Amministratori

Società, per il mancato taglio responsabilità solo ai politici

La sanzione fino a 500mila euro non può essere applicata alla struttura amministrativa

di Pasquale Monea

In caso di omessa adozione del piano di ricognizione delle partecipazioni da parte di un ente locale, la sanzione amministrativa pecuniaria da 5mila a 500mila euro prevista dall'articolo 20, comma 7 del Dlgs 175/2016 in applicazione del principio di legalità non può trovare applicazione fuori dall’ipotesi tassativamente prevista nella norma. Lo spiega la Corte dei conti, sezione giurisdizionale Campania, nel decreto 3/2022. Dal momento che atto rientra nelle competenze dell’organo politico di vertice, la responsabilità necessita di una condotta “propria” che non può essere estensivamente imputata a deficienze della struttura amministrativa.

Il procuratore Regionale ha promosso giudizio nei confronti delle responsabili del settore finanziario di un Comune in quanto non avevano predisposto la proposta di deliberazione sulla ricognizione delle partecipazioni societarie, impedendo l'adempimento degli obblighi dell'articolo 20 del Tusp da parte del consiglio, concretamente competente.

Il requirente ha ritenuto di poter individuare la responsabilità nelle condotte omissive delle responsabili dell'area finanziaria. Il Procuratore ha configurato un'omissione integrante una delle ipotesi di responsabilità sanzionatoria previste dall'articolo 20, comma 7, meritevole della sanzione del pagamento della misura edittale minima. Nel merito la sentenza inquadra la fattispecie in un'ipotesi di «responsabilità pecuniaria sanzionatoria», che s'inserisce nella tendenza legislativa dell'ultimo ventennio con la quale, con sempre maggior frequenza, al modello classico di responsabilità amministrativa sono state affiancate nuove forme tipizzate di responsabilità erariale affidate alla cognizione della Corte dei conti. «Il fatto accertato» va valutato dal giudice secondo le norme che in astratto lo disciplinano (Corte conti, sezione III di appello, n. 431/2016).

La decisione si sofferma sulla strutturazione della responsabilità sanzionatoria: illiceità normativamente accertata di un comportamento dal quale consegue una sanzione pecuniaria, l’indifferenza del pregiudizio erariale e la sussistenza dell’elemento soggettivo necessario per l’affermazione della responsabilità.

Per la Corte la decisione del caso di specie non può prescindere dalla ricerca dei soggetti sui quali, in un ente locale, incombe l'obbligo di adottare uno degli atti previsti dal Dlgs 175/2016, individuati nell'organo politico di vertice dell'amministrazione: il sindaco che viene definito espressamente come «organo responsabile dell'amministrazione del comune» particolarmente cogente nel caso di specie essendo un ente di ridotte dimensioni.

Il passaggio più interessante e innovativo è l'incrocio con la legge sulle sanzioni amministrative. La responsabilità sanzionatoria amministrativa non può che essere guidata dai principi cardine dettati in materia dalla legge 689/1981. L'articolo 12 della legge prevede che: «Le disposizioni di questo capo si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari». É conseguenza per la Sezione giurisdizionale campana la non applicabilità ai funzionari amministrativi della sanzione prevista dall'articolo 20, comma 7 del Dlgs 175/2016 nella considerazione che gli stessi non siano competenti all'adozione dei provvedimenti di ricognizione con la conseguenza che «le loro condotte non sono sussumibili nella fattispecie astratta recata dalla norma sanzionatoria». Diversamente opinando si attuerebbe un'estensione dell'ambito applicativo della norma sanzionatoria violativo del principio di legalità di cui al richiamato articolo 1, comma 2 della legge 689/1981. A ogni buon conto la decisione precisa come non sia stata allegata alcuna prova della sussistenza di un nesso etiologico fra le condotte contestate alle parti resistenti (i funzionari) e la consumazione dell'illecito come prefigurato dal legislatore.

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