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Pnrr, piccole opere in bilico. Ance: «Presto per arrendersi»

Fitto: smettere di inseguire i microprogetti, concentrarsi su grandi interventi strategici. I costruttori: più che alla dimensione si guardi alla qualità e alle ricadute territoriali

di Flavia Landolfi e Manuela Perrone

Per il secondo giorno consecutivo Raffaele Fitto è tornato ad attaccare la «polverizzazione» degli interventi previsti dal Pnrr. «Non si può più continuare ad avere decine e decine di migliaia di piccoli progetti», ha scandito ieri il ministro che ha la delega al Piano nazionale di ripresa e resilienza, aprendo a Sorrento il Forum Ambrosetti "Verso Sud". Nel quadro della riscrittura del Pnrr da parte del Governo e dello spostamento dei progetti irrealizzabili entro giugno 2026 sulla programmazione della coesione 2021-2027 - ha aggiunto Fitto - occorre puntare su «pochi grandi obiettivi» e «avere la possibilità di concentrare le risorse sui grandi interventi strategici».I progetti censiti al momento dalla piattaforma Regis (si veda Il Sole 24 Ore dell'11 maggio) sono 178.353: misure già avviate per 117 miliardi di costi ammessi a finanziamento. Ma la radiografia è incompleta: mancherebbero all'appello circa 18mila interventi, secondo gli enti locali. E proprio tra i Comuni sta crescendo l'allarme per la modifica del Piano. Se la direzione di marcia si confermerà quella esplicitata da Fitto, sono loro a rischiare di vedersi spostare (e rinviare) molte opere.L'alert arriva anche dai costruttori dell'Ance.

«Le contrapposizioni tra grandi, medie e piccole opere servono a ben poco», dice al Sole 24 Ore la presidente Federica Brancaccio. «Non siamo ciechi. È chiaro che dopo decenni di depauperamento di risorse, di competenze e di organici i Comuni sono in difficoltà, ma molte delle piccole opere riguardano scuole, asili, reti idriche, interventi per la messa in sicurezza del territorio». E quindi «infrastrutture essenziali anche per combattere il rischio idrogeologico e soprattutto per recuperare lo squilbrio tra Nord e Sud, specialmente adesso che si discute di Lep e autonomia differenziata». Per i costruttori «in questo momento va fatto ogni sforzo perché si riescano ad aprire tutti i cantieri per le piccole, medie e grandi opere». Anche perché, sottolinea Brancaccio «è presto per arrendersi». «Non esiste ancora un monitoraggio certo e completo dello stato dell'arte del Piano - spiega - e, quando arriverà, bisognerà valutare non sulla base della dimensione degli interventi, ma guardando alla loro qualità e alle ricadute sociali».

Il rischio all'orizzonte, secondo i costruttori, è quello di tradire la missione stessa del Piano, che è stato disegnato con l'obiettivo generale (e traversale alle sei missioni) di ridurre i divari e le disuglianze, zavorra per la crescita e la competitività del Paese. E del resto sono gli stessi dati a raccontare il bilanciamento tra i vari interventi. Dei 108 miliardi complessivamente destinati dal Pnrr alle costruzioni (di cui 99,4 miliardi già assegnati), ai piccoli progetti al di sotto del valore del milione di euro è destinato il 13% della torta complessiva, contro il 47% delle opere oltre i 100 milioni. Una torta che però per numero complessivo di interventi ha la sua fetta più grande proprio nelle piccole opere, che rappresentano l'87% del totale. È questo che fa dire al ministro Fitto che i microinterventi «mettono sotto stress anche la capacità organizzativa della Pa di reggere l'urto». Ma d'altro canto è questa percentuale che per l'Ance sintetizza il vero "tesoro" nascosto nel Pnrr: nella capillarità dei piccoli progetti sta la via maestra per riqualificare, con urgenza, i territori.

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