Amministratori

Verso il voto, nodo occupazione giovanile per la Torino post industriale

Tra i 15 e i 24 anni il 30,3% è alla ricerca di un lavoro, un dato che supera la media italiana

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di Filomena Greco

Le sfide ancora da vincere sono quelle legate ad un nuovo modello di mobilità e alla qualità dell’aria, i nodi tutti da risolvere sono legati all’occupazione e al rischio di deindustrializzazione, nell’irrisolta dinamica centro-periferie che rappresenta da un lato il bagaglio di una ex factory-town, dall’altro una emergenza metropolitana legata a emarginazione, disoccupazione e lavoro “povero”. Torino, come Roma, si presenta alle prossime elezioni con alle spalle il “laboratorio” politico rappresentato dall’amministrazione dei Cinque Stelle, che ha interrotto una lunga fase di Governo targato centrosinistra.

La città risente del gap di Pil che ancora il territorio regionale si porta dietro rispetto alla crisi del 2008, quantificato in circa 10 miliardi dal Comitato Torino Finanza. E ha un tasso di disoccupazione dell’8,2% (era al 10,4% nel 2016), più alto della media regionale (7,5%) e dell’area Nord Ovest (6%), lontano dai livelli di città come Milano, Verona o Bologna. Nella fascia critica tra i 15 e i 24 anni poi Torino, con il 30,3% di disoccupati, supera la media italiana. Un primato pesante che mina il futuro sviluppo della città e dell’intera area metropolitana, nonostante dal 2016 al 2019 il numero di occupati sia cresciuto a fronte però di un crollo si almeno 30mila posizioni l’anno scorso. Sulle spalle del futuro sindaco, dunque, ci sono questioni squisitamente amministrative come la gestione dei rifiuti, dei quartieri, la sicurezza, la mobilità, i trasporti, la qualità dell’aria, ma anche e soprattutto l’onere di stimolare sviluppo e occupazione.

«Il Nord sta pagando più di altri il prezzo della crisi innescata dalla pandemia – sottolinea l’economista Mauro Zangola – a cominciare proprio dal Piemonte. Questo ci dice che il salto da compiere per tornare a crescere e creare lavoro è molto più alto di quello che ci dicono le previsioni, per quanto autorevoli». Due le emergenze per la città aggiunge Zangola: lavoro e giovani. «Si tratta – aggiunge – di emergenze aperte. Ce lo dicono i dati a consuntivo ai quali bisognerebbe prestare molta più attenzione, dando il giusto peso alle previsioni, ancora tutte da verificare».

Una città in declino economico? «Non parlerei di declino» è la risposta di Giorgio Marsiaj, presidente degli industriali di Torino, che aggiunge: «La città ha risentito più di qualsiasi altra area del crollo che ha interessato il mondo dell’auto nell’anno del Covid, con una perdita di volumi a livello mondiale compresa tra il 20 e il 25%. Bisogna lavorare a sostegno del settore ad un doppio livello, nazionale attraverso i sostegni alla domanda e locale, sviluppando il progetto del Polo della mobilità sostenibile di Mirafiori». Si tratta di uno dei quattro progetti strategici su cui la città scommette per il futuro, accanto alla Città dell’aerospazio, lo sviluppo della filiera dell’idrogeno e il polo per l’Intelligenza artificiale focalizzato su auto e aerospazio. «Continuiamo a lavorare su quello che sappiamo fare accelerando la trasformazione tecnologica – conclude Marsiaj – per generare nuove opportunità di occupazione, questa deve essere la priorità condivisa». L’anno scorso, per il secondo anno di fila, il numero delle aziende attive nei servizi alle imprese ha superato quelle del commercio, in contrazione negli ultimi anni, così come le imprese dell’industria, mentre sono cresciute le imprese del turismo. «Dopo la crisi del 2008 - argomenta Vladimiro Rambaldi presidente del Comitato Torino Finanza – il territorio di fatto non è riuscito a recuperare quanto perso, si tratta dunque di una perdita di valore che rimanda indietro negli anni e che Torino e il Piemonte si portano dietro. L’industria a Torino è ancora un traino dell’economia del territorio e questo va salvaguardato, servono dunque degli investimenti per favorire la trasformazione tecnologica, a cominciare all’auto, anche se l’economia si è già trasformata, ha visto crescere il turismo, l’enogastronomia. Ma penso che anche settori come commercio e artigianato, un po’ bistrattati in questi anni, vadano salvaguardati e rilanciati per provare a costruire modelli innovativi». Due le leve su cui bisognerebbe lavorare in futuro, suggerisce Rambaldi: «l’economia sociale, ambito nel quale Torino vanta una grande tradizione, e il mondo delle start up, sulle quali la città ancora non brilla nonostante le iniziative avviate».

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