppie «coniugate» che, pur conviventi di fatto, hanno residenza anagrafica nello stesso comune o in comuni diversi (consentendo alle prime una detrazione Ici/Imu e nessuna alle seconde);
b) determinano una disparità di trattamento tra coppie «coniugate» e «di fatto» o «unioni civili» (consentendo alle prime una o nessuna detrazione, a differenza dalle altre, alle quali possono spettarne anche due);
c) determinano un irrazionale onere alla libertà di circolazione. e soggiorno delle coppie «coniugate», rispetto alle altre, ponendo limitazioni economiche (esclusione dal beneficio fiscale) in base esclusivamente alla scelta della diversa residenza anagrafica dei coniugi;
d) correlano (parte de) la capacità contributiva dei coniugi al solo fatto formale della loro residenza anagrafica, in base esclusivamente alla scelta della diversa residenza anagrafica dei coniugi
Purtroppo, il legislatore, con la legge n. 160/2019 non ha chiarito la questione ma ha preferito ripetere l'infelice definizione dell'articolo 13 del Dl 201/11, e ora i nodi stanno venendo al pettine. Speriamo che almeno la Consulta si esprimi celermente.
(*) Docente Anutel
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