Cessazione anticipata dell'incarico, il dirigente ha diritto a reintegra e risarcimento del danno
Rispetto alla cessazione anticipata dell'incarico, il dirigente è titolare di un diritto soggettivo che, ove ritenuto sussistente, dà titolo alla reintegrazione (se possibile) nella funzione dirigenziale ed al risarcimento del danno, mentre a fronte del mancato conferimento di un nuovo incarico può essere fatto valere un interesse legittimo di diritto privato, che, se ingiustamente mortificato, non legittima il dirigente a richiedere l'attribuzione dell'incarico non conferito ma può essere posto a fondamento della domanda di ristoro dei pregiudizi ingiustamente subiti. È quanto afferma la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza 18 giugno 2020, n. 11891.
L’approfondimento
La Sezione Lavoro della Cassazione è intervenuta sulle differenti conseguenze che derivano nel caso di cessazione anticipata dell’incarico dirigenziale e mancato conferimento dell’incarico.
La decisione
Nel rigettare il ricorso, il Collegio ha avuto modo di rilevare come rispetto alla cessazione anticipata dell'incarico, il dirigente è titolare di un diritto soggettivo che, ove ritenuto sussistente, dà titolo alla reintegrazione (se possibile) nella funzione dirigenziale ed al risarcimento del danno, mentre a fronte del mancato conferimento di un nuovo incarico può essere fatto valere un interesse legittimo di diritto privato, che, se ingiustamente mortificato, non legittima il dirigente a richiedere l'attribuzione dell'incarico non conferito ma può essere posto a fondamento della domanda di ristoro dei pregiudizi ingiustamente subiti.
Per il Collegio, infatti, non devono essere confusi il diritto soggettivo al conferimento dell'incarico e l'interesse legittimo di diritto privato correlato all'obbligo imposto alla pubblica amministrazione di agire nel rispetto dei canoni generali di correttezza e buona fede nonché dei principi di imparzialità, efficienza e buon andamento consacrati nell'art. 97 Cost., sicché il dirigente non può pretendere dal giudice un intervento sostitutivo e chiedere l'attribuzione dell'incarico, ma può agire per il risarcimento del danno, ove il pregiudizio si correli all'inadempimento degli obblighi gravanti sull'amministrazione.
Pertanto, deve richiamarsi il principio generale secondo cui, nel lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni (per i dirigenti statali in virtù di espressa previsione dell'art. 19, Dlgs 165/2001), alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l'attitudine professionale all'assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo e pertanto non è applicabile l'art. 2103 Cc, risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalità acquisite non compatibile con lo statuto del dirigente pubblico.
Inoltre, anche il sistema normativo del lavoro pubblico dirigenziale negli enti locali (trasfuso, come detto, nel Dlgs 267/2000, art. 109) esclude la configurabilità di un diritto soggettivo del dirigente a conservare in ogni caso determinate tipologie di incarico dirigenziale, ancorché corrispondenti all'incarico assunto a seguito di concorso specificatamente indetto per determinati posti di lavoro, pure anteriormente alla cosiddetta 'privatizzazione', laddove lo stesso sistema, peraltro, conferma il principio generale che, nel lavoro pubblico, alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l'attitudine professionale all'assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo e non consente perciò - anche in difetto della espressa previsione di cui all'art. 19, Dlgs 165/2001 stabilita per le Amministrazioni statali - di ritenere applicabile l'art. 2103 Cc (e l'art. 52, Dlgs 165/2001), risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalità acquisite non compatibile con lo statuto del dirigente pubblico locale, con la sola eccezione della dirigenza tecnica, nel senso che il dirigente tecnico, il cui incarico è soggetto ai principi della temporaneità e della rotazione, deve comunque svolgere mansioni tecniche.
Conclusioni
Alla luce di queste premesse, ne deriva che in tema di dirigenza pubblica, la qualifica dirigenziale esprime esclusivamente l'idoneità professionale del dipendente, senza che sia configurabile un diritto soggettivo a mantenere o a conservare un determinato incarico, la cessazione di un incarico di funzione e la successiva attribuzione di un incarico di studio ai sensi dell'art. 19, comma 10, Dlgs 165/2001, non determina un demansionamento.