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Il virus spegne l’appeal delle grandi città

Dal 2015 le aree metropolitane hanno perso il 2,4% di residenti con record a Catania (-6,4%) e Firenze (-5,6%)

di Marta Casadei e Michela Finizio

La pandemia fa crollare i trasferimenti di residenza nelle grandi città. Il risultato, al netto dei fenomeni naturali (nascite e decessi), è un saldo migratorio negativo anche nel 2020 che accentua una crisi già in corso da alcuni anni. È questa la fotografia che emerge dall’eleborazione effettuata dal Sole 24 Ore del Lunedì sulla base dei bilanci demografici mensili Istat, aggiornati fino a ottobre 2020, relativi alla popolazione residente nei comuni capoluogo delle 15 città metropolitane.

Il virus ha congelato sia le cancellazioni che le iscrizioni anagrafiche su tutto il territorio nazionale, ma ha anche rimescolato le carte nelle scelte di vita. La corsa dei contagi da Covid-19, il blocco degli spostamenti verso le seconde case, il crollo del turismo, le limitazioni negli spostamenti da e verso l’estero, lo smart working diffuso, la crisi economica: sono tutti elementi che hanno avuto (e avranno) potenziali riflessi sulle decisioni a lungo termine delle persone. Dove vivere non è più così scontato e, al netto dei semplici cambi di domicilio che sfuggono alle statistiche, ecco perché diventa interessante monitorare l’impatto sui trasferimenti di residenza.

Nelle città metropolitane, dove vive il 16% della popolazione italiana, i residenti sono in calo da ormai cinque anni. Fatta eccezione per Bologna e Milano, che dal 2015 a fine 2020 hanno visto crescere il numero di cittadini registrati all’anagrafe (rispettivamente del 2,3% e del 4,1%), in media la popolazione nelle grandi città a ottobre risultava in calo del 2,4% rispetto a ottobre 2015, con un trend costante nel quinquennio, confermato negli ultimi 12 mesi (-0,7%). A perdere più cittadini sono Catania (-6,4% in cinque anni) e Firenze (-5,6%), seguite da Messina e Reggio Calabria.

Per vedere gli effetti della pandemia, però, è necessario analizzare più nel dettaglio le variazioni registrate in anagrafe tra gennaio e ottobre 2020, nei bilanci mensili provvisori, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In media nelle 15 città si rileva un incremento dell’8,9% dei decessi, fenomeno che purtroppo ha colpito i centri più densamente popolati su scala globale. Proprio Milano, ad esempio, nel 2020 - dopo anni di crescita e per la prima volta dopo Expo 2015 - ha chiuso il bilancio demografico in negativo: a pesare è soprattutto il +21% di decessi (oltre 4000 mila morti in più nel 2020), ma anche le tante cancellazioni per irreperibilità (oltre 6.300) e il forte calo delle nascite (più di mille nati in meno).

Oltre al saldo naturale tra decessi e nascite (queste ultime da lungo tempo in flessione, in linea con le statistiche nazionali), il virus ha congelato anche i cambi di residenza: nelle città metropolitane le iscrizioni anagrafiche sono crollate in media del 23% e le cancellazioni dell’8,7 per cento. E in queste medie sono compresi i trasferimenti da altri comuni, dall’estero e le rettifiche anagrafiche.

A Firenze il calo era già in corso da anni, «circa 20, con un’accelerazione negli ultimi dieci», spiega Enrico Conti, consigliere con delega alla statistica del Comune di Firenze. Colpa dei costi elevati della vita e della trasformazione del centro città sul modello Airbnb, che ha spinto anche a trasferirsi altrove pur di affittare l’appartamento ai turisti. Ma anche di un «effetto ottico» dovuto al passaggio all’anagrafe digitale: «Negli ultimi quattro anni - dice Conti - abbiamo cancellato più di 5mila stranieri che si erano già trasferiti tempo prima. E stiamo registrando fenomeni di “migrazioni di ritorno”, persone che rientrano dopo anni nei Paesi di provenienza». Non necessariamente a causa del Covid.

L’unica città in controtendenza demografica, anche nell’anno del Covid, è Bologna: il capoluogo emiliano - già vincitore, con la sua area metropolitana - dell’edizione 2020 della Qualità della vita, dal 2015 ha guadagnato il 2,5% in più di residenti. «Nonostante l’elevato numero di decessi abbiamo avuto un saldo migratorio positivo da altre città italiane - spiega Mariagrazia Bonzagni, direttore dell’area programmazione, controlli e statistica del Comune di Bologna - e questo ci ha confermato un trend in corso da decenni: in 20 anni abbiamo guadagnato circa 20mila residenti». Le ragioni? «L’università, la centralità “logistica” e i servizi educativi rendono Bologna una città accogliente», chiosa Bonzagni.

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