Appalti

Appalti, cabina di regia a Palazzo Chigi e banca dati all'Anac

Dl semplificazioni a maggio: Draghi rispolvera la struttura per il coordinamento prevista dal codice che Salvini attacca

di Giorgio Santilli

Sarà l’Anac, dopo anni di stallo, di meline e di guerre fra amministrazioni, a dettare le regole per far parlare fra loro e in prospettiva unire le diverse banche dati della pubblica amministrazione in materia di investimenti e appalti. È la tappa della interoperabilità che ha come obiettivo ultimo la digitalizzazione spinta del sistema degli appalti che la stessa Anac e Bankitalia considerano la via maestra per tagliare i tempi delle procedure, ridurre gli adempimenti a carico delle imprese, dare efficienza al sistema.

È questa una delle sorprese dell’ampio collage di norme sulla semplificazione degli investimenti pubblici che in questi giorni si va componendo, mettendo insieme le tessere che arrivano da vari ministeri e tavoli interministeriali.

Il punto di arrivo è un decreto legge omnibus che approderà in Consiglio dei ministri probabilmente verso la metà di maggio (anche per evitare un ingorgo di decreti in Parlamento). E insieme al primo, un decreto Cingolani per le semplificazioni ambientali (anticipato domenica e ieri dal Sole 24 Ore). Il rapporto fra i due decreti - soprattutto sulle due materie più sensibili della commissione per la valutazione di impatto ambientale e delle semplificazioni per il Superbonus - non è ancora definito, ma dovrebbe prevalere il decreto omnibus su cui i ministeri di riferimento sono la Pubblica amministrazione e le Infrastrutture. C’è poi la «fase due», con la riforma a regime del codice degli appalti.

Il coordinamento di una materia tanto delicata non potrà che essere a Palazzo Chigi che, per altro, dimostra di volere tenere un ruolo centrale durante lo svolgimento del Pnrr in tutto il processo di semplificazione legislativa e di monitoraggio delle procedure, rispolverando la cabina di regia prevista dall’articolo 212 del codice appalti. Questa è anche la rassicurazione che sarà trasmessa a Bruxelles. Tra i compiti che questa cabina di regìa a Palazzo Chigi dovrà svolgere:

a) effettuare una ricognizione sullo stato di attuazione del codice appalti e sulle difficoltà riscontrate dalle stazioni appaltanti «nella fase di applicazione anche al fine di proporre eventuali soluzioni correttive e di miglioramento»;

b) curare, «se del caso con apposito piano di azione», la fase di attuazione del presente codice «coordinando l’adozione, da parte dei soggetti competenti, di decreti e linee guida, nonché della loro raccolta in testi unici integrati, organici e omogenei, al fine di assicurarne la tempestività e la coerenza reciproca»;

c) esaminare le proposte di modifiche normative nella materia disciplinata dal codice «al fine di valutarne l’impatto sulla legislazione vigente, garantire omogeneità e certezza giuridica, supportando la competente struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri nel coordinamento dei vari interventi regolatori nel settore»;

d) promuovere la realizzazione, in collaborazione con i soggetti competenti, di «un piano nazionale in tema di procedure telematiche di acquisto, al fine della diffusione dell'utilizzo degli strumenti informatici e della digitalizzazione delle fasi del processo di acquisto»;

e) promuovere accordi, protocolli di intesa, convenzioni, «anche con associazioni private per agevolare la bancabilità delle opere pubbliche».

Mentre Draghi ne riscopre e valorizza un pilastro dimenticato, sul codice torna a sparare Matteo Salvini, che ne chiede l’abolizione e il ritorno alle direttive Ue.

L’insistenza del governo sulla digitalizzazione è confermata da un’altra norma allo studio: l’assegnazione di un «punteggio premiale per l’uso nella progettazione dei metodi e strumenti elettronici specifici». È il Bim (Building Information Modeling), tassello fondamentale per digitalizzare la progettazione e tutto il percorso a valle dell’opera.

Nelle bozze che circolano è evidente che il governo intende ripartire dal Dl 76/2020, il decreto semplificazioni del luglio 2020, per tenere aperta la corsia emergenziale che lì era stata aperta. Anzitutto, con la proroga a fine 2023 delle norme in scadenza a fine 2021. Fra queste la norma che alleggerisce il danno erariale sui dipendenti pubblici che firmano (ma non per quelli che omettono di firmare) gli affidamenti senza gare formali, la limitazione del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici per le sole opere di importo superiore a 100 milioni, l’incremento al 30% dell’anticipazione per l’appaltatore di lavori.

C’è poi tutto il capitolo fondamentale della velocizzazione delle procedure a monte delle gare. C’è la velocizzazione dei contratti di programma di Rfi e Anas. Si lavora all’ipotesi di una conferenza di servizi unica centralizzata per i progetti del Pnrr. Ma il punto centrale resta la riforma del procedimento di valutazione di impatto ambientale. Oltre a tagliare i tempi ordinari (sulla carta) da 310 a 170 giorni si rafforza l’idea di costituire una nuova commissione speciale, da nominare ex novo, con commissari che lavorino a tempo pieno. Su questa posizione ormai sembra schierato lo stesso ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, a condizione che la commissione resti ben radicata nel suo ministero.

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