Appalti

Risoluzione del contratto, l'annotazione nel casellario Anac non porta in automatico all'esclusione dalle gare

Se non è accompagnata da sanzione interdittiva l'iscrizione ha la finalità di rendere noti i fatti ma non impedisce l'assunzione di altre commesse. La risoluzione deve però essere dichiarata

di Fabio Di Salvo

L'art. 213, comma 10, D.lgs. 50/2016 demanda all'Anac la gestione del Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (vedi il regolamento approvato con delibera n. 861/2019), contenente – fra le altre – le informazioni sugli operatori economici necessarie alla verifica dei gravi illeciti professionali di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice.

In particolare, le iscrizioni relative ai "gravi illeciti professionali" vengono inserite nell'apposita sezione B del Casellario (art. 8, comma 2, del Regolamento) e, come noto, devono essere comunicate dalla stazione appaltante interessata entro 30 giorni decorrenti dalla conoscenza o dall'accertamento delle stesse (art. 11 del regolamento).

Ai fini che qui interessano, viene in rilievo la previsione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c-ter) D.lgs. 50/2016, secondo la quale le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico quando questi "abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa".

È questo uno degli aspetti più problematici per l'impresa rispetto ad un'eventuale risoluzione disposta ai sensi dell'art. 108, comma 3, D.lgs. 50/2016: gli appaltatori temono che la segnalazione conseguente ad una risoluzione in danno del contratto (legittima o contestabile che sia) impedisca la partecipazione a gare future o rappresenti, di per sé sola, motivo di esclusione ai sensi dell'art. 80 del Codice.

La tematica, pervero, è stata più volte affrontata da giurisprudenza e dottrina anche prima dell'entrata in vigore del nuovo codice e sotto la vigenza dell'art. 38, comma 1, lett. f) del D.lgs. 163/2006; in numerose occasioni si sono sempre affermati due principi cardine:

1) l'eventuale provvedimento di esclusione che l'ente appaltante dovesse assumere in forza di precedenti risoluzioni contrattuali deve essere adeguatamente motivato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 14 gennaio 2013, n. 149; Consiglio di Stato, Sez. V, 25 maggio 2012, n. 3078; Tar Campania-Napoli, n. 765/2011; Tar Lazio, n. 3943/2015; Cassazione Civile, sez. I, 17 febbraio 2012, n. 2312);

2) l'esclusione non opera automaticamente, essendo – al contrario – il giudizio di inaffidabilità professionale subordinato ad una preventiva e motivata valutazione della stazione appaltante (o della commissione giudicatrice), che esamini la gravità e rilevanza sul piano professionale della precedente risoluzione contrattuale comminata da altra amministrazione, avendo riguardo alla peculiarità della vicenda oggetto di causa e dunque anche alla gravità dell'errore professionale di cui trattasi e alle modalità di accertamento di esso (Tar Napoli - Campania, n. 2903/2015; Tar Napoli-Campania, n. 4749/2015; Tar Catania-Sicilia, n. 3014/2015; Tar Roma-Lazio, n. 12711/2015; Tar Roma-Lazio, sez. III, n. 3140/2017).

Nello stesso senso si è, inoltre, espressa l'Anac nel parere di precontenzioso n.107 del 27 giugno 2012 - relativo all'interpretazione dell'art. 38, 1° comma, lett. f) seconda parte sopra citato - ivi affermando che "è di tutta evidenza che il presupposto ineludibile dell'esclusione divisato da detta norma è costituito da una "motivata valutazione" – nella specie mancata – e non già da un automatico sillogismo coniato de relato, con riferimento ad un elemento ostativo di cui non è stata esaminata l'attualità e concretezza. In particolare, la suddetta norma non ha carattere sanzionatorio, ma contempla una misura a presidio dell'elemento fiduciario, che esclude di per sé qualsiasi automatismo; sicché, anche qualora la motivazione contenesse – come nel caso di specie – un riferimento ad un episodio contestato in occasione di un precedente rapporto, ciò non esimerebbe la S.A. dal dare contezza degli elementi in concreto posti a base di una rinnovata valutazione di sfiducia nel soggetto aspirante contraente".

A conferma di detto indirizzo, soccorre anche l'art. 57, comma 6, della direttiva UE n. 24/2014 in forza del quale "un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4 può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l'esistenza di un pertinente motivo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l'operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d'appalto".

I principi suddetti, poi, sono stati esplicitamente richiamati e sviluppati sia dall'attuale legislatore (il quale, all'art. 80, comma 5, lett. c-ter), non solo ribadisce l'obbligo di motivazione – "su tali circostanze la stazione appaltante motiva …" – bensì aggiunge e specifica ulteriori elementi a cui la motivazione deve ancorarsi – "… anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa"), sia dall'Anac stessa, per mezzo della Linee guida n. 6 (approvate con delibera n. 1293/2016 e successivamente aggiornate con delibera n. 1008/2017).

In particolare, l'Anac ha indicato alle stazioni appaltanti le modalità per procedere all'apprezzamento delle cause incidenti sul motivo di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. 50/2016 (vedi punto VI delle Linee Guida): da tali indicazioni (punti 6.2; 6.3; 6.4; 6.5) emerge come l'inserimento dell'annotazione nel casellario informatico delle imprese abbia, di fatto, la solo finalità di rendere pubblicamente noti i fatti segnalati dalla stazione appaltante e non impedisca l'assunzione di future commesse e la partecipazione a procedure di affidamento, non comportando l'automatica esclusione dalle gare pubbliche.

Il casellario, dunque, ha lo scopo di consentire alla stazione appaltante di procedere alle valutazioni di competenza in ordine alla rilevanza ostativa degli specifici comportamenti, ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c), c-bis), c-ter), c-quater) d.lgs. 50/2016, in relazione all'oggetto dell'affidamento e a quanto indicato dall'Anac nelle Linee Guida n. 6.

A tal riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che la deliberazione dell'Autorità con la quale si dispone l'annotazione nel casellario informatico delle imprese, quando non è accompagnata dalla sanzione interdittiva e non limita la possibilità di partecipare all'affidamento di commesse pubbliche, non assume carattere sanzionatorio ma, in presenza dei suoi presupposti, costituisce un mero "atto dovuto" (cfr., da ultimo, Tar Lazio, n. 11701/19; Tar Brescia, n. 215/2019).

Infine, occorre aggiungere alcune precisazioni:
a)l'annotazione nel casellario può, in linea generale, essere integrata con notizie relative ad eventuali contenziosi instaurati dalle parti in causa, laddove richiesto, al fine dell'equo bilanciamento degli opposti interessi, sulla base della documentazione che l'una o l'altra parte potrà esibire al fine di provare quanto affermato;
b)le Linee guida n. 6, al punto sub VII, prevedono esplicitamente che, ai sensi dell'art. 80, comma 7, del Codice l'operatore economico è ammesso a provare di aver adottato misure sufficienti a dimostrare la sua integrità e affidabilità nell'esecuzione del contratto oggetto di affidamento (cc.dd. misure self-cleaning) nonostante l'esistenza di un pertinente motivo di esclusione;
c)in particolare, possono essere considerati idonei a evitare l'esclusione, oltre alla dimostrazione di aver risarcito o essersi impegnato formalmente e concretamente a risarcire il danno causato dall'illecito:

1.l'adozione di provvedimenti volti a garantire adeguata capacità professionale dei dipendenti, anche attraverso la previsione di specifiche attività formative;
2.l'adozione di misure finalizzate a migliorare la qualità delle prestazioni attraverso interventi di carattere organizzativo, strutturale e/o strumentale;
3.la rinnovazione degli organi societari;
4.l'adozione e l'efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi e l'affidamento a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, del compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento;
5.la dimostrazione che il fatto è stato commesso nell'esclusivo interesse dell'agente oppure eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione o che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di controllo.

Le conclusioni a cui questa breve disamina consente di pervenire, dunque, possono indurre le imprese appaltatrici che dovessero trovarsi a subire una risoluzione in danno ex art. 108 Dlgs 50/2016 (al netto, si badi, della valutazione sul merito della disposta risoluzione) a tenere a mente due precisi elementi:

-il primo, riguarda la circostanza che la risoluzione deve essere sempre dichiarata in sede di partecipazione alle successive gare di appalto (in tal senso, peraltro, si era già chiaramente espresso il Tar Toscana-Firenze, n. 1079/2014, richiamando copiosa e conforme giurisprudenza pregressa – Tar Lazio, n. 342/2005; Tar Lazio, n. 6147/2013; Determinazione Avcp n. 1/2010);

-il secondo, riguarda la circostanza che, una volta intervenuta la risoluzione del contratto e la conseguente segnalazione all'Anac, non solo all'impresa non è affatto preclusa la partecipazione a successive gare, bensì la segnalazione non opera quale automatico (ed isolato, ci si consenta di aggiungere) motivo di esclusione dalla gara;
-in tale ultimo senso, anzi, all'obbligo di adeguata motivazione della stazione appaltante (laddove questa si orienti per l'esclusione) si aggiunge la possibilità per l'impresa partecipante di documentare ed addurre circostanze a proprio favore (contestazione in giudizio della risoluzione; insussistenza di un provvedimento di condanna al risarcimento danni; misure di self-cleaning), nonché gli ordinari rimedi di impugnazione, dinanzi alla competente Autorità, sia del provvedimento con il quale l'Anac proceda all'annotazione nel Casellario sia, ex post, del provvedimento con il quale, eventualmente, la stazione appaltante abbia disposto l'esclusione.

Ovviamente, permane – in questo ampio quadro – la tematica relativa al "danno di immagine" che una risoluzione contrattuale ed una successiva segnalazione all'Anac possono comportare per un'impresa operante nel settore dei contratti pubblici: come evidenziato già nel 2013 dal Tar Lazio, anche l'annotazione che non prevede l'automatica esclusione o la conseguente interdizione dalle gare pubbliche, risulta comunque rilevante sia sotto il profilo dell' "immagine" sia sotto quello dell'aggravamento della partecipazione a selezioni pubbliche" (cfr. Tar Lazio-Roma, sez. III, 29 marzo 2013, n. 3233).

Pur tuttavia, è bene che gli operatori del settore – nell'ambito della discrezionale valutazione sull'opportunità o meno di chiedere, in un eventuale contenzioso, il risarcimento di tale voce di danno – abbiano a mente che il danno all'onore ed alla reputazione (del tutto assimilabile al danno all'immagine) non è in re ipsa, identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell'interesse tutelato dall'ordinamento, ma con le conseguenze di tale lesione, per cui la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni, assumendo a tal fine rilevanza, quali parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della vittima (ordinanza Cass., sez. III, 26 ottobre 2017 n.25420).

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