Appalti senza gara a società pubbliche: la frenata dell'Anac sull'in house
Le linee guida dell'Anticorruzione sono anche una segnalazione al governo per la legge sulla concorrenza
L'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha approvato le linee guida per la formulazione della motivazione che giustifichi, da parte delle stazioni appaltanti, il ricorso agli affidamenti di appalti e concessioni in house, cioè a strutture interne o società controllate senza gara. Se da una parte l'obiettivo dell'Autorità presieduta da Giuseppe Busia è aiutare le amministrazioni a elaborare correttamente il documento richiesto per dimostrare la convenienza economica e sociale dell'affidamento diretto rispetto al ricorso al mercato, dall'altro l'Anac mette sotto i riflettori questo snodo decisivo della procedura di affidamento, chiarendo ancora una volta - e con il sostegno della giurisprudenza della Corte Ue, della Consulta e del Consiglio di Stato - che senza una motivazione adeguata l'affidamento di appalti e concessioni in house va considerati illegittimo.
Dare evidenza a questo passaggio significa, infatti, ridurre quella carenza di trasparenza e quell'eccesso di discrezionalità che spesso hanno consentito di far dilagare l'in house con l'applicazione a situazioni opache. Un obiettivo non implicito dell'Anac - e convergente con la segnalazione dell'Autorità Antitrust al governo per la messa a punto della legge sulla concorrenza 2021 collegata al Pnrr - è frenare «un ricorso massiccio all'affidamento in house a favore di società in alcuni casi prive dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla normativa e in assenza di adeguata motivazione circa la convenienza della forma di gestione prescelta».
Nel mirino un ampio sottobosco di affidamenti diretti che puntano a sfuggire non solo al mercato e a una procedura concorrenziale di gara, ma anche a una motivazione comparativa che spieghi in quale posizione stiano gli affidamenti decisi rispetto ai benchmark del settore.I numeri raccolti dalla stessa Anac, dalla Corte dei conti e dal Mise fotografano bene il dilagare del fenomeno degli affidamenti diretti e dell'in house sia nell'ambito degli appalti locali che nei settori dei servizi e, in particolare, dei servizi pubblici locali: tra le modalità di affidamento dei servizi, per esempio, in ambito locale, solo il 5% si svolge con gara e il resto va in affidamento diretto.
Nell'ambito della gestione dei rifiuti, gli affidamenti in house sono quasi il 70% del totale: 70 affidamenti su 105 nel quadriennio 2016-2020. L'Anac ricorda anche che l'elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti in house (di competenza della stessa Anac) prevede a oggi 1.397 soggetti che hanno presentato domanda: di questi 187 sono stati cancellati o archiviati, 15 respinte e 751 iscritte. In fase istruttoria restano 444 richieste. Per altro il totale delle domande pervenute all'Anac è inferiore alle 2.997 società partecipate cui le amministrazioni aggiudicatrici hanno dichiarato di aver affidato i servizi nell'ultimo censimento svolto dal Tesoro.
L'Anac spiega, in sostanza, in attuazione dell'articolo 192, comma 2, del codice degli appalti, come assolvere legittimamente all'«onere motivazionale aggravato» richiesto per chi affida in house. Un onere aggiuntivo dichiarato legittimo anche dalla Corte di giustizia Ue là dove lo Stato italiano ritiene necessario «lo svolgimento di un'indagine comparativa volta a dimostrare la convenienza economica e sociale dell'affidamento diretto» rispetto all'affidamento a imprese operanti nel mercato. Non si può trascurare tuttavia che il decreto legge 77 sulle semplificazioni per il Pnrr ha rilegittimato l'in house, con la motivazione di accorciare i tempi degli affidamenti, anche per attività di supporto alle Pa nelle fasi di definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione degli interventi.
«Si ritiene - scrive l'Anac - che le indicazioni contenute nelle presenti linee guida siano compatibili con tali finalità e possano essere prese a riferimento anche per la valutazioni delle ragioni del mancato ricorso al mercato ricorso al mercato». Le stazioni appaltanti, nello svolgimento della valutazione prevista dall'articolo 192 del codice appalti, potranno considerare «in special modo i vantaggi derivanti dal risparmio di tempo e di risorse economiche rispetto al ricorso al mercato».