Imprese

Innovazione/1 - Internet delle cose e smart home, business da 1,5 miliardi

di Mila Fiordalisi

Vale già 1,55 miliardi di euro il mercato italiano dell’Internet of things (Iot), per un totale di 8 milioni di oggetti connessi. È quanto emerge dalle rilevazioni dell’Osservatorio Internet of things della School of Management del Politecnico di Milano secondo cui se il 2014 si attesta come l’anno della svolta, gli effetti dirompenti degli oggetti «connessi» si toccheranno con mano di qui ai prossimi anni. E sarà il settore del «building» insieme con quello dei trasporti a registrate le performance migliori in termini di giro d’affari e anche di tecnologie e soluzioni disponibili.

Il mercato
Il comparto Smart Home & Building vale a oggi il 23% della torta e l’8% degli oggetti connessi fra impianti di climatizzazione e riscaldamento, sistemi antiintrusione e di videosorveglianza. Lo Smart Metering e lo Smart Asset Management nelle utility, contano da soli circa 1,7 milioni di oggetti connessi tramite sim (21% degli oggetti, 16% del mercato) e i numeri sono destinati a lievitare anche e soprattutto trainati dai progetti di smart city. Secondo Jeremy Rifkin, uno dei più grandi economisti mondiali, siamo di fronte a un «enorme passo avanti per l’umanità». «Metteremo sensori ovunque, in ogni device, in ogni macchina, negli edifici, lungo tutta la value chain, al fine di restituire dati in real time». La partita Internet of things è legata a filo stretto con quella della domotica: il mercato globale - sottolinea Juniper Research - entro il 2018 raddoppierà il volume d’affari sull’onda della crescente domanda di soluzioni per la gestione intelligente e integrata dei sistemi domestici.

Edifici hi-tech
Stando alle stime di Abi Research più di 8 milioni di sistemi di gestione degli edifici (Building Management System) saranno aggiornati e integrati con piattaforme, applicazioni e servizi basati sulla tecnologia Iot di qui al 2020. Una vera e propria rivoluzione: l’integrazione dell’Iot trasformerà il «tradizionale» Bms, aggiungendo una serie di informazioni «inedite», dal mutamento delle condizioni meteorologiche alla variabilità dei prezzi dell’energia, e consentendo il controllo in tempo reale e da remoto dello stato degli edifici e dei singoli impianti. «Oltre che con la vendita dei componenti hardware, è soprattutto con le applicazioni e i servizi che i fornitori otterranno la maggior parte del revenue dai Bms che integrano l’Iot», sottolinea Dan Shey, Practice Director di Abi Research. Affinché l’Iot possa affermarsi appieno vanno però sciolti alcuni nodi, a partire dalla questione di interoperabilità di sensori e piattaforme software: se è vero che i sistemi proprietari sono sempre più «aperti» ad accogliere tecnologie e applicazioni di terze parti e che le tech company si vanno «consorziando» al fine di offrire soluzioni «parlanti» fra loro, è anche vero che al momento non esiste uno standard comune. L’Itu, l’organismo di standardizzazione dell’Onu, ha dato vita a un nuovo gruppo di studio (Itu-T Study Group 20) per mettere a punto i requisiti di base per creare lo standard Iot. Il gruppo è impegnato in prima battuta a definire le credenziali per lo sviluppo di soluzioni per le smart city e in particolare delle tecnologie machine-to-machine (comunicazione fra dispositivi) e delle reti di sensori.

Servono nuove norme
La questione, oltre che tecnologica, è però anche regolatoria: serviranno nuove norme, in particolare per gestire la tracciabilità dei dati e garantirne la sicurezza. In Italia si è da poco conclusa la consultazione pubblica sul mercato Internet delle Cose ed M2M aperta dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom). «Il fenomeno ha impatti rilevanti in termini di garanzie contrattuali e data protection degli utenti finali - si legge nella nota emessa a conclusione dell’indagine -. Ancora, è emerso che le infrastrutture a oggi utilizzate per fornire i servizi M2M sono inadeguate a soddisfare le esigenze trasmissive, così come le soluzioni tecnologiche sono estremamente frammentate e le piattaforme risultano di natura prevalentemente proprietaria: è dunque necessario incentivare lo sviluppo di piattaforme standard, eventualmente anche attraverso l’intervento pubblico». E per questa ragione l’Authority presieduta da Angelo Marcello Cardani ha deciso di costituire un apposito Comitato aperto alla partecipazione di tutti i soggetti, istituzionali e non, coinvolti nello sviluppo dei servizi legati all’Iot. Intanto il mercato si muove e oltre ai tradizionali player (le aziende del comparto dell’Ict ma anche quelle dell’energia e i produttori di soluzioni per la building automation) si fanno strada nuove realtà imprenditoriali, perlopiù guidate da giovani a caccia di opportunità di business. Già numerose le startup, anche italiane, che vedono nell’Iot una chance per crescere e trovare spazio nel mercato.

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