Personale

Statali, altro giro sui contratti: a dicembre via ai negoziati 2025/27, aumenti da 158 euro

Atto di indirizzo firmato da Zangrillo: più spazio al welfare integrativo

di Gianni Trovati

Partiranno a dicembre, per la prima volta nell’anno iniziale del triennio di riferimento, le trattative per i contratti 2025/27 del pubblico impiego. Ad aprire la tornata sarà il tavolo relativo ai dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici come Inps e Inail, cioè le circa 200mila persone che popolano il comparto delle Funzioni centrali. L’atto di indirizzo è stato firmato dal ministro per la Pa Paolo Zangrillo, e sul piatto ci sono aumenti medi da 158 euro a regime spalmati in modo uguale nei tre anni (con un incremento dell’1,8% all’anno).

A permettere l’apertura effettiva delle trattative è la conclusione del processo di certificazione della rappresentatività delle diverse sigle sindacali nei comparti e nelle aree del pubblico impiego, che ieri ha ottenuto il timbro da parte del collegio di indirizzo e controllo dell’Aran, l’agenzia di rappresentanza del datore di lavoro pubblico. «Le trattative partiranno a dicembre - ha assicurato ieri Antonio Naddeo, il presidente dell’Aran -, a soli dieci mesi dalla firma del contratto 2022/24».

L’obiettivo di tagliare i tempi per recuperare i ritardi storici della contrattazione pubblica riallineandone il calendario a quello della realtà è al centro dell’agenda portata avanti da Zangrillo insieme al ministro dell’economia Giorgetti, che nella scorsa manovra ha garantito gli stanziamenti per i rinnovi fino al 2030. Per il 2025/27 sono in gioco 9,93 miliardi di euro, divisi fra i 5,55 miliardi dei settori statali coperti dalla legge di bilancio e i 4,38 miliardi per gli enti territoriali finanziati con i bilanci locali e il fondo sanitario. Al conto vanno poi aggiunte misure specifiche per i singoli settori della Pa, come il fondo statale (50 milioni nel 2027 e 100 dal 2028) per sostenere le retribuzioni nei Comuni.

Il calendario dei rinnovi è diventato centrale per l’esigenza di rimarginare i colpi portati al potere d’acquisto dall’inflazione del 2021/23, perché gli oltre 16 punti percentuali di incremento cumulati in quel periodo dai prezzi sono risultati irrecuperabili in una sola tornata, che avrebbe richiesto oltre 32 miliardi di euro per pareggiare i conti. È nata anche da qui la spinta ad accelerare, per avvicinare fra loro le firme dei nuovi contratti intensificando il ritmo di arrivo dei loro effetti in busta paga: nei due trienni 2022/24 e 2025/27, calcola l’Aran, l’aumento a regime sarebbe di 324 euro lordi al mese, cumulando il +6% del contratto firmato a inizio anno e il +5,4% offerto da quello in arrivo ora sui tavoli delle trattative.

Il confronto con i sindacati viaggerà sul percorso tracciato da un atto di indirizzo snello, che in quattro pagine chiede soprattutto di valorizzare le regole della contrattazione decentrata, chiamata a garantire una «effettiva diversificazione degli istituti premiali» e a spingere sul welfare integrativo: tra le ipotesi portate al tavolo dall’atto di indirizzo c’è infatti «l’estensione delle tipologie di prestazioni» e la possibilità di destinare al welfare una quota delle risorse accessorie aggiuntive messe a disposizione dalla scorsa manovra (comma 121 della legge 207/2024).

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