Personale

Niente extra al dirigente per attività collegate ai compiti istituzionali

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di Gianni La Banca

Per il dirigente pubblico che espleta un’attività rientrante nel contesto dei compiti istituzionali, in quanto connessa in maniera più o meno diretta al rapporto organico tra il dirigente medesimo e l’amministrazione della quale lo stesso cura l'interesse, è vietata la percezione di un eventuale compenso aggiuntivo rispetto alla retribuzione ordinaria. Così ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6142/2018.

I fatti di causa
Un Avvocato, dirigente presso il Comune, chiedeva l’accertamento del suo diritto a percepire indennità dirigenziali arretrate relative all’espletato ulteriore incarico dirigenziale di Dirigente del servizio Polizia Amministrativa e Divisione Affari generali e Vice-Segretario generale, conferito con provvedimento del Commissario Straordinario del Comune.
In virtù di tale ulteriore incarico dirigenziale, l’indennità doveva, a suo dire, essere incrementata nella misura prevista del 62% del massimo, come previsto dalle disposizioni comunali.

L’onnicomprensività della retribuzione
Per i pubblici dipendenti vale il principio di onnicomprensività della retribuzione, di cui all’articolo 24, Dlgs 165/2001, in ragione del quale non è dato remunerare il dipendente con compensi extra ordinem per compiti rientranti nelle mansioni ricoperte.
Il principio opera sul duplice presupposto che il soggetto incaricato di tali compiti esplichi funzioni istituzionali e che il conseguente esercizio trovi riscontro nella carica ricoperta, sia quanto alla qualifica (o al grado), sia quanto all'ufficio, cui il soggetto è preposto.
Del resto, il principio di onnicomprensività, concernente tutti gli incarichi conferiti ai dirigenti pubblici per ragione dell'ufficio o su designazione dell'amministrazione di appartenenza, trattandosi di attività comunque connesse al rapporto organico tra dipendente ed amministrazione, il cui svolgimento può riflettersi direttamente sul raggiungimento degli obiettivi assegnati al medesimo dirigente, non esclude che i dipendenti possano espletare incarichi retribuiti a titolo professionale dall'amministrazione, ove ne ricorrano i presupposti legali e sempre che non costituiscano espletamento di compiti di istituto.
Tali principi prevalgono su ogni altra disposizione che preveda, al contrario, la corresponsione di compensi di qualsivoglia natura in ragione della partecipazione a commissioni o incarichi di qualunque tipo.
Invero, la norma è cogente a tal punto che, anche in relazione alle prestazioni rese dal personale non dirigenziale, la prestazione stessa può essere considerata aggiuntiva solo qualora la mansione assegnata esuli dal profilo professionale, non già nella diversa ipotesi in cui il datore di lavoro, nell'ambito del normale orario, eserciti il suo potere di determinare il compito da espletare.

La responsabilità per violazione dell’articolo 24 del Dlgs 165/2001
Per i dirigenti pubblici che incassano compensi in violazione del principio di onnicomprensività sussiste un’evidente responsabilità amministrativa: la presenza di disposizioni legislative che ammettono l’erogazione di tali compensi non azzera la responsabilità degli stessi dirigenti, dato che le uniche eccezioni sono quelle previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
La ratio restrittiva della norma è di immediata percezione, ed altrettanto chiara si presenta la valenza interpretativo/applicativa della stessa, rispetto ad altre disposizioni previgenti o successive che rechino indicazioni con essa contrastanti: queste ultime devono essere lette o rilette in modo conforme al nuovo canone posto.
In effetti, l’impegno del dirigente pubblico è un impegno di carattere esclusivo, nell’espletamento del quale lo stesso deve prestare tutta la sua opera.
Da queste considerazioni scaturisce pertanto il principio di omnicomprensività della retribuzione, con ciò intendendo che il trattamento economico, nelle sue componenti "fondamentali" ed "accessorie", remunera tutte le funzioni ed i compiti dei dirigenti.

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