Fisco e contabilità

Rifoma fiscale: Irpef a tre aliquote, sconti legati ai redditi, Ires per chi investe verso il 15 per cento

Tetto alle agevolazioni fiscali parametrato ai guadagni Addio progressivo all’Irap: rispetto alla delega avviata da Draghi manca l'intervento sul catasto

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Quattro parti, 21 articoli e 24 mesi di tempo per cambiare tutto il fisco: con un’Irpef a tre aliquote, considerata come primo passo verso la Flat Tax, un tetto agli sconti fiscali parametrato al reddito, l’Ires che si sdoppia per riservare un’aliquota agevolata (si punta al 15%) per gli investimenti in beni strumentali innovativi e in occupazione, l’Iva riordinata per ridare razionalità alla geografia dei panieri e l’Irap che si trasforma in una sovraimposta sull’Ires.

Sono i contenuti della legge delega per la riforma fiscale targata Meloni, che il governo potrebbe esaminare già la settimana prossima in consiglio dei ministri per tentare in Parlamento un’approvazione rapida entro il mese di maggio. Se il programma sarà rispettato, l’Italia entro la primavera del 2025 abbandonerebbe il sistema fiscale pensato negli anni 60 ed entrato in Gazzetta Ufficiale il 9 ottobre 1971 con la riforma di Bruno Visentini.

Chi segue le cose fiscali noterà molte somiglianze con i contenuti della delega avviata lo scorso anno dal governo Draghi. Vero, perché quando si entra nel merito delle scelte in materie complesse come il fisco le divisioni politiche tendono a sfumare. Ma rispetto all’ultimo tentativo, la riforma coordinata dal viceministro alle Finanze Maurizio Leo presenta tre importanti differenze: manca l’intervento sul Catasto, che aveva fatto alzare le barricate alla destra, e la maggiore compattezza della maggioranza permette al governo di entrare nei dettagli e di provare anche scelte politicamente difficili come quella sul taglio delle tax expenditures, su cui l’ultima delega era invece rimasta sul vago nel tentativo di non accendere conflitti fra i già riottosi alleati di governo. E soprattutto siamo a inizio legislatura, aspetto non secondario quando si mette mano a un percorso lungo come una riforma fiscale.

Il terreno su cui la delega giocherà gran parte della sua popolarità è ovviamente rappresentato dall’Irpef. Per l’imposta sui redditi la riforma Leo riprende il progetto delle tre aliquote (fin qui i tecnici del Mef hanno studiato in particolare un sistema con 23%, 33% e 43% e un’alternativa più costosa con il secondo scaglione al 27% ma la delega ovviamente non indicherà i valori di cui si dovranno occupare i decreti attuativi). L’obiettivo indicato nella delega è triplice: mantenere fermo “il principio costituzionale della progressività”, “garantire l’equità orizzontale” e semplificare il sistema. L’obiettivo di fondo resta quello della tassa piatta per tutti, ma è indicato genericamente come un orizzonte a cui ci si potrà avvicinare se ci saranno i margini fiscali e politici per farlo.

Il principio dell’equità orizzontale, che appianerebbe le differenze di trattamento fiscale oggi presenti fra le diverse categorie di reddito, è uno degli snodi cruciali per il nuovo sistema. Per tradurlo in pratica, la delega propone un allineamento della No Tax Area tra dipendenti e pensionati e un’estensione ai dipendenti della Flat Tax incrementale e soprattutto una nuova griglia di vincoli all’utilizzo degli sconti fiscali. Il passaggio politicamente più delicato è questo. La riforma non può certo viaggiare in deficit mentre i tassi di interesse sui titoli di Stato salgono, la politica monetaria si restringe e la commissione Ue porta sui tavoli dell’Ecofin le nuove regole comunitarie sul bilancio pubblico. Per cercare le coperture, torna a guardare al mare degli sconti fiscali, che oggi cumula oltre 600 voci e riduce il gettito di 165 miliardi ogni anno. Mettere sotto esame ciascuna di queste voci rischia di moltiplicare le resistenze da parte dei singoli settori interessati, moltiplicando la fatica e minimizzando i risultati di bilancio. L’idea è quindi di introdurre un tetto all’utilizzo di detrazioni e deduzioni, che sarà parametrato al reddito. Nemmeno in questo caso il testo della delega offre cifre, ma il principio si potrebbe tradurre secondo le ipotesi tecniche a cui lavora il Mef nella possibilità di assorbire sconti fino al 4% del reddito per il primo scaglione, per scendere al 3% nel secondo e al 2% nel terzo. Dal calcolo resterebbero però esclusi gli sconti socialmente più rilevanti, come le detrazioni per le spese sanitarie, di istruzione e interessi passivi sui mutui prima casa così come le deduzioni dei contributi per colf e badanti.

Per un’Irpef che riduce gli scaglioni c’è nella riforma un’Ires che si sdoppia. Questo “regime duale” nasce in uno scenario nel quale dal 1° gennaio prossimo è attesa l’entrata in vigore della Global Minimum Tax per limitare l’erosione fiscale delle multinazionali, con un’aliquota al 15% che offre un parametro di riferimento per il nuovo regime. La tassazione alleggerita, spiega la delega, sarebbe riservata alle quote di reddito che l’impresa destina nei due anni successivi agli investimenti in “beni strumentali innovativi o qualificati” e in nuova occupazione. In pratica, si renderebbe strutturale il meccanismo incentivante alla base di Industria 4.0, con lo scopo esplicito di “aumentare l’attrattività” del nostro sistema fiscale e tradurre in pratica il concetto del “chi più assume e investe meno paga” rilanciato a più riprese dalla premier Meloni nell’ultima campagna elettorale. Nella nuova Ires si introdurrà poi un meccanismo a franchigie sulla deducibilità degli interessi passivi, e si rimetterà ordine al regime di compensazione delle perdite fiscali anche per allinearsi ai principi espressi dalla Corte di giustizia Ue. Come per l’Irpef, anche in questo caso il finanziamento del taglio di tasse dovrà poggiare anche su meccanismi compensativi, in particolare con uno sfoltimento degli attuali crediti d’imposta riservati alle imprese per vari obiettivi.

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