Codice appalti, Fondazione Visentini: i principi generali diventano regole
È presto per affermare se la giurisprudenza si orienterà sin dai primi mesi dall’acquisto di efficacia del nuovo Codice nel senso di riconoscere a tutti princìpi generali da esso enunciati una valenza giuridica
La disciplina dei princìpi generali del nuovo Codice dei contratti pubblici (Dlgs 36/2023) ha destato sin dall’inizio l’attenzione degli addetti ai lavori (ma anche di una parte rilevante dell’opinione pubblica) e ha rappresentato uno dei temi più dibattuti fin dalla fase di elaborazione del testo da parte della Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato dal presidente Franco Frattini. La grande attenzione dedicata al tema dei princìpi generali può spiegarsi in parte per il numero obiettivamente elevato degli articoli a esso dedicati (ben 18 sui 229 che compongono il nuovo Codice) e in parte perché i princìpi generali rappresentano uno degli ambiti di maggiore novità sia rispetto al previgente «Codice 50», sia rispetto alle stesse previsioni del pacchetto di direttive Ue del 2014.
Il Codice del 2016, in realtà, non conteneva di fatto alcuna enunciazione dei princìpi regolatori della materia della contrattualistica pubblica e i suoi primi tre articoli (che, pure, erano riuniti sotto la rubrica «Princìpi generali e disposizioni comuni») in realtà presentavano un contenuto che poco aveva a che vedere con una genuina disciplina di principio.
Il Codice del 2023 interviene su questo stato di cose con aspetti di indubbia novità e introduce un’articolata disciplina di principio che si distingue sia dal mero rinvio all’articolo 97 della Costituzione, sia dal semplice richiamo ai princìpi di cui alla legge 241/1990, sia – infine – dal puro e semplice rinvio ai princìpi generali enucleati dal diritto Ue.
Dal punto di vista redazionale il nuovo Codice opera una distinzione fra:
– da un lato, i primi 12 articoli (i quali enunciano i princìpi generali propriamente detti, con funzione «ordinante e nomofilattica», per usare le parole della relazione illustrativa al testo);
– dall’altro, gli articoli da 13 a 18 (i quali enunciano alcuni ulteriori princìpi la cui applicazione resta comune a tutti i libri del Codice).
Come è stato osservato da alcuni fra i primi commentatori, il nuovo Codice mira evidentemente all’obiettivo di far sì che la disciplina dei princìpi generali non resti più confinata sul piano (elevato ma sostanzialmente astratto) dei valori, ma assuma un contenuto precettivo e squisitamente giuridico, muovendosi quindi sul piano concreto delle regole (secondo la logica della justiciability propria dell’esperienza anglosassone).
Ebbene, esaminando gli articoli iniziali del nuovo Codice, emerge che in alcuni casi la portata immediatamente precettiva di alcune disposizioni di principio sia del tutto evidente (si pensi alle regole sul Rup ovvero a quelle in tema di scansione in fasi della procedura).
In altri casi, invece, occorrerà probabilmente attendere l’elaborazione giurisprudenziale per comprendere sino a che punto i princìpi enunciati dal Codice rappresentino qui ed ora dei veri e propri parametri giuridici (con la conseguenza, ad esempio, per cui un provvedimento del Rup potrà essere annullato in quanto violativo del principio del risultato e di quello della fiducia).
È presto per affermare se la giurisprudenza si orienterà sin dai primi mesi dall’acquisto di efficacia del nuovo Codice nel senso di riconoscere a tutti princìpi generali da esso enunciati una valenza squisitamente giuridica. È certo però che questo sarà uno dei grandi temi sui quali si misurerà l’effettivo tasso di innovatività della riforma in atto.
Dal punto di vista storico, però, occorre ricordare che – ad esempio – la Corte costituzionale impiegò molti anni prima di affermare il carattere genuinamente precettivo degli stessi princìpi di buon andamento e di imparzialità e che, ancora con la sentenza n. 9 del 1959 (a 12 anni circa dall’entrata in vigore della Costituzione), tale carattere veniva ancora sostanzialmente negato.
Affinché, però, l’opera degli interpreti possa svolgersi su questo delicato tema in modo sereno, appare importante che gli stessi addetti ai lavori sgombrino il campo ad alcune improprie semplificazioni che non contribuiscono a un dibattito davvero costruttivo sul tema dei princìpi generali.