Urbanistica

L'impianto «agri-ovo-voltaico» non sottrae suolo all'attività agricola

Ed è diverso dal fotovoltaico "classico". Lo afferma il Tar Lecce accogliendo il ricorso contro il parere Via negativo a un impianto da 6,6 Mw nel Salento

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di Massimo Frontera

Il Tar Puglia (Sezione Seconda di Lecce) da una scossa alla Regione, segnalando la necessità di adeguare le norme urbanistiche ai progressi tecnici che progressivamente vanno migliorando gli impianti di energia da fonte rinnovabile (Fer) anche sotto il profilo dell'impatto ambientale. L'occasione è offerta ai giudici da un contenzioso sorto sul parere negativo alla proposta di installare un grande impianto fotovoltaico in zona agricola, sul quale si è pronunciata la Seconda Sezione di Lecce del Tar (n.248/2022).

Il proponente ha inizialmente proposto la realizzazione di un grande impianto agrovoltaico. A seguito del parere negativo della commissione Via e della Soprintendenza, il proponente ha migliorato il progetto, trasformandolo in modo sostanziale. Mentre inizialmente l'impianto era previsto in appoggio al suolo, nella seconda proposta, i pannelli erano sopraelevati a un'altezza sufficiente per consentire, sia la permeabilità del suolo, sia lo sfruttamento agricolo del suolo stesso, anche grazie alla possibilità di manovrare le macchine agricole. Nonostante ciò, sia Regione che Soprintendenza hanno ribadito il parere negativo.

Più precisamente, il primo diniego riguardava l'autorizzazione a installare un impianto agrovoltaico di 6,6 Mw di potenza per una estensione di 15 ettari su un'area agricola a cavallo dei territori comunali di Salice Salentino (Le), Guagnano (Le) e San Pancrazio Salentino (Br), accanto a un impianto fotovoltaico esistente. Il servizio Via della Regione ha contestato la sottrazione di suolo delle «aree che potenzialmente si prestano meglio all'utilizzo agricolo (pianeggianti, libere e facilmente accessibili, proprio quale il sito dell'intervento in esame), sottraendole agli usi agrari per un periodo di 25-30 anni e modificando di conseguenza lo stato del terreno sottostante ai pannelli fotovoltaici». Per quanto riguarda il caso specifico, «il fattore di maggiore criticità, per il progetto in esame, è costituito dalla sottrazione di ulteriori 15 ha di suoli agricoli in aderenza ad un altro impianto già esistente, esteso per circa 24,6 ha»». Per il medesimo motivo, anche la Soprintendenza ha dato il parere: «la realizzazione dell'impianto fotovoltaico in esame - osserva - determinerebbe un significativo consumo di suolo a danno dell'attività agricola, in quanto la sua realizzazione implica una trasformazione duratura nel tempo stimata in circa 30-32 anni che, per quanto tecnicamente reversibile, è destinata a permanere per un tempo sufficientemente lungo ad alterare la morfologia del contesto e le dinamiche dell'attività agricola».

A questo punto il proponente ha riformulato l'intervento, convertendo l'iniziale impianto «fotovoltaico tout court (il quale impedisce la crescita della vegetazione, sì da determinare la perdita della potenzialità produttiva del terreno sul quale l'impianto insiste) ad impianto agri-ovo-voltaico, che garantirebbe invece la coltivazione agricola di più dell'80% della superficie disponibile, nonché il pascolo e ricovero di ovini, e infine l'allevamento di api stanziali sul sito. Il tutto accompagnato dalla proposizione di misure di mitigazione tanto in fase di cantiere quanto in fase di esercizio, mediante la piantumazione di specie autoctone, quali uliveto intensivo, posto dalla parte esterna alla recinzione, in modo da produrre un effetto naturale rispetto al contesto tipico locale».

Anche questo secondo - diverso - progetto, è stato però bocciato dalla commissione Via, che lo ha nuovamente giudicato incompatibile con le norme urbanistiche e paesaggistiche (Pptr Puglia), le quali fanno riferimento agli impianti fotovoltaici "classici" poggiati a terra, ignorando invece le recenti evoluzioni tecniche, come quella dell'impianto proposto, che migliorano l'impatto sul suolo, garantendone la permeabilità, e sono anche compatibili con una attività agricola. Il Piano paesaggistico territoriale regionale, spiegano i giudici, non ha tenuto presente gli impianti «agro-fotovoltaici, di nuova generazione, successivi al Pptr, che pertanto, per un evidente principio di successione di eventi, non ne ha potuto tener conto. In particolare, mentre nel caso di impianti fotovoltaici tout court il suolo viene reso impermeabile, viene impedita la crescita della vegetazione e il terreno agricolo, quindi, perde tutta la sua potenzialità produttiva, nell'agri-fotovoltaico l'impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti e ben distanziati tra loro, in modo da consentire la coltivazione sul terreno sottostante e dare modo alle macchine da lavoro di poter svolgere il loro compito senza impedimenti per la produzione agricola prevista. Pertanto, la superficie del terreno resta permeabile, raggiungibile dal sole e dalla pioggia, e utilizzabile per la coltivazione agricola».

In conclusione, secondo il Tar gli atti della regione sono illegittimi, in quanto «hanno posto a base decisiva del divieto il presunto contrasto del progetto con una normativa tecnica (il contrasto del progetto con le previsioni di cui agli artt. 4.4.1 PPTR) inconferente nel caso di specie, in quanto dettata con riferimento agli impianti fotovoltaici, ma non anche con riferimento agli impianti agro-fotovoltaici, nei termini testé descritti». Peraltro, il Tar osserva che è la stessa Regione ad aver agevolato l'installazione di impianti Fer, «requisiti che i cennati pareri negativi non sono stati in grado di revocare in dubbio, per l'errore di fondo (assimilazione degli impianti fotovoltaici a quelli agro-fotovoltaici) da cui essi muovono».

Ne consegue anche la necessità di riconsiderare anche l'effetto cumulativo prodotto dal nuovo impianto in aggiunta al precedente impianto fotovoltaico, questo sì di vecchia concenzione: «gli impatti cumulativi vanno misurati in presenza di progetti analoghi tra di loro, mentre così non è nel caso in esame, posto che mentre l'impianto esistente è di tipo fotovoltaico "classico", così non è invece nel caso del progetto della ricorrente, che nella sua versione rimodulata si sostanzia, come detto più volte, in un impianto di tipo agri-fotovoltaico».

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