Appalti

Società in house, il presidente del Cda è incaricato di pubblico servizio

Non potendo l'attività di gestione manageriale essere considerata estranea al rapporto con il socio pubblico

di Andrea Alberto Moramarco

Il presidente del Cda di una società in house è un incaricato di pubblico servizio, in quanto svolge un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima. Costui, infatti, è responsabile dello svolgimento dei pubblici servizi affidati alla società e non esercita, invece, le funzioni tipiche della figura apicale di una società di capitali. Questo è quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 37076, depositata ieri, che chiarisce come la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio si estenda anche a coloro che rivestono ruoli apicali nelle società in house.

La questione
Protagonista della vicenda è il presidente del consiglio di amministrazione di una società in house della città metropolitana di Catania, condannato per i delitti di corruzione e peculato per una serie di vicende criminose, insieme ad un consulente esterno da lui nominato. Le condanne inflitte nei gradi di merito venivano contestate in Cassazione, dove, in sostanza, l'imputato faceva notare che nei suoi confronti non potevano configurarsi reati contro la pubblica amministrazione, non essendo lo stesso qualificabile come incaricato di pubblico servizio. In particolare, il manager riteneva di non aver esercitato funzioni connotate da «interessi pubblicisticamente orientati», ma di aver svolto all'interno della società una normale attività di gestione e indirizzo, «tipica della figura manageriale di una società di capitali». La sua attività, pertanto, era caratterizzata da profili privatistici e non sarebbe stata tale da integrare i requisiti richiesti dall'articolo 358 del codice penale.

La qualifica di incaricato di pubblico servizio
Tale tesi difensiva non lascia però il segno e, anzi, viene ritenuta dai giudici di legittimità del tutto «disancorata dal'inquadramento della società e del ruolo del ricorrente». Per la Suprema corte, senza dubbio l'imputato ha rivestito la qualifica di incaricato di pubblico servizio, per via del ruolo ricoperto nella società in house e delle attività da lui svolte. I giudici di legittimità ricordano che tale qualifica spetta a chi presta un «pubblico servizio», inteso quale attività, non di tipo materiale, disciplinata da norme di diritto pubblico e atti autoritativi, sebbene prive della funzione di formazione e manifestazione della volontà pubblica.
Nella fattispecie, la società in house di cui l'imputato era legale rappresentante presentava una «oggettiva connotazione pubblicistica dell'attività, riferibile all'esercizio di un servizio pubblico, finalizzato alla realizzazione di un pubblico interesse». Vi erano, infatti, come previsto dal Codice dei contratti pubblici, una partecipazione totalitaria di capitale pubblico, un controllo analogo a quello esercitato dall'ente pubblico sui propri servizi e gran parte dell'attività svolta dalla società in house era a favore dello stesso ente controllante.
Pertanto, conclude il Collegio, colui che è posto a capo di una società che presenta siffatti requisiti riveste necessariamente la qualità di incaricato di pubblico servizio, non potendo la sua attività di gestione di tipo manageriale essere considerata estranea al rapporto di servizio con il socio pubblico.

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